CORRADO di Urslingen
Non si conoscono né il luogo né la data della sua nascita. È probabile - comunque - che egli nascesse verso la metà del secolo XII: quando nel 1172 è ricordato per la prima volta in Italia, doveva infatti avere almeno vent'anni, perché compiti così importanti come quelli che doveva svolgere difficilmente sarebbero stati affidati a una persona ancora più giovane.
Non conosciamo né il nome né il casato della madre: alcuni dati indicati dallo Schubring inducono a ritenere che discendesse da una famiglia imparentata in qualche modo con gli Zähringen e che perciò appartenesse all'alta nobiltà della Germania meridionale, di cui gli Zähringen erano una delle famiglie più eminenti, insieme con gli Svevi e con i Guelfi. Il padre di C., pur appartenendo ad una famiglia di antica nobiltà, non poteva certamente competere con queste famiglie quanto a possedimenti ed influenza politica. I domini più antichi della famiglia Urslingen si trovavano nella zona sita intorno al corso superiore del Neckar, dove si conservano ancora oggi i resti del castello di Urslingen (oggi Irslingen, a nord di Rottweil, nel Baden-Württemberg) che aveva dato il nome alla famiglia. È priva di qualsiasi fondamento la notizia, ripetuta nella storiografia più antica, che gli Urslingen fossero imparentati con gli Orsini romani. La genealogia degli Urslingen è completamente oscura fino al secolo X e ricostruibile solo parzialmente per il secolo XI. Gli studi più recenti permettono di affermare con sicurezza che C. apparteneva ad una famiglia della vecchia nobiltà e non era com'è anche stato supposto, un ministeriale.
Nulla si sa della giovinezza di C., né dell'educazione e dell'istruzione da lui ricevute. Le fonti a nostra disposizione non permettono di individuare il motivo per il quale C. entrò in stretto contatto con la corte sveva. Oltre alle capacità personali, determinante fu forse il fatto che il fratello Egenolfo, con un'abile politica matrimoniale all'inizio degli anni Sessanta, riuscì a entrare in possesso di un'importante eredità in Alsazia, una regione di particolare interesse per gli Svevi; questi ultimi dovettero allora cercare di stabilire buoni rapporti con gli Urslingen. Infine dovette avere la sua importanza anche la posizione assunta dalla famiglia durante lo scisma. Le nostre conoscenze - comunque - assumono contorni un po' più precisi soltanto dopo il passaggio di C. in Italia.
In seguito alla sconfitta dell'esercito imperiale che assediava Roma nel 1167, l'imperatore Federico I si era ritirato in Germania, da dove iniziò trattative per la composizione dello scisma. Fallite queste trattative, il Barbarossa decise di scendere nuovamente in Italia ed affidò la preparazione diplomatica dell'impresa all'arcicancelliere tedesco, l'arcivescovo Cristiano di Magonza. Nei diplomi che Cristiano rilasciò allora in Toscana compare per la prima volta anche il nome di C., con l'aggiunta di "suevus", una qualifica attribuitagli anche quando sarà duca di Spoleto ("Cunradus Suevus dux Spoletinus").
Già alla corte di Cristiano di Magonza C. rivestì una posizione di rilievo; pare che fosse, insieme con il magister Roberto, uno dei più importanti consiglieri dell'arcivescovo. Nella primavera del 1174 il suo nome compare per la prima volta in rapporto con il ducato di Spoleto: l'arcivescovo concesse alla città di Narni, in considerazione dei suoi fedeli servizi, il territorio di Terni con il consenso di C., legato nel ducato di Spoleto. C. non sembra però aver svolto un'attività autonoma in questa provincia, perché anche in seguito lo troviamo molto spesso alla corte dell'arcivescovo. Al suo fianco partecipò molto probabilmente alle trattative, trascinatesi per anni, tra l'imperatore Federico I da un lato e la lega lombarda e il papa Alessandro III dall'altro, acquistando quell'esperienza politica che l'avrebbe portato ai più alti uffici al servizio degli Svevi. C. diventò duca di Spoleto proprio in connessione con queste trattative, conclusesi con la pace di Venezia del 1177 tra l'imperatore e il papa. Egli è ricordato come "dux Spoletinus" per la prima volta nel febbraio del 1177 a Sirolo, molto significativamente in un documento steso dal notaio di uno dei cardinali che allora, per incarico di Alessandro, si stavano recando dal Barbarossa. Questa circostanza potrebbe far pensare, anche se mancano testimonianze dirette, che C. sia diventato duca con il consenso del papa.
Dopo la conclusione della pace l'imperatore si recò personalmente nel ducato, insieme con Corrado. In questa occasione Federico I concesse numerosi privilegi a vari destinatari nel ducato, privilegi nei quali C. compare regolarmente come testimone, ed approvò anche esplicitamente tutti gli atti compiuti da C. durante la sua precedente attività di legato nel ducato. Dal canto suo C. confermò i privilegi dell'imperatore, prassi, questa, che appare raramente seguita nell'Impero. In quel periodo C. viene ricordato per la prima volta anche come "comes Assisi". Era questo il titolo che C. soleva usare nonostante che il ducato fosse suddiviso in varie contee. Questa circostanza e il lungo soggiorno dell'imperatore ad Assisi e nei dintorni dimostrano che la città costituiva allora un centro particolare del potere imperiale nel ducato.
Mancano notizie relative a C. per gli anni successivi. Il suo nome riappare nelle fonti soltanto in occasione della pace conclusa a Costanza tra Federico I e suo figlio Enrico da un lato e la lega lombarda dall'altro: C. fu presente alla firma del trattato nel giugno del 1183. Nel 1185 molto probabilmente fece parte dell'ambasceria imperiale che ebbe l'onore di accogliere la sposa di Enrico VI, Costanza d'Altavilla, a Rieti il 28 agosto. In quel periodo C. dimorò a lungo nel ducato insieme con Federico I e riuscì con grande abilità a riportare Spoleto sotto l'autorità imperiale (il Barbarossa dichiarò esplicitamente di riammettere di nuovo la città nella sua grazia solo per intervento di Corrado).
Dopo il matrimonio di Enrico VI con Costanza, celebrato a Milano nel gennaio del 1186, e l'elevazione di Enrico alla dignità di Cesare, C. passò completamente al servizio del re, alla cui corte risulta spesso presente. Sappiamo che Enrico rinnovò a C. e ai suoi eredi l'investitura feudale a Spoleto.
C. rimase a fianco del sovrano quando questi iniziò la guerra contro il papa invadendo il Patrimonio e ponendo l'assedio a Orvieto. Sembra che nel corso di questo conflitto egli abbia preso anche iniziative autonome: in una lettera del 18 giugno 1186 Urbano III si lamenta infatti che i tributi imposti da C. al clero siano così esosi da costringere quest'ultimo a chiedere l'elemosina. Fino al 1188, quando Enrico VI si recò in Germania, C. accompagnò regolarmente il re durante gli spostamenti in Italia. Poi sembra essersi dedicato con maggior impegno all'amministrazione del ducato. Le testimonianze del suo governo, se si prescinde delle menzioni nei diplomi di Federico I e di Enrico VI, sono però scarse. Si conservano soltanto due documenti da lui rilasciati. Il suo nome compare varie volte anche in accordi relativi alla consegna di piazzeforti e di castelli e nella datazione dei documenti. Complessivamente si può dire che durante il governo di C. il ducato attraversò un periodo relativamente pacifico, contraddistinto da una vivace attività edilizia e da prosperità economica, favorito soprattutto dalla posizione geografica ai confini del Regno di Sicilia.
Appoggiandosi su una serie di piazzeforti, tra le quali spiccano oltre alla già menzionata Assisi, soprattutto Gualdo e Cesi, C. seppe evidentemente tenere a freno le faide locali. Poteva anche disporre di una serie di grosse entrate, di cui sono documentate meglio quelle di Rieti e di Terni. Per quel che lo riguarda personalmente, si deve aggiungere che nelle fonti non è traccia della crudele durezza nei confronti dei nemici rimproverata così spesso dai contemporanei ad Enrico VI.
Non sappiamo con esattezza dove precisamente C. si trattenesse negli anni che precedettero la conquista definitiva del Regno di Sicilia nel 1194. Egli fu comunque presente all'incoronazione imperiale di Enrico nel 1191 a Roma: figura infatti tra i testimoni di un diploma rilasciato immediatamente dopo la cerimonia. Partecipò anche alla successiva prima campagna per la conquista del Regno conclusasi con la totale sconfitta di Enrico e la cattura di Costanza, sua moglie. Nel corso della ritirata l'imperatore avrebbe affidato alla custodia di C. il fratello dell'abate di Montecassino preso in ostaggio. Quando nell'estate del 1192 Costanza fu liberata da Tancredi, dopo lunghe e difficili trattative, essa, prima di ritornare in Germania, si fermò nel ducato di Spoleto: episodio, questo, che conferma l'ascendente di C. sulla coppia reale. Nel 1194 Enrico riuscì finalmente ad impadronirsi del Regno di Sicilia, con l'aiuto delle flotte di Pisa e di Genova e con l'appoggio di numerosi baroni meridionali e fu incoronato re di Sicilia il giorno di Natale del 1194 a Palermo. Il giorno dopo, a Iesi, sua moglie diede alla luce l'erede al trono, il futuro Federico II, il quale poco dopo la nascita fu affidato alle cure della moglie di Corrado.
La storiografia ha cercato di individuare il nome e la famiglia di origine di questa donna alla quale la coppia imperiale affidò il suo unico erede e con la quale Federico II passò i primi anni di vita a Foligno: ma nessuna delle numerose fonti che testimoniano dell'infanzia dell'imperatore, offre elementi al riguardo. Si è supposto che essa appartenesse a una nobile famiglia italiana basandosi sulla circostanza che Innocenzo III, molti anni dopo la morte di C., le assegnò entrate della città e della contea di Nocera. D'altra parte è rilevato che tutti i figli di C. nati da questo matrimonio portavano nomi (Enrico, Corrado, Rainaldo, Bertoldo) che potrebbero fare pensare che la moglie di C. fosse in qualche modo imparentata con gli Svevi, e discendesse forse addirittura da un ramo collaterale dei conti di Borgogna. Ma non esiste nessuna fonte a sostegno né dell'una né dell'altra ipotesi.
Nella primavera del 1195 l'imperatore convocò una curia a Bari, nel corso della quale, tra le altre questioni, fu regolato anche il governo della Sicilia, in vista della progettata crociata. La reggenza fu affidata all'imperatrice Costanza, mentre già in precedenza il vescovo Gualtieri di Troia era stato nominato cancelliere. A loro due fu affiancato C. come Regni Siciliae vicarius. Un diploma di Enrico VI rilasciato il 23 apr. 1195 a Casalnuovo (Casalnuovo Monterotaro, presso Foggia) lo ricorda per la prima volta con tale carica. Al pari del vescovo di Troia anche C. sembra essere stato accolto nella cerchia dei familiari; come tale lo qualificano più tardi le Gesta Innocentii. Ma oltre a quest'attività al servizio del Regno di Sicilia, C. assunse soprattutto compiti nell'ambito della diplomazia di corte. Accompagnò quasi ininterrottamente l'imperatore negli ultimi anni del suo regno. Nel 1195 lo seguì in Emilia. L'anno successivo, quando Enrico VI ritornò in Germania, C. fu con la corte a Montefiascone, durante il lungo soggiorno di quest'ultima in quella cittadina. Successivamente si recò nel ducato di Spoleto. In tutto questo periodo erano state condotte trattative e scambiate ambascerie tra la Curia e la corte imperiale. Nel 1196 C. fece parte di una di queste delegazioni inviata alla corte pontificia; essa era munita dei pieni poteri per stipulare accordi definitivi con Celestino III a nome dell'imperatore. Già alla fine dell'anno C. era di nuovo alla corte e da questo momento non avrebbe più abbandonato Enrico VI fino alla morte dell'imperatore sopraggiunta improvvisamente il 27 sett. 1197.
La morte di Enrico VI ebbe gravi conseguenze anche per il duca di Spoleto. Quando l'imperatrice cacciò i tedeschi dal Regno, C. tornò a Spoleto e tentò di giungere ad un accordo con Innocenzo III nella speranza di conservare il ducato per sé e i suoi eredi. Promise al papa il giuramento di fedeltà e il pagamento di tributi, offrendo in ostaggio i propri figli. Ma tutto fu vano; valutando realisticamente le posizioni della Curia e anche in considerazione del fatto che alcune piazzaforti erano già andate perdute, C. decise di rinunciare pubblicamente al ducato. All'inizio del 1198 a Narni consegnò ai cardinali mandati da Innocenzo III le località di Cesi e di Gualdo e ordinò la consegna di Assisi. Sciolse tutti i fedeli dal giuramento di fedeltà e fu assolto egli stesso dalla scomunica. Poi abbandonò l'Italia, come gli era stato chiesto da Innocenzo III.
Nell'estate del 1199 lo troviamo alla corte di Filippo di Svevia. Si può presumere che egli, come molti altri nobili, si sia schierato subito dalla parte del fratello di Enrico VI appoggiando la sua politica. Dopo la morte di Marquardo di Annweiler Filippo lo incaricò di assumerne l'Ufficio. C. morì probabilmente durante il viaggio verso la Sicilia oppure poco tempo dopo il suo arrivo nel Regno: già all'inizio del 1203 risulta comunque morto. Non sappiamo dove venne sepolto.
Per molto tempo gli eredi di C. cercarono di conquistare il ducato, ma senza successo, nonostante che al tempo di Federico Il ricoprissero alti uffici. C. rimase così l'unico della sua famiglia a svolgere un ruolo di rilievo nella politica sveva nei confronti della Curia.
Fonti e Bibl.: L. A. Muratori, Antiquitates Italicae medii aevi, V, Mediolani 1741, coll. 271 s., 1045 s.; Riccardi de Sancto Germano Chronica, in Rer. Italic. Script., 2 ed., VII, 2, a cura di C.A. Garufi, pp. 13, 19; Petri Ansolini de Ebulo, De rebus Siculis carmen, ibid., XXX, 1, a cura di E. Rota, pp. 60, 176; I. B. Mittarelli-A. Costadoni, Annales Camaldulenses Ordinis sancti Benedicti, IX, Venetiis 1773, pp. 34 s; Monumenta Boica, Monachii 1821, XXIV, pp. 42 s.; J. L. A. Huillard-Bréholles, Historia diplom. Friderici secundi, Paris 1857, IV, pp. 305 ss.; V, 1, pp. 172-175; K. F. Stumpf, Die Reichskanzler vornehmlich des X., XI. und XII. Jahrhunderts, III, Acta Imperii adhuc inedita, Innsbruck 1865-1881, pp. 226, 523 s., 547-550, 696 s.; J. F. Böhmer, Acta Imperii selecta, I, Innsbruck 1866, p. 144; A. Sansi, Documenti stor. ined. in sussidio allo studio delle memorie umbre, I, Foligno 1879, pp. 199 ss., 203-206; E. Winkelmann, ActaImperii inedita, I, Innsbruck 1880, p. 2; J. F. Böhmer, Regesta Imperii, V. Die Regesten desKaiserreiches unter Philipp, Otto IV., Friedrich II…, a cura di J. Ficker - E. Winkelmann, I, Innsbruck 1881, n. 511 c; Gesta Innocentii papae tertii, in Migne, P. L., CCXIV, pp. XXIV ss.; Mon. Germ. Hist., Legum sectio IV: Constitutiones et acta publica imper. et regum, I, a cura di L. Weiland, Hannoverae 1893, pp. 428-431, 441-444; F. Kempf, Regestum Innocentii III papae super negotio Romani Imperii, in Miscell. hist. pontif., XII, Roma 1947. p. 219; D. Clementi, Further documents concerning the administrationof the Province of Apulia and Terra Laborisduring the reign of the emperor Henry VI, in Papers of the British School at Rome, XXVII (1959), pp. 170 s.; O. Hageneder-A. Haidacher, Die Register Innocenz' III, I, Pontifikatsiahr, in Publikationen der Abteilungfür historische Studiendes Österreichischen Kulturinstitutsin Rom, pt. 2, Quellen, I, Graz-Köln 1964, pp. 126 ss., 533, 785; P. Acht, Mainzer Urkundenbuch, II, 1-2, Darmstadt 1968-1971, pp. 615-618; D: Hägermann, Die Urkunden Erzbischofs Christian von Mainz als Reichslegat, in Archiv fürDiplomatik, XIV (1968), pp. 240-245, 254-262, 272-276; J. F. Böhmer, Regesta Imperii, IV, 3, Die Regesten des Kaiserr. unter Heinrich VI., Köln-Wien 1972, nn. 12 ss.; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, coll. 1201, 456 ss.; Th. Toeche, Kaiser Heinrich VI., Leipzig 1867, pp. 62, 202, 317, 351. 453, 475; P. Scheffer-Boichorst, Kaiser Friedrich' I. letzter Streit mit derKurie, Berlin 1866, pp. 218 s.; J. Ficker, Forschungen zur Reichs und Rechtsgeschichte Italiens, II, Innsbruck 1869, pp. 241 ss.; IV, ibid. 1874, pp. 190 s., 193 s., 198 ss., 204, 263 s.; K. Rausch, Die staatsrechtl. Stellung Mittel-Italiensunter Heinrich VI., Wien 1878, pp. 8 ss., 27 s., 38 s., 47 ss.; A. Sansi, Storia del Comunedi Spoleto dal secolo XII al XVII, I, Foligno 1879, pp. 22 ss.; M. Michaeli, Mem. stor. dellacittà di Rieti e dei paesi circostanti dall'origineall'anno 1560, II, Rieti 1898, p. 278; A. Haverkamp, Herrschaftsformen der Frühstaufer inReichsitalien, I, Stuttgart 1970, pp. 177, 192, 219-224, 251 s; G. Baaken, Die Verhandlungenzwischen Kaiser Heinrich VI. und Papst Coelestin III. in den Jahren 1195-1197, in DeutschesArchiv für Erforschung des Mittelalters, XXVII (1971), pp. 473 ss.; K. Schubring, Die Herzogevon Urslingen. Studien zu ihrer Besitz- Sozial- und Familiengeschichte mit Regesten, in Veröffentlichungen der Kommission für geschichtlicheLandeskunde in Baden-Württemberg., Stuttgart 1974, pp. 19 ss.