CORINTO (A. T., 82-83)
La moderna Corinto o Néa Kórinthos, capoluogo di eparchia (circondario del nomós Argolìs kaì Korinthía, 5116 kmq., 174.290 ab. nel 1928), sorge circa 7 km. a NE. dell'antica, sopra un piano alluvionale lungo la riva del golfo omonimo, non lungi dal fondo di questo. Fondata dopo il terremoto del 1858, che distrusse quanto ancora rimaneva sull'antico centro, ha pianta rettangolare con case basse e modeste, ma vie larghe e dritte. La popolazione è passata da 6141 ab. nel 1920 a poco più di 10 mila nel 1928.
La città ha una certa importanza anche come centro di cultura (vescovado) e per il commercio, non tanto per il porto, piccolo e mal riparato, quanto per il canale omonimo, da cui dista 2 km. e ½, e perché di qui si stacca, dalla ferrovia che congiunge Atene con il Peloponneso (Acaia ed Elide), una diramazione che si spinge fino a Kalámai nella Messenia.
Il canale, che unisce il Golfo di Egina con quello di Corinto e così l'Egeo con l'Adriatico, è lungo 6,3 km., largo in media 22 m. e profondo 8, e tracciato in linea retta da Kalamáki a Posidonia. Ha dovuto vincere un'altezza massima di 80 m. Anche gli antichi avevano pensato di tagliare l'istmo per rendere più facili le comunicazioni fra i due mari, che si facevano trasportando le barche dall'uno all'altro, e sotto Nerone fu posto mano all'opera, ma questa rimase interrotta, dopo compiuti 1,7 km. di canale. Nel 1881 il progetto fu ripreso da una compagnia francese, che però si sciolse dopo qualche anno, e venne condotto a termine da una società greca, che lo inaugurò nel 1893. I percorsi dal Mar Nero all'Adriatico e al Tirreno risultano notevolmente abbreviati. Il traffico, per lo più di legni greci, ha segnato 5210 navi per una stazza di 2,7 milioni di tonnellate e 3288 velieri per 91.729 tonn. nel 1927, indicando così un forte aumento rispetto agli anni precedenti.
Bibl.: A. Philippson, Der Isthmos von Korinth, in Zeitschr. d. Gesell. für Erdkunde zu Berlin, 1890.
La città antica. - L'importanza geografica del sito di Corinto, vi rendeva logica la presenza in ogni epoca d'un centro di abitazione e di scambio. Ivi ebbe sede un villaggio neolitico, di cui pervennero a noi resti di capanne e di ceramiche; altri villaggi simili vennero trovati in siti non lontani, ed è probabile che tra questo gruppo di borghi esercitasse una funzione importante già nell'età preistorica il Monte Acrocorinto. In questo però l'unica documentazione di età precedente l'ellenica è data da una muraglia del tipo cosiddetto ciclopico, che è probabile si riferisca al periodo premiceneo e miceneo, di cui pure vestigia sono rimaste nella zona corinzia, senza tuttavia che da esse noi possiamo trarre la conoscenza esatta d'un centro organizzato. Solo della vita ellenica che assai presto si afferma sul luogo, e della susseguente romana, noi abbiamo una nozione organica e approfondita, specie in seguito ai grandi scavi compiuti, dai Greci prima, dagli Americani poi, dal 1895 fino ad oggi.
Tra la città ellenica e la romana non v'è una distinzione netta la seconda si è sovrapposta alla prima, in gran parte, malgrado la distruzione apportata nella conquista, continuandola. Oltre ai dati archeologici, ci soccorrono le descrizioni di Pausania (II, 2,6-5, 5) e di Strabone (VIII, 6,20-23): tarde, ché questi scrittori conobbero la città dopo la ricostruzione romana, ma sempre utili.
Tre sono le zone in cui si divide la citta classica: l'Acrocorinto la città vera e propria su due terrazze a nord di quello, e il porto sul mare. Scarsissimi sono i resti ellenici sull'Acrocorinto, rimasto nel Medioevo e dopo sede di fortificazioni e di abitazioni; le nostre cognizioni sono, a suo riguardo, essenzialmente letterarie. Esso aveva il doppio carattere di santuario e di fortezza: era l'Acropoli della città e il santuario per cui la città andava illustre. Del tempio di Afrodite, nell'antichità famoso, ricco e frequentato, dove si svolgevano i riti di prostituzione sacra, nessun resto sicuro ci è stato tramandato; taluno crede di riconoscerne le fondazioni in alcuni conci esistenti presso la cima del monte. Della cinta di mura antiche rimangono solo elementi inglobati nelle difese medievali, e precisamente resti di fabbrica del sec. IV, a strati di conci regolari, in cui riconosciamo anche la sagoma d'una torre.
Molti sono invece gli elementi rimasti della città vera e propria.
Tra essi da lungo tempo famoso è il tempio di Apollo, di stile dorico e d'età molto arcaica (prima metà del sec. VI), costruito in calcare poroso coperto di stucco: restano sei colonne con porzione della trabeazione. Esso è esastilo perittero, con 15 colonne nei lati maggiori; misura m. 51,56 × 19,42; alcuni elementi si riportano a uno stadio assai primitivo dello sviluppo dello stile dorico. Le colonne (di cui 4 sono monolitiche, e tutte fornite di 20 scanalature) sono potentemente rastremate, così da apparire rigonfie nella parte inferiore; il capitello assai panciuto e sporgente; e nei lati minori le colonne sono tra loro sensibilmente più ravvicinate che nei maggiori. La cella è divisa in due vani, di cui il minore occidentale era forse un tesoro; ed è tripartita nel senso della lunghezza da due file di colonne. In età romana il tempio fu ricoperto e stuccato di nuovo; collocato su una terrazza, esso è allacciato alla piazza dell'Agorà per mezzo d'una gradinata.
Oltre ad esso sono state di recente scoperte le fondazioni di altri sacelli minori d'età greca, e di un temenos rettangolare coperto da colmate posteriori.
A sud e ad ovest della terrazza del tempio si estende la piazza dell'Agorà, misurante una superficie di m. 225 × 127, risalente all'età greca, ma, allo stato attuale, rifatta ed estesa dai Romani, ricoprendo edifici ed opere anteriori. Sappiamo che essa era ornata di statue e di sacelli, e nel centro aveva una statua di Atena.
Essa è circondata da portici (l'occidentale di epoca augustea), con colonne e copertura a vòlta. Nel lato settentrionale s'apre una fastosa porta, con fornice ampio m. 3,65, costruita nella prima età romana: nella parte inferiore è in poros, nel piano superiore in marmo; il fornice era fiancheggiato da due colonne, e forse al suo ornamento appartenevano alcune statue in marmo pario rinvenute nelle prossimità. In questa porta metteva la grande strada del porto; imponente ne doveva essere l'aspetto per chi ascendeva dal basso, venendo dal mare o dalla parte bassa della città.
L'arteria principale di comunicazione della città è costituita da questa strada: essa è larga m. 7,50, e fornita di marciapiedi; e supera i dislivelli a mezzo di ampie gradinate, che le dànno maggiore imponenza, e uno sfondo pittorico non comune nelle organizzazioni urbane antiche. Ai lati della strada corrono portici romani con piccoli vani quadri ad uso di botteghe. Sul lato occidentale il portico romano è costruito in parte su uno di età greca, con colonnato doppio, dorico e corinzio.
La ricchezza d'acqua nella zona di Corinto ha permesso una notevole abbondanza di fontane, di cui talune notevolissime per il rispetto artistico.
Una è sulle più alte pendici dell'Acrocorinto. Una seconda è stata scoperta a ovest della grande porta dell'Agorà, e costituisce un raro esempio di fonte classica: l'acqua sgorga da due cavità della roccia, e raccolta in bacini esce per due bocche ornate di teste di leone; una scala con sette gradini vi conduce; verso l'Agorà, la cinge una spalliera, formata d'uno zoccolo con fregio dorico in poros, ornato di triglifi e spazî metopali con interessante policromia; tutto il complesso risale alla fine del sec. VI o all'inizio del V e si è conservato integro, salvo l'aggiunta di talune basi di statue più tarde, di cui una reca la firma di Lisippo.
A est della porta è la famosa fonte Pirene, varie volte ampliata o ricostruita; nella prima installazione, forse del sec. VI, l'acqua sgorgava da sei profonde nicchie scavate nella roccia, portanti traccia di rozze pitture; nel sec. IV e nel sec. III, fu aggiunto davanti un ornamento architettonico in poros, di stile ionico. A Erode Attico è dovuto un completo rifacimento in marmo della parte architettonica e la costruzione, davanti alla fonte, di un ninfeo, specie di grande cortile con bacino centrale e nicchie sui lati. Ultimi rimaneggiamenti rìsalgono all'età bizantina.
Una terza fonte, la Glaukē, è circa ottanta metri a ovest del tempio; essa è scavata nella roccia, in cui sono praticate alcune camere per la raccolta dell'acqua che sgorga per alcuni doccioni a maschera di leone; verso l'esterno l'ornamento è dato da una semplice fronte, ornata di 5 pilastri e fornita di 4 gradini.
Esistono inoltre altre fontane, bagni (il cosiddetto bagno di Afrodite, sulla strada verso il porto) e terme romane. L'acqua, in età romana, era portata a Corinto dal lago Stinfale con un acquedotto fatto costruire da Adriano.
A queste opere si devono aggiungere un Odeon, il teatro e un anfiteatro. L'Odeon fu fatto erigere da Erode Attico; è parte incavato nella roccia, parte costruito in muratura con un diametro di 80 m.; aveva la funzione di teatro coperto, con scena unita alla cavea e molto alta, ed era simile a quello di Atene, pure di Erode Attico.
Assai importante è il teatro, di cui solo da alcuni anni gli Americani hanno impreso un'opera organica di liberazione. Costruito in età greca, ne resta ancora, con pochi rimaneggiamenti, la cavea, invece la scena, prima edificio staccato, è stata molto rimaneggiata in età romana, allargata ed unita alla cavea, e fornita di nuove decorazioni plastiche e dipinte.
Recenti scavi hanno liberato anche parte della città romana, con case ornate di musaici e regolari strade lastricate.
Notevole è la cinta muraria greca, conservata solo in parte, ma di cui è stato possibile ricostruire il perimetro; essa corre sul contorno naturale della città, segnato da creste di colline o da burroni, ed è munita di porte e di torri. Secondo Strabone, il suo perimetro era di 40 stadî (circa 7 km.); e sarehbe stata unita alla cinta dell'Acrocorinto con un giro totale di 81 stadî (circa 15 km.); inoltre, due lunghe mura avrebbero unito la città al porto per altri 12 stadî (circa 2 km.); si sarebbe avuto così un nesso difensivo unico che dall'Acrocorinto giungeva al mare, unendo Acropoli, città e sbocco sul mare.
Del porto (chiamato Lecheo) pochissimo resta, ma non ne è stata avviata una ricerca organica. Rimane sul suo luogo una laguna in parte insabbiata, in cui si riconosce una parte dello sviluppo del bacino interno.
Assai più importante del porto interno Lecheo era il porto esterno Cencree (Κεγχρέαι, Κεγχρειαί, Cenchreae, oggi Kenkri) situato nel golfo Saronico ed emporio del traffico dell'Asia. Distava circa una dozzina di chilometri da Corinto, a cui l'univa una strada fiancheggiata da alture. Era costituito da una baia naturale limitata a N. e a S. da due promontorî ai quali i Corinzî avevano appoggiato un molo. All'ingresso del porto, sui due promontorî prospicientisi, sorgevano rispettivamente il tempio di Afrodite e quello di Asclepio e Iside. La località ora è semideserta; benché vi si notino ruderi delle antiche costruzioni. La borgata, distrutta da Mummio nel 146 a. C., fu rifondata cento anni dopo quando Corinto fu ricostituita, col nome di Colonia Laus Iulia Corinthus, che conservò nell'Impero. (V. tavv. LXV e LXVI).
Bibl.: A. Skias, in Πρακτικά, ecc., 1892, p. 111; 1906, p. 145 e seg., con pianta; W. Dörpfeld, in Athenische Mittheilungen, XI, p. 297; American Journal of Arch., 1896-1928 e specialmente 1900, 1902, 1904, 1926, 1927, 1928 (soprattutto rapporti di scavo); Byvanck, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., Suppl. IV, col. 991 segg. Sul porto di Cencree, v.: Wiegand, in Athen. Mitt., XXVI (1901), p. 246; W. M. Leake, Travels in the Morea, Londra 1835, II, p. 343; E. Curtius, Peloponnesos, Gotha 1851-52, II, p. 365; Bürchner, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XI, col. 165 segg. e suppl. IV, coll. 1033-36.
Storia. - Antichità. - Corinto (Κόρινϑος, Corinthus) fu identificato con l'Efira omerica (Iliade, VI, 152), quantunque poco si adatti a Corinto l'indicazione "nell'interno di Argo alimentator di cavalli" data ad Efira e quantunque presso Omero sia già in qualche luogo menzionata Corinto. Essa almeno nel sec. IX era una città già progredita, poiché la sua attività colonizzatrice data dalla metà del sec. VIII. Corcira e Siracusa sono colonie corinzie. Certo anche Corinto deve avere avuto il suo periodo monarchico, ma la dinastia di cui parla la tradizione, con l'eraclide Alata quale capostipite, è giustamente sospetta. La notizia più certa nella storia costituzionale di Corinto attesta l'esistenza dell'oligarchia dei Bacchiadi (v.). Il passaggio dalla monarchia alla oligarchia era spiegato, secondo la leggenda, ammettendo che, dopo varî re, tutta la stirpe avesse tenuto collettivamente il potere, e ciascuno dei membri per turno avesse governato per un anno. Evidentemente si ripetono a Corinto le vicende di tutte le città greche in cui l'oligarchia dei nobili succede alla monarchia.
Corinto sarebbe stata dalla parte di Sparta nella prima e nella seconda guerra messenica. Vi è anche una tradizione in cui Megara per qualche tempo sarebbe stata sottomessa a Corinto, da cui poi si sarebbe emancipata. Non è improbabile che qualche cosa di vero ci sia in questa notizia, e non è neppure improbabile che la riscossa di Megara indebolisse la dinastia dei Bacchiadi e favorisse la conquista del potere da parte di Cipselo la quale avvenne dopo, o intorno al 620 a. C. Sotto Cipselo e sotto Periandro, suo successore, abbiamo un notevole incremento della potenza corinzia. Ambedue deducono colonie sulla costa dell'Acarnania, nell'Epiro e nella Calcidica; Periandro riconquistò Corcira. Nella guerra fra Calcide ed Eretria essendosi in tutta la Grecia formati due raggruppamenti politici, Corinto, governata dai Cipselidi, e probabilmente da Periandro, si schierò dalla parte di Calcide. Sotto il nipote di Periandro, Psammetico, fu rovesciata la tirannide.
In Corinto sussistevano le tribù doriche degli Illei, Dimani e Pamfili. Ma più tardi troviamo la città divisa in otto tribù locali. Coordinato a queste era il consiglio, corrispondente alla bulè ateniese, d'un numero di membri a noi ignoto Di tali riforme non si può determinare con sicurezza la data che solo per analogia con le riforme di Chilone, di Clistene, di Sicione e dei Pisistratidi possiamo collocare al principio del sec. VI.
Della storia di Corinto fino allo scoppio della guerra del Peloponneso abbiamo non molte, ma abbastanza precise notizie. Corinto entrò nella simmachia (confederazione militare) peloponnesiaca, mantenendo verso Sparta una condotta indipendente. La coadiuvò quando Sparta fece la spedizione contro Policrate di Samo, ma si oppose quando Cleomene volle fare una spedizione in grande stile contro i democratici ateniesi che sotto Clistene avevano abbattuto il governo dell'oligarchico Isagora (507). Al tempo delle guerre persiane Corinto divenne il quartier generale degli alleati, dove si riunivano i delegati peloponnesiaci, e dopo la battaglia di Platea a Corinto fu tenuto il tribunale contro i Tebani. Dopo il fallimento della politica filospartana di Cimone in Atene, anche Corinto non mantenne più relazioni cordiali con Atene e il dissidio si accentuò quando nel 459 Megara passò dalla parte di Atene, sicché Atene si trovò a possedere il forte punto strategico di Page presso il golfo di Corinto, mentre forse possedeva già l'altra forte posizione di Naupatto dove collocò i Messenî fuggiaschi dalla patria. Corinto si trovò così implicata in una guerra con Atene, in cui ebbe alleati anche gli Epidaurî e gli Egineti: ma benché Atene sostenesse la guerra in Egitto per aiutare il ribelle Inaro, la coalizione contro di essa ebbe la peggio, poiché Egina fu sottomessa da Atene nel 457 e l'Acaia nel 453 fu da Pericle ridotta al vassallaggio di Atene. Neanche l'intervento indiretto di Sparta in questa guerra, con una spedizione nella Grecia centrale, che condusse alla vittoria di Tanagra, giovò alle condizioni di Corinto, essendo questa vittoria rimasta infruttuosa per la rivincita che si presero gli Ateniesi contro i Beoti a Enofita dopo circa due mesi. Neanche la catastrofe ateniese nel 456 all'isola di Prosopitide nel Nilo giovò molto alla sorte dei Corinzî. Avvenne per opera di Cimone un armistizio di cinque anni che più tardi, dopo un breve periodo di rinnovate ostilità fu sostituito dalla pace dei trent'anni. Il soccorso accordato dai Corinzî ai democratici d'Epidamno contro la colonia rivale Corcira fu, insieme con l'editto del blocco commerciale contro i Megaresi da parte d'Atene e la proibizione a Potidea d'accogliere come supremi magistrati gli epidemiurghi di Corinto, la causa della guerra del Peloponneso (v.), nei primi dieci anni della quale ebbe parte assai importante. La pace di Nicia (421) non portò nessun vantaggio a Corinto, che fu sul punto d'abbandonare la causa di Sparta; ma l'unione di Atene con Argo la determinò a un ritorno all'alleanza spartana, e quando Corinto venne nel 414 in soccorso di Siracusa assediata degli Ateniesi, i Corinzî combatterono a fianco degli Spartani sotto il comando dello spartano Gilippo; e a fianco degli Spartani combatterono ancora nel periodo decisivo della guerra peloponnesiaca. Anzi, dopo la catastrofe di Egospotami, Corinto propose di rifiutare ogni condizione di pace e di distruggere Atene.
Rimasta Corinto disillusa alla fine della guerra come dopo la pace di Nicia, negò il concorso delle sue truppe a Pausania re di Sparta nell'azione contro i democratici ateniesi raccolti al Pireo; negò il concorso ad Agesilao nella spedizione in Asia, non solo, ma aderì alla coalizione contro Sparta promossa dalla Persia (v. corinzia, guerra). Corinto che per opera dei democratici si era unita ad Argo, con la pace d'Antalcida tornò indipendente e a reggimento oligarchico. Durante l'egemonia tebana Corinto seguì le parti di Sparta e, presso Corinto, Cabria generale ateniese tentò nel 369 di attraversare la via ad Epaminonda. Corinto non continuò poi la guerra contro Tebe e si mantenne neutrale, come pure neutrale restò nella guerra tra Filippo e gli alleati Greci; cosa di cui Filippo vittorioso la compensò scegliendola a sede della lega ellenica contro la Persia (v. corinzia, lega).
Durante la guerra che seguì alla morte d'Alessandro non sappiamo che Corinto eńettivamente si ribellasse; Antipatro vi pose un presidio forse perché sospettava della fede di Corinto, e lo mantenne Poliperconte, malgrado il suo decreto di libertà delle città greche. Dopo varie vicende Demetrio Poliorcete fece di nuovo Corinto sede della lega ellenica (302), ed essa fu poi la sede degli Antigonidi durante il loro regno in Grecia. Quando Antigono Gonata divenne stabilmente re di Macedonia, intorno al 280, affidò al fratello Cratero il governo della Grecia con residenza a Corinto. Il figlio Alessandro succedutogli si ribellò (la data è disputata) tra il 252 e il 247, ma morto Alessandro il matrimonio del principe ereditario Demetrio II con la vedova di lui Nicea cementò di nuovo l'unione con la Macedonia. Corinto fu poi con la sorpresa e la forza tolta alla Macedonia e annessa alla lega Achea per opera di Arato, ma Arato stesso per avere l'aiuto di Antigono Dosone di Macedonia contro Cleomene III di Sparta dovette nuovamente cederla (224). Dopo che T. Quinzio Flaminino ebbe proclamato nei giuochi istmici la libertà della Grecia (196), Corinto diventò il centro della lega Acaica; e quando questa, reagendo alla politica smembratrice dei Romani, prese le armi contro Roma, presso Corinto, a Leucopetra, l'esercito della lega fu disfatto dal console L. Mummio e l'Acaia ridotta a provincia romana (146). Corinto fu distrutta e solo dopo un secolo fu ricostituita da Giulio Cesare come colonia, con popolazione in gran parte italica (44 a. C.).
L'incremento della colonia fu rapido, come si poteva aspettare dalla sua posizione. Nelle guerre civili deve aver seguito il fato di tutte le città della Grecia; nell'ultimo conflitto fra Antonio e Ottaviano fu occupata da Agrippa insieme con Leucade e Patre prima della battaglia d'Azio. Corinto divenne sede del propretore dell'Acaia, e per la sua posizione fu un centro notevole d'irradiazione del cristianesimo. Basterà ricordare le lettere di S. Paolo e quella di S. Clemente romano ai Corinzî.
Vanno ricordati i tentativi di Caligola e di Nerone per il taglio dell'istmo di cui sono ancora riconoscibili le tracce. Godé pace sotto l'Impero sino all'invasione degli Eruli nel 267, che devastarono le campagne e rovinarono la città. Essa risorse, ma nel 396 fu da Alarico nuovamente distrutta e rifabbricata dopo che Stilicone lo ebbe allontanato. Nel 521 d. C. rovinò per un terribile terremoto, ma fu rifondata da Giustiniano.
Bibl.: G. Porzio, Corinto, Lecce 1908; E. Maass, Griechen und Semiten auf dem Isthmos von Korinth, Berlino 1903; oltre alle storie generali della Grecia (Beloch, Meyer), e a quelle dell'età ellenistica (Niese), v. per quest'ultimo periodo A. Ferrabino, Arato di Sicione, Firenze 1924; G. Niccolini, La confederazione achea, Pavia 1914; G. Colin, Rome et la Grèce, p. 607 segg. Per il periodo imperiale, G. Hertzberg, Gesch. Griechenlands unter der Herrschaft der Römer, Halle 1866 (con bibl. più particolare); e Th. lenschau, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., Suppl., IV, coll. 1007-1036.
Medioevo ed Epoca moderna. - Nel ricostituirsi della vita greca sotto l'impulso della civiltà bizantina, Corinto divenne la capitale religiosa e amministrativa del Peloponneso; e nel rinnovamento dei traffici dell'era delle Crociate il golfo omonimo, piazza commerciale che apre l'adito al continente greco e orientale, solleticò gli appetiti delle potenze occidentali. Nel 1147 Ruggero II la prese d'assalto e l'occupò danneggiandola, ma non poté mantenerne il possesso che per pochi anni. Cinquant'anni dopo Corinto fu inclusa nel ducato latino di Morea (1210). Venezia, che anelava a installarsi sul golfo di Corinto, non solo non vi riuscì, ma non poté impedire che i Turchi l'occupassero nel 1459. Le brevi parentesi dell'occupazione maltese nel 1611, di quella veneziana tra il 1687 e il 1715, non provocarono alcun movimento di resurrezione.
Bibl.: Hopff, Griechenlands Geschichte im Mittelalter, Lipsia s. a.; Heyd, I commerci dei Latini in Levante, in Bibl. dell'econ., s. 5ª, X; G. M. Monti, Il regno di Sicilia e il Levante Mediterraneo, Bari 1930; Scapolo, Le relazioni tra Venezia e l'Albania, in Ateneo veneto, 1909-10; Prokesch-Osten, Geschichte des Abfalls der Griechen vom Türkischen Reich im Jahre 1821 und der Gründung der hell. Konigsreiches, Vienna 1867.