BENIGNO, Cornelio
Nato a Viterbo, visse a Roma, dove, nel primo quarto del sec. XVI, esplicò la sua dotta attività di correttore e consulente editoriale durante il pontificato di Giulio II e di Leone X, godendo i favori del banchiere senese Agostino Chigi.
Un contemporaneo, l'umanista bellunese Giovanni Pierio Valeriano, che definisce il B. "optime litteratus", afferma che l'erisdito viterbese dové la propria fortuna esclusivamente al mecenatismo del Chigi. La rottura dei rapporti tra il Chigi e il B. potrebbe essere stata determinata dal fatto che questi fu costretto a restituire, il 9 maggio 1518, dopo essere stato citato in giudizio, la somma di 400 ducati ricevuta dal Chigi per la stampa dell'edizione pindarica del 1515 (cod. 309, f. 18, della Bibl. Naz. Vitt. Em., citato da Rodocanachi, p. 264). È poi impossibile accertare l'altra notizia del Valeriano sull'"infortunium" occorso al B. in età avanzata: innamoratosi di una "clarissima foernina", si sarebbe ammalato in modo gravissimo e sarebbe morto tormentato dalla passione.
La prima opera, a cui sappiamo che il B. collaborò, fu l'edizione della versione latina della Geografia di Claudio Tolomeo apparsa a Roma l'8 sett. 1507, stampata "per Bernardinum, Venetum de Vitalibus", a spese del libraio Evangelista Tosino, su ordine del papa Giulio II: Geographia Cl. Ptholomaei a plurimis viris utriusque linguae doctissimis emendata et cum Archetypo graeco ab ipsis collata. Nell'epistola-prefazione del libraio Tosino tra i collaboratori che "correxerunt castigaruntque sedulo" è citato, insieme con Marco di Benevento, monaco Celestino, Giovanni Cota di Verona e Scipione Forteguerri di Pistoia, detto il Carteromaco, "Cornelius Benignus Viterbiensis latini graecique sermonis peritissimus".
Erroneamente il Geanakoplos (pp. 214 s.) crede che il testo tolemaico "rivisto e corretto" dal B. non sia stato stampato: con gli altri, egli collazíonò infatti il testo greco, ma curò l'edizione della versione latina (di Jacopo Angelo). Tale collaborazione fece sì che taluno definisse il B. "matematico e geografo", mentre fu un buon letterato ed elegante latinista; in una lettera, citata dal Coretini (p. 115), Leone X definiva il suo "sermo" "et gravis et prudens et plane Romanus".
Il primo testo greco, alla cui edizione collaborò il B., fu anche il primo libro greco stampato a Roma.
Zacharias Calliergis, cretese, dopo aver operato come stampatore di testi greci a Venezia negli anni 1499, 1500, 1509, si era trasferito a Roma, costretto a interrompere la sua attività veneziana per la crisi economica determinata dalla guerra della lega di Cambrai. Era attratto dalla fama di mecenate di Leone X, fautore degli studi classici; forse come suppone il Norton, era stato invitato da Agostino Chigi. Il Geanakoplos crede che fosse spinto dall'opportunità di istituire per la. prima volta una stamperia greca a Roma.
Impressa da Zacharias Calliergis a Roma, "regina delle città", nella tipografia posta in casa di Agostino Chigi, con privilegio di Leone X, appariva il 13 ag. 1515 l'edizione degli epinici di Pindaro, con scolii per la prima volta pubblicati: Πινδάρου, ᾿Ολύμπια. Πύθια. Νέμεα. ῎Ισθμια. Μετὰ ἐξηγήσεως παλαιᾶς πάνυ ὠϕελίμου, καὶ σχολίων ὁμοίων.
La parte avuta dal B. in tale edizione, che seguiva alla princeps aldina dei gennaio 1513, risulta più che dal colophon (nel recto dell'ultimo foglio), ove è scritto che l'edizione a spese del Chigi fu fatta "per consiglio del dotto Comelio Benigno di Viterbo" (διὰ παραινέσεως τοῦ λογίου ἀνδρὸς Κορνηλίου Βενίγνου τοῦ οὐϊτερβιέως) dall'epigramma (nel versodel titolo) che il cremonese Benedetto Lampridio, professore nella scuola greca di Giano Lascaris, dedicò al B.: "Il Tevere glorioso prima non incise in caratteri di rame le insigni fatiche dei Greci: questo era davvero, per Zeus, a buon diritto, un prodigio, ché opera grande alla grande Roma s'addice. Ma ora questo prodigio avvenne per i tuoi doni, o Comelio, e a noi sopraggiunse la bellezza dell'opera in caratteri greci. Come nel resto questa città regina supera le altre, così anche è preminente per splendidi libri".
"L'edizione di Calliergi - scrive, dopo un accurato esame delle sue fonti, J. Irigoin (p. 420) - rappresenta un progresso filologico sensibile rispetto all'edizione aldina. Certo, il testo delle Olimpiche è alterato dall'intrusione massiccia delle correzioni tricliniane, ma, negli altri tre libri, l'apporto del manoscritto B [ = Vaticanus gr. 1312] si rivela utilissimo. Inoltre, l'utilizzazione degli scolii ha permesso a Calliergi di rettificare la colometria, spesso incerta, nell'edizione aldina, e di correggere talvolta felicemente il testo. Durante circa tre secoli, l'edizione romana, con le sue qualità e i suoi difetti, sarà la vulgata del testo e degli scolii di Pindaro".
Il nome del B. ricompare nell'edizione calliergiana degli Idilli di Teocrito, con una silloge di scolii editi per la prima volta, apparsa a Roma il 15 genn. 1516, dopo la milanese di Bono Accursio (1480 circa), l'aldina del 1495, la giuntina pubblicata a Firenze appena qualche giorno prima (10 genn. 1516).
L'edizione consta di due parti: la prima ha per titolo: Θεοκρίτου εἰδύλλια, ἓξ καὶ τριάκοντα. Τοῦ αὐτοῦ ἐπιγράμματα ἐννεακαίδεκα. Τοῦ αὐτοῦ πέλεκυς, καὶ πτερύγιον. Σχόλια τὰ εἰς αὐτὰ εὑρισκόμενα. ἐκ διαϕόρων ἀντιγράϕων, εἰς ἓν συλλεχθέντα. La seconda parte ha per titolo: Σχόλια τὰ εὑρισκόμενα, εἰς τὰ Θεοκρίτου εἰδύλλια. ἐκ διαϕόρων ἀντιγράϕων ἐπιμελῶς εἰς κοινὴν ὠϕέλειαν ουλλεχθέντα, παρὰ Ζαχαρίου καλλιέργου τοῦ κρητός. Il Calliergis, in un saluto ai dotti (nel verso del primo foglio della prima parte), afferma che la sua edizione non è una semplice ristampa dell'aldina, ma un'accurata
revisione critica (ἐπιδιόρθωσις), resa possibile dall'aiuto offerto dal B. (χεῖρ᾿ ἐπικουρίας ὀρέγοντος Κορνηλίου Βενιγνιου [sic] τοῦ Οὐϊτερβιέως). Nel recto dell'ultimo foglio della seconda parte è scritto che le spese dell'edizione furono sostenute dal B. (ἀναλώμασι μὲν τοῦ λογίου ἀνδρὸς Κορνηλίου βενίγνου τοῦ οὐϊτερβιέως).
Il Gallavotti ha dimostrato che l'edizione romana di Teocrito (che comprende anche carmi non teocritei) contiene nuove lezioni manoscritte e congetture sia di Marco Musuro sia del Calliergis.
Il contributo del B. non si lascia ulteriormente precisare, anche se si può certamente ammettere che esso fu tecnico, oltre che finanziario.
Bibl.: Ioannis Pierii Valeriani Bellunensis De litteratorum infelicitate libri duo, Venetiis 1620, p. 91; C. G. Joecher, Allgemeines Gelehrten-Lexicon, Leipzig 1750 (rist. Hildesheim 1960), col. 964; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, p. 850; G. Coretini, Brevi notizie della città di Viterbo e degli uomini illustri dalla medesima prodotti, Roma 1774, p. 115; W. Roscoe, The life and Pontificate of Leo the Tenth, I, London 1846, p. 348; A. Firmin-Didot, Alde Manuce et l'hellénisme à Venise, Paris 1875, pp. 563 s.; E. Legrand, Bibl. hellénique des XVe et XVIe siècles, I, Paris 1885, pp. CXXIX, 129 ss., 134 ss.; A. Chiti, Scipione Forteguerri (Il Carteromaco), Firenze 1902, p. 51 (dà erroneamente il 1506 come data dell'edizione tolemaica); F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel medio Evo, IV, Roma 1912, p. 572; E. Rodocanachi, Rome au temps de Jules II et de Léon X, Paris 1912, pp. 232, 264; A. Turyn, De codicibus pindaricis, Cracoviae 1932, pp. 67 ss.; C. Gallavotti, in Studi it. di filol. classica, XIII (1936), p. 59; Id., Theocritus quique feruntur Bucolici Graeci, Romae 1946, pp. 308 ss.; J. Irigoin, Histoire du texte de Pindare, Paris 1952, pp. 408 ss.; T. Gasparrini Leporace, Mostra "L'Asia nella cartografia degli occidentali", Venezia 1954, p. 42 (descriz. dell'esemplare marciano dell'ediz. tolemaica); F. I. Norton, Italian Printers (1501-1520), London 1958, p. 96; D. J. Geanakoplos, Greek Scholars in Venice, Cambridge, Mass., 1967, pp. 213 ss.