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Illustre famiglia veneziana. Gli antichi genealogisti hanno voluto rintracciare con molta fantasia le origini romane di questa famiglia, e Giacomo Zabarella le ha ricollegate a precursori di Roma. È superfluo dire che fino ai tempi nei quali i documenti attestano la presenza della famiglia, che del resto è abbastanza remota, fra il sec. XI e il XII, nulla si sa, e ogni induzione è arbitraria. Nei momenti di maggior splendore tra il sec. XIII e il XIV la famiglia C. è uno dei maggiori esponenti di collegamento fra la politica veneziana e la politica pontificia. Pietro C., figlio del procuratore Angelo, fu uno dei più discussi ecclesiastici veneziani per la sua aderenza alla politica della sua patria in materia di rapporti fra Stato e Chiesa; primicerio di San Marco nel 1272, poi vescovo di Castello, la sua nomina non fu dapprima ratificata da Gregorio IX, ma finì arcivescovo di Candia e poi patriarca di Costantinopoli. Da Nicola, figlio di Pietro, nacquero Angelo, che fu poi papa scismatico col nome di Gregorio XII, Filippo, procuratore di S. Marco, e tre donne, madri di due pontefici (Eugenio IV di casa Condulmer, Paolo II di casa Barbo) e di altro illustre ecclesiastico, il card. Angelo Barbarigo.
È il periodo più splendido dell'influenza dei C. nella politica veneziana. Mentre Pietro C. durante la guerra di Chioggia si rivela sottile diplomatico e abile politico a breve distanza, accanto al fratello Filippo (morto 1410) e al nipote Antonio, fondatore dell'ordine dei canonici secolari celestini in S. Giorgio in Alga, Angelo è lo strumento della politica veneziana nel torbido momento dello scisma pontificio. La sua assunzione al pontificato (5 dicembre 1406) col nome di Gregorio XII, dopo una brillante carriera ecclesiastica, non fu felice, aggravò le lotte dando luogo a triplice elezione, non riuscendo neppure a soddisfare gli interessi della propria patria, che fra tante difficoltà preferì abbandonarlo, affrettando la sua rinuncia (4 luglio 1415).
La notorietà dei C. declina: partecipi della vita pubblica, come dovere di ogni buon patrizio, soprattutto negli uffici di terraferma e nell'attività diplomatica (Paolo è podestà di Padova nel 1420, capitano di Zara nel 1420, ambasciatore al duca di Milano nel 1425, alla pace di Ferrara nel 1428, ambasciatore al duca di Ferrara nel 1437, plenipotenziario alla pace col duca di Milano nel 1440; un secolo dopo la storia registra come diplomatico Giovanni, figlio di Angelo, ambasciatore nel 1567 al re di Francia, all'imperatore nel 1570, a Roma nel 1580), ma senza brillare né emergere molto. Curioso è notare che un secolo dopo (sec. XVII) la tradizione famigliare dell'esercizio degli uffici di terra è abbandonata, e Angelo, figlio di Girolamo, assunto fino al grado di capitano generale da mare (1663) e Todero, di Paolo, noto per le imprese di S. Maura (1684) e di Corone (1685) preferirono gli impieghi marittimi, quando forse il momento della storia veneziana marinara era, sotto certi aspetti, meno propizio.