CORONA
Famiglia di ceramisti operanti a Faenza tra il XVI e il XVII secolo, che svolsero la loro attività in fabbriche distinte, di cui è rimasta traccia nei documenti solo per il nome delle diverse parrocchie in cui queste sorgevano.
Capostipite risulta Giulio: nato da un certo Virgilio, il suo nome compare, per la prima volta, in un documento del 1544, in cui, tra l'altro, si specifica la sua appartenenza alla parrocchia di S. Clemente (Argnani, 1898). Il nome di Giulio figura spesso accompagnato dall'appellativo di "frate", da cui si può dedurre la sua appartenenza come terziario a qualche Ordine religioso (Malagola, 1882). Si riferisce probabilmente a lui un documento del 1555, dal quale risultano il matrimonio di un fra' Giulio Corona con Lucrezia Mezzarisa, sorella del noto maiolicaro Francesco, e la nascita di una figlia di nome Pantasilea (Ballardini, 1933). Il Malagola (1882), invece, ricorda solo che Giulio ebbe quattro figli: Bona, Paolo, Melchiorre, Virgilio, dei quali gli ultimi due sono documentati ceramisti.
Melchiorre, figlio di Giulio, si trova citato per la prima volta in un documento del 1575, relativo all'acquisto di un terreno (Ballardini, 1933). Da un atto del 1589 risulta che la sua fabbrica di ceramiche era situata nell'ambito della parrocchia di S. Eutropio (Ballardini, 1951). Il suo nome si ritrova, successivamente, in altri documenti riguardanti la sua attività: nel 1592, per una permuta di case; nel 1596, per la vendita di certe maioliche (Malagola, 1882). Ricoprì anche la carica di consigliere del Comune, riservata solo a persone di particolare merito. Morì nell'ottobre del 1609 (Ballardini, 1916). Ebbe un figlio, Giulio, che fu ceramista ma non se ne conoscono opere; nel 1609 fu eletto consigliere del Comune (ibid.).
Pare che Melchiorre fosse abbastanza noto, già ai suoi tempi, per la bellezza delle maioliche, modellate come argenti sbalzati, che uscivano dalle sue fornaci (Ferrari-Scavizzi, 1965).
Virgilio, figlio di Giulio, è citato come figulo in un documento del 1563 (Ballardini, 1933). Nel 1580 si unì in società con il ceramista Eutropio Gulmanelli; ma tale società si sciolse dopo solo quattro mesi, il 23 genn. 1581 (Malagola, 1882). Da questo rogito notarile si apprende, inoltre, che Virgilio faceva parte della parrocchia di S. Abramo e che questa fabbrica possedeva due botteghe, a Ferrara e a Rimini, per la vendita del vasellame.
Il 10 marzo 1582 Virgilio contrasse una nuova società con un altro maiolicaro, Giulio Cesare Dal Pane; secondo gli accordi, il Dal Pane si sarebbe dovuto occupare della contabilità, mentre Virgilio avrebbe curato l'andamento della fabbrica impiantata nella propria casa. Ma anche tale società ebbe breve vita e fu sciolta l'8 agosto dello stesso anno (Malagola, 1882). Nel 1583 Virgilio affittò per un anno la propria fabbrica ai maiolicari Sebastiano Dal Pozzo e Bartolomeo Castrocari, impegnandosi, inoltre, ad acquistare da loro il vasellame da vendere nella propria bottega (Malagola, 1882). Pare che nel 1589 possedesse una fabbrica nella parrocchia di S. Vitale (Ballardini, 1951).
Il 21 novembre del 1590 fece testamento in favore del figlio Antonio e nel mese di dicembre, con un nuovo atto, gli donava una fornace e tutta l'attrezzatura per fabbricare la ceramica. Egli dovette probabilmente morire poco tempo dopo, poiché il suo nome non compare più in documenti successivi (Malagola, 1892).
Antonio, figlio di Virgilio, si dedicò, forse, con minore interesse e capacità dei suoi familiari all'arte ceramica; infatti nel 1591 affittò ad altri una delle case lasciategli dal padre, situata nella parrocchia di S. Vitale (Argnani, 1898), dotata di fornace e attrezzi per il lavoro; e, nel 1595, donò tutti i suoi beni, mobili e immobili, allo zio Melchiorre, fratello del padre, adattandosi a lavorare nella bottega di questo per il solo compenso di vitto e alloggio (Malagola, 1882).
Da un documento del 1606 si apprende dell'esistenza di altri membri della famiglia C.: Scipione e Sebastiano, figli di un certo Giustiniano, della parrocchia di S. Abramo (Argnani, 1898), ma non è rimasta notizia di una loro eventuale attività in campo ceramico. Nel 1623 alcuni eredi C. davano in affitto una loro bottega; la loro attività doveva ormai essersi esaurita (Ballardini, 1951).Non si conoscono maioliche provenienti dalle manifatture dei Corona, ma ne è rimasta memoria in atti dell'epoca: nell'anno 1581 si trova citata una "credenza pel governatore di Rimini" (per "credenza" si intendeva un servizio da tavola completo), che doveva essere opera di un certo pregio, data la persona cui era destinata (Malagola, 1882). In un altro documento del 1582 sono menzionati "lavori di bianche fini" e una "chridenza bertinina": il Malagola (1882) ritiene dovesse trattarsi di maioliche artistiche.
Bibl.: C. Malagola, La fabbrica di maioliche della famiglia C. in Faenza, Milano 1882, pp. 1620; F. Argnani, Il rinascimento d. ceramiche maiolicate in Faenza, Faenza 1898, pp. 244, 278-81; G. Ballardini, Un maiolicaro faentino del Seicento eletto consigliere del Comune, in Faenza, IV (1916), pp. 86 ss.; Id., F. Mezzarisa, alias Risino, in Misc. di st. d. arte, Firenze 1933, pp. 54851; A. Minghetti, I ceramisti ital., Roma 1946, p. 130; G. Ballardini, Dati sommari intorno a taluni maiolicari faentini dal 1589 al 1666, in Faenza, XXXVII (1951), pp. 71 s.; O. Ferrari-G. Scavizzi, Maioliche ital. del Seicento e Settecento, Milano 1965, p. 10; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 447.