COREGIA (χορηγία, choragium)
Coregìa si chiamava nell'antica Atene la liturgia (v.) per cui un ricco cittadino si assumeva le spese d'un coro, lirico o tragico, per una festa celebrata dallo stato. L'ordinamento delle coregie risale all'età di Clistene. Non sempre però un solo cittadino si assunse tutte le spese della coregia. Verso la fine del sec. V, quando ormai Atene era impoverita dal lungo stato di guerra, si cominciò a ricorrere alla sincoregia, permettendo che le spese andassero divise fra due persone. Un secolo circa più tardi, verso il 309-8, lo stato avocò in apparenza a sé tutte le spese della coregia, nominando a presiedere gli spettacoli un pubblico funzionario, l'agonoteta, che in realtà sopperiva del proprio alla maggior parte delle spese.
Tali spese variavano assai, secondo che si trattasse di cori lirici o tragici, per le feste più solenni o per altre meno importanti, di cori di adulti o di giovani, ecc. Secondo quanto si apprende da Lisia, la spesa per un coro di adulti nelle grandi Dionisie sarebbe stata di 5000 dramme, per un coro di adulti nelle Targelie 2000 dramme, per un coro tragico 3000 dramme, per uno comico 1600 dramme, per altri due cori tragici 5000 dramme, per un coro di ragazzi 1500 dramme, per un coro ciclico nelle piccole Panatenee 300 dramme, per un coro di pirrichisti una volta 700, un'altra 800 dramme. Questi dati si riferiscono agli ultimi anni del sec. V.
Il corego doveva curare che a comporre il coro non entrasse gente che non ne avesse il diritto; doveva provvedere un locale per le esercitazioni di esso e mantenere durante tutto il periodo di ammaestramento tanto il coro quanto il maestro (se non era il poeta) e il flautista. Inoltre doveva abbigliare i coreuti secondo le esigenze dello spettacolo. Ch'egli avesse anche a dare somme di denaro ai coreuti sembra probabile, ma sull'entità di esse non siamo informati. Il corego era responsabile di fronte allo stato del perfetto funzionamento del coro. Egli per gli spettacoli drammatici doveva provvedere anche a eventuali cori secondarî di danzatori, alle comparse e talora a procurare un quarlo attore oltre i tre pagati dallo stato.
II giorno delle feste il corego compariva coronato e vestito di porpora in testa al coro: la persona sua era in quel giorno, come quella dei coreuti, sacra. In caso di vittoria egli era pubblicamente coronato e le iscrizioni da lui apposte all'ex-voto nonché le pubbliche liste dei vincitori ne tramandavano ai posteri il nome.
Il corego vincitore d'una gara ciclica lirica riceveva dallo stato il tripode assegnato alla sua tribù (i membri d'un coro ciclico erano scelti tutti nella stessa tribù, non cosi quelli d'un coro drammatico) e lo dedicava con un'iscrizione dov'erano ricordati la tribù, il corego, il poeta, l'arconte. Nel sec. IV fra il nome del poeta e quello dell'arconte era pure il nome del flautista. I tripodi statali sorgevano talora su basi ricchissime: si ricordi il bel monumento coregico di Lisicrate (334). Le iscrizioni del corego drammatico menzionavano il corego e il poeta; qualche volta anche il protagonista. Il corego drammatico doveva pensare da sé alla dedica che era in generale una tavoletta o un quadro votivo, con relativa rappresentazione e iscrizione, offerta nel tempio di Dioniso.
Bibl.: Reisch, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 2409 segg.; A. Müller, Lehrbuch der griechischen Bühnenaltertümer, Friburgo in B. 1886; A. E. Haigh, The Attic Theatre, 3ª ed., Oxford 1907, p. 53 segg. e passim. Per le iscrizioni coregiche, v. Dittenberger, Syll., 1081-1092; A. A. Palaios, in Polemon, I (1929), p. 161 segg.; M. Guarducci, in Riv. Fil., n. s., VIII (1930), pagina 202 segg.