CORNELIO Nepote (Cornelius Nepos)
Scrittore dell'età ciceroniana e augustea, nativo della regione padana; Padi accola lo dice Plinio (Nat. Hist., III, 127); lo vuol suo la città di Ostiglia sul Po, e gli ha anche eretto un monumento. Nato, sembra, il 99 a. C., visse durante il sec. I a. C. e vide i torbidi e le lotte degli ultimi decennî della repubblica romana, e poi anche il trionfo definitivo di Ottaviano, morendo dopo la battaglia di Azio (31 a. C.). Non prese parte alle lotte della vita politica, intento solo a studî letterarî e storici, e fu amico intimo di uomini come Pomponio Attico, Cicerone e il poeta Catullo, suo conterraneo, che a lui dedicò le sue poesie. A tacere di giovanili poesie d'amore, ricordate da Plinio il giovane (V, 3, 6), C. scrisse cinque opere di storia: a) Chronica, in tre libri; sono i tre volumi elogiati da Catullo. Comprendeva un riassunto cronologico di tutta la storia allora conosciuta, non solo romana, ma anche orientale e greca; e dovette esser lavoro anteriore a quelli simili di Varrone e di Attico. Da qualche ricordo di scrittori posteriori (Plinio, Gellio, Minucio Felice) apparisce che si mettevano in rilievo date sincronistiche di fatti greci e romani; e si applicava la dottrina evemeristica degli dei, prima uomini, poi divinizzati. Erano certo riferiti anche taluni miti antichi e favolosi; tanto che un tardo scrittore, Ausonio, inviandone copia al prefetto del pretorio Probo insieme con le favole esopiche ridotte in prosa da un Tiziano (Epist., 16), qualificava i Chronica di Nepote quasi alios apologos, aggiungendo: nam et ipsa instar sunt fabularum; b) Exemplorum libri, almeno cinque: erano aneddoti storici, o personali, e ricordi delle costumanze romane, paragonandosi alle età antiche più frugali l'età augustea di maggior lusso e preziosità; Plinio il vecchio ne ha tratto varie notizie, e Gellio (VI, 18 e 19) ne riferisce due ricordi, concernenti l'uno lo scambio di prigionieri proposto da Annibale dopo Canne, l'altro un atto generoso e magnanimo di Tib. Gracco, il padre dei due Gracchi; c) una vita di Catone il censore, oltre quella che farà parte del libro De latinis historicis (v. sotto). L'aveva scritta a richiesta di Attico; d) una vita di Cicerone in più libri, certo un'esaltazione di questo amicissimo suo, scritta poco dopo la sua uccisione nel 43 a. C.; e) infine l'opera principale, quella intitolata De illustribus viris, in 16 libri, distribuiti in otto paia, e in ciascun paio dedicato il primo libro a illustri stranieri, il secondo a illustri romani, probabilmente in questo ordine: 1. i re; 2. i generali (imperatores o duces); 3. i poeti; 4. gli oratori; 5. gli storici (citato più volte come De historicis latinis); 6. i filosofi; 7. i giurisperiti; 8. i grammatici e gli scienziati. I,'idea di trattare a confronto di illustri forestieri e di illustri connazionali s'era diffusa allora e anche Varrone vi s'era attenuto. Sarà modello alle Vite parallele di Plutarco.
Di questo interessante materiale storico, restano a noi: 1. il libro delle vite dei generali forestieri (De excellentibus ducibus exterarum gentium); 2. dal libro De historicis latinis (forse il X di tutta l'opera) a) le vite di Catone e di Pomponio Attico; b) frammenti di lettere di Cornelia madre dei Gracchi; c) un altro frammento dove si loda Cicerone come l'unico che avrebbe saputo scrivere storie (historiam digna voce pronuntiare) se non fosse stata troncata troppo presto la sua vita; 3. sparsi ricordi o di aneddoti o di notizie secondarie si trovano in Plinio, Plutarco, Svetonio, Gellio, Servio.
Il libro a noi giunto intero De excellentibus ducibus exterarum gentium nei manoscritti non porta in verità il nome di Cornelio Nepote, ma quello di Emilio Probo, che vi figura come un contemporaneo dell'imperatore Teodosio, a cui l'opera sarebbe dedicata. Ma è certo un equivoco, rilevato già dagli editori del Cinquecento; sia per alcune allusioni disseminate nel racconto, sia per la lingua e lo stile si deve attribuire tale raccolta biografica al nostro Cornelio e Probo dev'essere stato un semplice copista del sec. IV. Sono in tutto 23 biografie, le prime 13 di ateniesi o spartani: Milziade, Temistocle, Aristide, Pausania, Cimone, Lisandro, Alcibiade, Trasibulo, Conone, Ificrate, Cabria e Timoteo; tra Conone e Ificrate s'inserisce però la vita di Dione siracusano; appresso si parla del satrapo persiano Datame, dei due Tebani Epaminonda e Pelopida, di Agesilao re spartano, di Eumene cardiano, di Focione e di Timoleone. Poi un capitoletto parla di re considerati come generali, e si ricordano re persiani, macedoni, e successori d'Alessandro Magno. Infine gli ultimi due capitoli son dedicati ai due illustri Cartaginesi: Amilcare e Annibale. In genere l'autore si mostra ammiratore della virtù, dell'amor di patria, dell'eroismo, più che esatto espositore di fatti storici. Ha avuto il merito d'iniziare fra i Romani il genere biografico; salvo che non è scevro di errori, e ci si chiede perché non abbia ricordato generali come Brasida, Arato, Filopemene non meno degni di quelli da lui prescelti. La lingua usata dall'autore non è così pura come è negli scrittori contemporanei, ma ha il pregio della semplicità e della chiarezza.
Edizione principe l'aldina del 1491. Edizioni di C. Halm, Lipsia 1871; C. G. Cobet, Leida 1884; O. Wagner, Lipsia 1922; A.-M. Guillemin, Parigi 1923; U. Moricca, Firenze 1926.
Bibl.: G. F. Ranke, De C. N. vita et scriptis, Quedlinburg 1827; G. Gemss, Zur Reform d. Textkritik des C.N. Berlino 1888; F. Leo, Die griech.-röm. Biographie, Lipsia 1901, p. 193 segg.; A. Levi, La grammatica di C. N., in Studi it. fil. class., 1915, pp. 338-466; H. Malcovati, C. N. civitati Ticinensi vindicatus, in Athenaeum, 1925, pp. 181-185.