CORINTI, Corinto
Nato a Castiglion Fiorentino (prov. Arezzo) il 30 ott. 1841 studiò ad Arezzo presso gli scolopi e a Firenze all'istituto tecnico e all'Accademia di belle arti, dove nel 1864 ottenne un premio semestrale e nel '67 una menzione d'onore in ornato modellato. Completò la sua formazione di ingegnere e architetto presso lo studio di G. Roster, assieme al quale partecipò, con E. Bartoli e R. Mazzanti, alla fondazione dei Ricordi di architettura, periodico uscito a Firenze dal 1878 al 1900 sotto la direzione dei Roster e dedicato all'illustrazione di monumenti antichi e di opere di artisti contemporanei, per lo più toscani. Il C., che fece parte della redazione fino all'ultimo, vi pubblicò numerosi studi di edifici storici e alcuni suoi progetti. Personaggio caratteristico, ben noto nell'ambiente fiorentino, ma scontroso e vissuto sempre un po' appartato, tenne lungamente le cattedre di disegno lineare e applicazioni di architettura decorativa presso la Scuola professionale fiorentina di arti decorative e industriali, e tornò per breve tempo all'insegnamento durante il primo confiitto mondiale. Dal 1884 fu membro dell'Accademia di belle arti di Firenze, che lo elesse nel 1888 socio residente e gli affidò incarichi anche di archivista; dal 1894 fece parte della Società Colombaria e vi ebbe nel 1925 la qualifica di socio urbano.
Morì a Firenze il 13 marzo 1930.
Nel panorama piuttosto deludente dell'architettura fiorentina del periodo, l'opera del C., nonostante la qualità e le sue buone capacità di decoratore, non sembra uscire dai limiti di un corretto e un po' appartato professionismo. Il suo contributo all'edilizia cittadina, finora scarsamente indagato, è noto soprattutto per l'impegno nella costruzione di case popolari, che si svolse in pratica a titolo gratuito e gli diede occasione di pubblicare l'opuscolo Fabbricato di piccoli quartieri da costruirsi in Firenze a cura del Comitato per le costruzioni necessarie a ricoverare le classi indigenti. Pianta, sezione, prospetto, Firenze 1890. Nel 1887 progettò casamenti in via Spontini, nel 1889, per conto del Comitato per le costruzioni necessarie a ricoverare le classi indigenti, lavorò ad altri fra le vie Arnolfo di Cambio e Beato Angelico, nel 1905 in via del Romito. Gli si devono inoltre studi per la decorazione a graffito della facciata di casa Buonarroti stesi nel 1875 in collaborazione col Roster, e le cappelle Gerini e Cantagalli, quest'ultima datata 1906, nel cimitero del Galluzzo.
Al 1879 risale l'impostazione del castello dell'Acquabella a Vallombrosa, grandiosa villa in stile fra tardo Medioevo e primo Rinascimento la cui esecuzione pare averlo impegnato fin verso l'89: è considerata la più importante tra le sue opere realizzate. L'edificio, mai completato secondo il progetto originale, gli era stato commissionato dai conti Elisabetta e Pio Resse; già nel 1903, degradato e spogliato degli arredi, risulta però essere stato trasformato in un albergo, e lo stesso C. lavorò l'anno dopo a studiarne i piani di ampliamento e ristrutturazione. All'incarico della famiglia Resse si devono, sul finire dell'Ottocento, anche i suoi restauri alla storica villa del Salviatino sulla collina di Maiano, volti a riportare l'edificio a un armonico carattere cinquecentesco ed a ridurre le dimensioni dell'alta torre costruita nel 1871 dal precedente proprietario.
L'opera più singolare del C., e quella che maggiormente ha attirato l'attenzione dei recenti studi sull'architettura ottocentesca, resta tuttavia l'originale idea per una "Mole Sabauda, monumento il più alto del mondo, presentata nel 1881 come partecipazione al primo concorso internazionale per il monumento a Vittorio Emanuele II a Roma. Scartando ogni immediato riferimento alla classicità o ad esempi precedenti che considerava poco adatti ad esprimere l'individualità del nuovo Stato italiano, il C. proponeva un'insolita torre celebrativa con più piani di mansarde, da costruirsi presso l'Esquilino al centro di una piazza con la sede del Parlamento e di sette fra i principali ministeri del Regno. Il progetto, che si inseriva in ricerche allora vive per una forma inedita e di immediato impatto simbolico, era inteso come polo per un'urbanizzazione che staccasse la capitale da stretti rapporti con il suo passato pontificio e irnperiale. La "Mole avrebbe dovuto spiccare, come indicano le didascalie agli studi, ora nell'archivio del Museo "Firenze com'era" (Fondo Corinti), quale "faro di risorgimento politico" sopra tutti i monumenti dell'antica Roma e porsi "al centro della nuova città"; ma il progetto, non privo di qualche ingenuità, ebbe scarso seguito nella valutazione degli immediati contemporanei.
Più che alla sua opera di architetto, la notorietà del C. rimane legata oggi al suo impegno a fianco della Commissione storico-artistica che fra il 1889 e il 1895 ebbe l'incarico di seguire, in quella che fu una delle più deprecate operazioni urbanistiche dell'Ottocento, i lavori del comune di Firenze per la ristrutturazione del centro cittadino. Fin dall'inizio delle demolizioni che portarono alla scomparsa degli storici quartieri nell'area del Mercato Vecchio ed alla loro sostituzione con i fabbricati attorno all'odierna piazza della Repubblica, il C. fu posto a capo, per incarico del municipio, di un "Ufficio tecnico speciale" (la denominazione ulteriore è incerta). Suo compito era quello di provvedere, attraverso piante, fotografie, disegni e rilievi, ad una documentazione che conservasse l'immagine degli edifici antichi e che studiasse, in collaborazione con la Commissione storico artistica, quanto sulle trasformazioni edilizie cittadine si andava rivelando nel corso dei lavori di abbattimento e scavo. Con l'aiuto di due assistenti, e di rari collaboratori occasionali, il C. condusse personalmente a termine fra il 1889 e il 1895 studi poi confluiti in oltre un centinaio di tavole illustrative, diresse attorno al 1893 l'esecuzione di una serie di fotografie, curò il completo ordinamento del materiale grafico e fotografico e pubblicò l'inventario di quest'ultimo nel 1896. A stimolarlo fu probabilmente anche l'idea avanzata da Isidoro Del Lungo già nel 1889 in Consiglio comunale, di realizzare una pubblicazione sul distrutto centro di Firenze. Lungamente inutilizzate, le tavole rimasero però sua proprietà personale, e solo a partire dal 1925 il C. provvide a divulgarne una parte, ricavandone con intenti commerciali le illustrazioni per quattro serie di cartoline postali destinate alla vendita corrente. I rilievi del C. costituiscono oggi una fonte documentaria di estremo interesse, specie per quanto riguarda le testimonianze sui resti dell'antica città romana venuti in luce durante gli scavi alle fondamenta degli edifici medievali e poi cancellati dalla costruzione degli stabili moderni. Nonostante intenti di catalogazione scientifica, i risultati sono tuttavia lontani dal rigore che l'occasione avrebbe meritato, come rivelano anche i fantasiosi saggi per la restituzione ipotetica degli antichi edifici poi diffusi dalle "cartoline". Il C. si appoggiava per la parte archeologica soprattutto ai consigli di Luigi Milani, allora direttore del R. Museo etrusco, e per quella moderna, tra l'altro, a membri della Commissione storicoartistica come l'architetto Luigi Del Moro; ma né l'impegno, né la sincera passione con cui svolse il suo compito poterono ovviare ai limiti della sua preparazione erudita ed alla fretta e disorganizzazione fra cui fu costretto a svolgere i lavori. Come si ricava dall'ampio materiale sulla Commissione storico-artistica conservato nell'Archivio storico comunale di Firenze (Centro di Firenze - Oggetti d'arte e antichità, cartelle dal n. 1 al 25, dal n. 26 al 38, dal n. 39 al 56: documenti ancora in attesa di riordino), i finanziamenti furono scarsi, l'Ufficio tecnico si muoveva con difficoltà, distratto fu l'apporto delle istituzioni culturali e dello stesso comune di Firenze, preoccupato soprattutto di assicurare il rapido procedere delle demolizioni. Lo stesso C., lamentando in un suo esposto del 1° febbr. 1893 di trovarsi spesso di fronte a rifiuti di collaborare da parte degli operai, denuncerà implicitamente la propria mancanza di autorità.
In tale situazione, l'attività della Commissione storico-artistica rimase per larga parte affidata all'iniziativa e all'impegno disinteressato di alcuni suoi membri. Il C. si rese utile in più modi, contribuì ad assicurare il trasporto nei musei cittadini dei documenti e delle opere che si era deciso di salvare ed accettò non di rado di superare i limiti delle sue strette competenze; ed anche a questa sua disponibilità si devono probabilmente le lodi che sul suo operato pronunciarono Isidoro Del Lungo e il sindaco Pietro Torrigiani.
Anche dopo lo scioglimento, nel 1895, dell'Ufficio tecnico, lo studio delle antichità fiorentine, in particolare di quelle di età romana, rimase tra i principali interessi del C. e stimolò una sua minore attività antiquaria, svolta soprattutto a contatto con la Società Colombaria. Limiti di un impegno volenteroso, ma di non particolare respiro o competenza, si riflettono tuttavia in quanto delle sue ricerche ci è più noto, il saggio Degli avanzi del teatro di Firenze romana, in Atti della Società Colombaria di Firenze, 1924-1925, pp. 160-183, ed il manoscritto Gli attuali scavi del Battistero di S. Giovanni, datato 1913, e consultabile in una riproduzione litografica "milii et paucis amicis" nella Biblioteca del Kunsthistorisches Institut di Firenze, L. 475.G.
Fonti e Bibl.: L'archivio del Museo storicotopografico "Firenze com'era", Fondo Corinti, conserva, per dono della figlia dell'artista, un'ampia raccolta non ordinata e non inventariata di progetti del C., misti però senza distinzioni ad altri del fratello Donatello Corinti, che fu anche lui ingegnere. L'Archivio del Museo possiede inoltre la collezione quasi completa delle "cartoline", serie I-IV, integralmente riprodotte in [O. Corinti], Firenze antica nei disegni di C. C., in L'Universo, LVI (1976), pp. 1081-1143. Di proprietà dell'architetto Pietro Aranguren, Firenze, sono altri disegni del C., gli originali da cui furono tratte le cartoline. e una raccolta di tavole inedite che conclude la serie dei rilievi sul centro antico. Di quest'ultima è attualmente allo studio, per cura del nipote dell'artista, Omero Corinti, la pubbl. sulla rivista L'Universo. Sull'attività del C. a fianco della Commiss. storico-artistica, vedi gli Atti del Consiglio comunale (Firenze), XXVII (1892-1893), I, pp. 37 s. (riporta lodi di I. Del Lungo e del sindaco, espresse nella seduta 31 ott. 1892, "all'opera indefessa e appassionata dell'ing. prof. C.", "che stà ricostruendo il piano dell'antica Firenze e così bene che noi avremo esatta idea di quello che nelle varie epoche è stato il sottosuolo della città"), pp. 776 s.; II, pp. 34 s., 322 s.; Il Centro di Firenze-Studi storicie ricordi artistici, a cura della Commissione storico artistica comunale, Firenze 1900, p. [VI]; ma piuttosto critici sui rilievi del C. sono invece G. Maetzke, Florentia, Spoleto 1941, pp. 7, 62, 68; E. e T. Detti, Firenze scomparsa, Firenze 1970, p. 87; G. Fanelli, Firenze architettura e città, Firenze 1973, I, p. 554; II, Atlante in allegato al testo (riproduce numerose cartoline, del C.); S. Fei, Firenze 1881-1898. La grande operazioneurbanistica, Roma 1977, p. 269 e passim. Fra i progetti pubblicati dal C. nei Ricordi di architettura vanno segnalate almeno le proposte per la facciata della cattedrale di Savona, X (1887), n. 1, tav. IV; e le "stazioni scolastiche fiorentine", XIV (1894-95), s. 2 mod., tav. 36. Vedi inoltre: A. De Gubernatis, Diz. degli art. it. viventi, Firenze 1889, p. 142; La scuola fiorentina di arti decorative e industriali, in Arte ital. decorativa e industriale, VIII (1899), pp. 53-57, 63-66, 71-74, 79-82, passim; B.Domenichetti, Guida storicaillustr. di Vallombrosa, Udine 1903, p. 160; G. Carocci, Idintorni di Firenze, I, Firenze 1907. p. 75; A. Linacher, Rapporto LVI annuale..., in Atti della Società Colombaria di Firenze, 1929-1930, pp. 275 s.; C. L. V. Meeks, Italian Architecture 1750-1914, New Haven-London 1966, pp. 340 s.; G. Accasto-V. Fraticelli-R. Nicolini, L'architettura di Roma capitale 1870-1970. Roma 1971, pp. 74 s.; G. Orefice, L'edilizia popolare dell'Ottocento, in Per un itinerario risorgim. dell'architettura ital., Firenze 1974, pp. 39-69 passim, e tav. 14 s.; C. Cresti-L. Zangheri, Architetti e ingegnerinella Toscana dell'Ottocento, Firenze 1978, p. 70.