COSA GIUDICATA (XI, p. 562)
GIUDICATA Nei codici civili e di procedura civile italiano 1942 la materia è stata disciplinata: a) quanto alla cosa giudicata formale, dall'art. 324 del cod. proc. civ., che, accogliendo l'insegnamento di G. Chiovenda, stabilisce che "s'intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai nn. 4. e 5 dell'art. 395"; b) quanto alla cosa giudicata sostanziale, dall'art. 2909 del nuovo cod. civ. che, abolendo l'antiquata riassunzione (fatta dall'art. 1350 del vecchio cod.) fra le presunzioni legali assolute, si limita a stabilire che "l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa"; e, col silenzio serbato in proposito, rimette alla dottrina e giurisprudenza il compito di determinare i limiti oggettivi e soggettivi della efficacia vincolante dell'accertamento. L'immutabilità del provvedimento, come qualità che ne rafforza l'efficacia assicurandone la stabilità, pur potendo venire in discussione anche rispetto a provvedimenti non giurisdizionali, come quelli amministrativi, costituisce un'esigenza logica inderogabile della decisione giurisdizionale, in quanto è destinata ad eliminare fra gl'interessati ogni incertezza e variabilità nell'apprezzamento di ciò che la legge, col suo precetto imparziale e durevole, impone nel caso concreto. Invece, per quanto concerne gli effetti esecutivi e quelli costitutivi della Sentenza, non è punto contraddittorio ammetterli con carattere provvisorio o temporaneo fino a tanto che il precetto della legge, individuato nel caso concreto, non sia stato definitivamente accertato.
Bibl.: Oltre le trattazioni generali, sono da ricordare: E. T. Liebman, Efficacia ed autorità della sentenza, Milano 1935; E. Allorio, La cosa giudicata rispetto ai terzi, ivi 1935.