CORDOVA
CÓRDOVA (lat. Patricia Corduba; arabo Qurṭuba; spagnolo Córdoba)
Città della Spagna situata nella regione dell'Andalusia, sulla riva destra del Guadalquivir. Grazie alla posizione lungo il fiume, in origine navigabile fino all'oceano Atlantico, C. è stata sempre un sito di interesse strategico e un importante nodo di comunicazioni.Fondata verso il 1000 a.C. (Marcos Pous, 1976-1978), fu occupata dai Romani alla fine del sec. 3°; divenuta capoluogo della provincia Hispania Ulterior Betica, ottenne lo status di colonia dell'impero. Dopo l'invasione islamica del 711, nel 716 C. venne eletta a capitale dei domini arabi di Spagna (al-Andalus). Nel 756 venne costituito a opera del principe omayyade 'Abd al-Raḥmān I (756-788) l'emirato indipendente di C., trasformato in califfato nel 929 da 'Abd al-Raḥmān III (912-961), al quale succedettero al-Ḥakam II (961-976) e Hishām II (976-1013). Malgrado le continue rivalità, già dal sec. 8°, tra le tribù provenienti dall'Arabia, dalla Siria e dalla Berberia, C. conobbe uno sviluppo culturale che, iniziato nella seconda metà del 9°, proseguì per tutto il 10° secolo.La guerra civile (fitna) del sec. 11° portò allo smembramento e alla conseguente frammentazione dell'Andalus in regni indipendenti; C. divenne così capitale di un regno, dominato dal re di Siviglia o da quello di Toledo e successivamente dagli imperi africani. Il regno di C. venne infine riconquistato da Ferdinando III di Castiglia nel 1236.
Pur mantenendo la cerchia delle mura romane - risalenti all'età repubblicana e ricostruite o ripristinate, come si desume dalle fonti e dall'analisi archeologica, sui tratti superstiti (Ocaña Jiménez, 1935; 1975, p. 38) -, a partire dal sec. 4° la città si andò progressivamente spopolando; accanto alle grandi costruzioni romane ormai in disuso (anfiteatro, teatro, templi) si iniziarono a costruire chiese, segno di una modesta ripresa edilizia già alla fine del 4° e di nuovo nel 7° secolo. La zona meridionale di C., la più vicina al fiume, acquistò importanza nei secc. 6°-7°, al contrario di ciò che avvenne per la parte settentrionale, dove i quartieri sorti in epoca imperiale al di fuori della cinta di mura, ridotti in rovina, erano stati trasformati in luoghi di sepoltura e di edificazione di chiese martiriali e cimiteriali. Tra il sec. 4° e il 7° rimase in funzione, ma si ignora in quali condizioni, la rete viaria romana (Roldán, 1975).Il palazzo del Governatore si trovava, almeno nel sec. 7°, all'interno delle mura nell'angolo sud-ovest, nel luogo ove sorse nel periodo islamico l'alcazar; gli scavi recenti non sono però giunti ai livelli più profondi della costruzione (Jiménez Pedrajas, 1960; Vicent Zaragoza, 1973). Verso E, davanti al palazzo, dove poi venne eretta la Grande moschea, doveva essere situata, secondo le fonti, la cattedrale dedicata a s. Vincenzo; i pavimenti e i muri perimetrali rinvenuti negli scavi non definiscono tuttavia con sicurezza una planimetria pertinente a una cattedrale (Gómez Moreno, 1951, pp. 19, 29); sono state però ritrovate transenne databili certamente al 7° secolo.Ulteriori ritrovamenti sono avvenuti sotto la chiesa tardomedievale di Santo Domingo di Silos, dove è stato recuperato un mosaico del sec. 5°-6° con personificazioni delle Stagioni ora al Mus. Arqueológico Prov. (Blázquez, 1981, fig. 22).Il ritrovamento, in prossimità del cardine massimo, dei frammenti di una croce marmorea e di un arco con simboli cristiani, databili al sec. 7°, ha fatto ipotizzare l'esistenza in loco di una basilica (Marcos Pous, Vicent Zaragoza, Costa Ramos, 1977b).La chiesa, citata nelle fonti e intitolata a s. Acisclo, martire di C., doveva essere situata fuori dalla cinta muraria, a O della città, ma il luogo esatto è ancora discusso, poiché rinvenimenti archeologici datati al sec. 7° sono stati effettuati in tre differenti punti della zona (Santos Gener, 1950, p. 78; 1958, p. 154).All'inizio del sec. 7° il corpo di s. Zoilo, martire della città, fu scoperto e sepolto nella basilica dedicata a s. Felice, anch'essa extra muros, che venne quindi ampliata e intitolata al martire locale; le fonti sembrano indicare che questa chiesa si trovava nella zona orientale, dove oggi sorge San Andrès.La basilica Trium Sanctorum (i ss. Fausto, Gennaro, Marziale) era situata a E di C., nel luogo ove nel Tardo Medioevo venne eretta la chiesa di San Pedro, come confermano la scoperta in questo edificio di un'iscrizione con i nomi dei martiri (Vives, 19692, nr. 324) e il ritrovamento, nei pressi, di un antico cimitero (Marcos Pous, Vicent Zaragoza, Costa Ramos, 1977a). La basilica dedicata a s. Eulalia deve cercarsi più a N del mausoleo romano creduto sin dal sec. 18° cripta della basilica della santa.Sempre fuori le mura sono venute alla luce numerose tombe pertinenti ad antichi cimiteri cristiani: nella zona nord e in quella est della città le sepolture sono state datate ai secc. 4°-5°, mentre appartengono ai due secoli successivi quelle concentrate nella zona sudoccidentale.Anche nella provincia sono stati rinvenuti cimiteri, basiliche e case di abitazione datati al 4°-7° secolo. La basilica di El Germo, erroneamente detta di Alcaracejos, nei pressi di Espiel, datata dalle iscrizioni e dal corredo decorativo agli anni intorno al 600, conserva soltanto il perimetro murario, che disegna una planimetria a tre navate con absidi contrapposte - disposizione diffusa in Spagna e nell'Africa del Nord - a cui si affiancano a S un'altra navata divisa in due ambienti absidati, di cui uno con vasca battesimale cruciforme, e un atrio a N. Più a Settentrione, a El Guijo, si conservano una vasca battesimale trilobata, un cimitero e alcune strutture murarie datate ai secc. 5°-7° (Marcos Pous, Vicent Zaragoza, 1983). Scavi archeologici in diverse località (per es. Montoro, Cartagena, Baena) hanno dimostrato l'esistenza di basiliche e cimiteri ancora in uso nel 7° secolo.La scultura del sec. 4° è rappresentata prevalentemente da sarcofagi prodotti in officine di tradizione romana (Sotomayor, 1975); C. è, insieme a Gerona, la città spagnola con il maggior numero di sarcofagi conservati. Tra i rari esempi di plastica del sec. 5° è notevole la lastra con i dignitari oggi al Mus. Arqueológico Prov., proveniente con tutta probabilità da un edificio civile, dove la figura umana, resa con rilievo piatto, testimonia l'emergere di linguaggi di chiara matrice popolare, autoctona, nel momento della crisi della produzione artistica ufficiale, che segna dunque il passaggio dalla Tarda Antichità all'Alto Medioevo.La maggior parte dei pezzi superstiti è databile dalla fine del sec. 6° al 711. Nel campo dell'architettura e della decorazione plastica gli elementi architettonici (pilastri, capitelli, pulvini, finestre) e gli arredi liturgici (vasche, transenne, altari) attestano una notevole attività che ebbe come principali centri C., Mérida e Toledo (Santos Gener, 1950; 1958; Vicent Zaragoza, 1965; 1967). Quasi tutti i capitelli e la maggior parte dei pulvini (Ewert, 1981; Cressier, 1984) utilizzati nei secc. 8°-9° nella costruzione della Grande moschea sono infatti di recupero e sono databili a prima del 711.Nel Mus. Arqueológico Prov. sono conservati alcuni pezzi di grande interesse, in particolare un capitello erratico, datato al sec. 7°, che presenta una delle più antiche immagini del tetramorfo. Notevoli sono anche i numerosi esempi di mattonelle fittili dei secc. 5°-7° con rilievi a stampo raffiguranti motivi geometrici, simboli cristiani, figure umane e animali (Santos Gener, 1958; Vicent Zaragoza, 1965; de Palol, 1967).Nel campo della suppellettile liturgica è da ricordare una grande croce monogrammatica da altare in bronzo del sec. 5° proveniente da Iscar, presso Baena, centro a S-E della città (Madrid, Mus. Arqueológico Nac.). A C. è stato rinvenuto nel corso di scavi un gruppo di oggetti in bronzo, costituito da un incensiere, due lucerne e una situla di tipo copto, con iscrizione dedicatoria a s. Vincenzo, oggi al Mus. Arqueológico Prov.; di tipo copto sono anche due brocche in bronzo (Santos Gener, 1950-1951a; 1958). Campagne di scavo hanno portato alla luce anche gioielli databili ai secc. 5°-6° (bracciali, collane, orecchini, anelli); prodotto di fattura tipicamente bizantina del sec. 6°-7° è un orecchino in oro con una decorazione traforata (Córdova, Mus. Arqueológico Prov.).Le fibule e fibbie rinvenute a C. risalgono a epoca posteriore alla conquista visigota; gli esemplari superstiti sono prevalentemente datati al sec. 7° e tra questi vanno ricordate una fibula circolare in bronzo con guarnizioni e diverse fibbie da cintura in ferro o bronzo (Santos Gener, 1958).
Al momento della conquista araba del 711, a C. continuava a risiedere la maggior parte della popolazione mozaraba; con il tempo però, aumentando le conversioni all'Islam, i cristiani furono costretti a fuggire o vennero esiliati in Africa settentrionale. Alla comunità ebraica fu invece affidata inizialmente la difesa delle mura di C., ma con gli Almoravidi e gli Almohadi agli ebrei venne imposta la conversione all'Islam o l'emigrazione verso i più tolleranti regni cristiani. Scomparvero così le importanti comunità ebraiche di C. e di Lucena.Nella città araba si distinguevano cinque grandi aree: la Medina, racchiusa dalla cerchia di mura antiche e divisa in due settori, di cui quello più a S si distendeva verso il fiume; il Rabāṭ di Shaqunda (la romana Secunda), distrutto da al-Ḥakam I nell'818 in seguito a una ribellione popolare; i quartieri occidentali, sorti nel sec. 9° ed estesisi nel 10° fino a superare altre zone urbane; i quartieri settentrionali, con tre zone situate alle pendici della Sierra fino quasi ad arrivare al palazzo di al-Ruṣafa; i quartieri della zona orientale (al-Sharqī), che costituirono in epoca tardomedievale il quartiere della Axerquia (od. Ajarquía). Tra questi quartieri e la Medina si trovavano giardini e cimiteri; dopo le distruzioni della fitna rimasero soltanto la Medina e l'Axerquia.Solo la Medina era cinta da mura difensive; intorno al quartiere dell'Axerquia esse furono erette solo tra il sec. 11° e il 12°; di questa cerchia restano lunghi tratti, ma tutte le porte andarono distrutte, a eccezione di Bāb al-Jawz, chiamata fin dal sec. 13° porta di Almodóvar. La conformazione urbanistica della Medina e dell'Axerquia si è mantenuta inalterata fino ai rinnovamenti di questo secolo e conserva ancora parte dei caratteri originari.Nel quartiere della Medina scomparve quasi completamente il tracciato urbanistico di epoca romana; la peculiare struttura della città islamica si distinse per l'assenza di un preciso piano di sviluppo, presentando una rete di strade, generalmente strette, brevi e dall'andamento irregolare e frammentario, da cui partivano, varcata una porta, vicoli ciechi che si spingevano verso l'interno degli isolati e sui quali si aprivano gli ingressi delle singole abitazioni. Nel groviglio viario della Medina è comunque ancora possibile individuare l'esistenza di tre assi principali, anch'essi segmentati in più tratti: i primi due seguono all'incirca le antiche direttrici del cardine e del decumano, mentre il terzo ha un andamento obliquo, che, partendo dal muro occidentale, termina nell'angolo sud-est della Medina.Nella zona sudoccidentale di questo quartiere, sul luogo del precedente palazzo visigoto, sorsero l'alcazar (Qaṣr Qurṭuba), centro e simbolo del potere, e, di fronte, la Grande moschea (al-Masjid al-Jāmi῾). Nella stessa zona, situata in prossimità di due porte e del porto fluviale, fu eretto anche il quartiere commerciale; in tal modo, nella parte sudoccidentale della Medina, erano riuniti i centri del potere civile, religioso ed economico della città. Altri mercati, spesso dotati di moschee e bagni propri, si trovavano al di fuori della cerchia muraria della Medina.Almeno tredici cimiteri erano ubicati in spazi aperti al di fuori delle mura; uno tra i più antichi e di più lungo uso fu quello fondato nella zona meridionale al di là del fiume, mentre il cimitero di Umm Salāma, a N della città, sarebbe stato quello di estensione e densità maggiori (Torres Balbás, 1957). Scarse sono invece le conoscenze per ciò che riguarda le singole sepolture, nessuna delle quali di tipo monumentale.La Grande moschea di C., che venne iniziata nell'agosto del 786, fu il simbolo religioso e politico dell'emirato prima e del califfato poi; il protrarsi della sua costruzione costituisce un documento dell'evoluzione dell'arte ispano-araba durante tre secoli, fino alla fase 'classica' della seconda metà del 10° secolo.L'edificio, a impianto quadrato (lato m. 79), era diviso in due metà uguali: la parte settentrionale costituiva il ṣaḥn, o corte, e aveva il minareto accanto all'ingresso, sporgente sulla strada, mentre la parte meridionale era la sala di preghiera. Questa sala era divisa da N a S in undici navate, di cui quella centrale, leggermente più larga, terminava nel miḥrāb, che si apriva al centro del muro della qibla. Ogni navata era coperta da un tetto a due spioventi, soluzione quasi unica nelle antiche moschee; così è ugualmente raro che nel sec. 8° le navate fossero perpendicolari al muro della qibla. Le navate risultano divise da un doppio ordine di arcate sostenute da colonne al piano inferiore e pilastri in quello superiore: sulle colonne si impostano archi a ferro di cavallo e sui pilastri archi a tutto sesto che poggiano sui pulvini delle sottostanti colonne; le ghiere degli archi sono costituite da sezioni alternate di pietra calcarea e laterizi, dando luogo a un effetto di policromia che è caratteristico di questa moschea; tutti i fusti, i pulvini e i capitelli delle colonne sono di spoglio. La struttura ad archi sovrapposti sostiene un largo muro divisorio al di sopra del quale, all'esterno, corre un canale per la raccolta delle acque piovane dai tetti.I muri perimetrali esterni, di pietre squadrate, sono a paramento liscio in corrispondenza della corte, mentre lungo i lati della sala di preghiera presentano dei pilastri addossati a sezione quadrangolare; tutti i muri sono coronati da merlature triangolari dentate. Sul lato occidentale della sala si apre il Bāb al-Wuzarā᾽ (od. porta di San Esteban), una delle più antiche porte monumentali dell'architettura islamica.Alla metà del sec. 9°, sotto 'Abd al-Raḥmān II, la sala di preghiera venne prolungata verso S di m. 27 ca.; anche qui colonne, capitelli e pulvini sono di spoglio, a eccezione di una parte dei capitelli, i più antichi rimasti in situ della Spagna musulmana. A questa stessa epoca appartiene l'edificazione del sābāṭ, un passaggio coperto sostenuto da un arcone che metteva direttamente in comunicazione la moschea con l'alcazar, al di sopra del livello della strada.La successiva fase costruttiva, all'epoca di 'Abd al-Raḥmān III, riguardò l'ingrandimento della corte, l'edificazione di un nuovo minareto e il rifacimento della facciata dell'oratorio verso la corte. Quest'ultima venne ampliata di m. 23 ca. verso N e munita su tre lati di un portico (riwāq) ad archi su colonne divisi da pilastri in gruppi di tre.Nel 951-952 sul nuovo muro perimetrale nord venne innalzato, accanto all'ingresso centrale, un nuovo minareto, avvolto per motivi statici nel sec. 16° da un involucro in muratura. Questo minareto, costituito da una torre a base quadrata (lato m. 8,50 ca.; altezza m. 30,80 ca.), in origine era sormontato da un corpo di diametro minore - oggi non più esistente - coperto a cupola e terminante con tre sfere sovrapposte, con le quali la struttura raggiungeva l'altezza di m. 47. Nella parte superiore di ogni faccia della torre si trovano due ordini di finestre (due bifore sui lati sud e nord, una trifora su quelli est e ovest) e più in alto un'archeggiatura cieca a nove piccoli fornici. All'interno il minareto era diviso da un muro verticale che rendeva le due parti, ciascuna provvista di una scala propria, indipendenti e non comunicanti. La facciata della sala di preghiera verso la corte, datata al 346 a.E./958 da un'iscrizione ancora in situ, venne eretta a rinforzo di quella precedente e presenta undici grandi archi con capitelli a foglie lisce.Un ulteriore ampliamento si ebbe con al-Ḥakam II, che fece prolungare ancora verso S la sala di preghiera; i lavori si conclusero nel luglio 966 e le maestranze che li eseguirono furono le stesse fino a poco prima attive nella moschea di Madīnat al-Zahrā', residenza califfale nei pressi di Córdova. Come nelle fasi precedenti, le undici navate sono divise da arcate doppie; sulle nuove colonne dai fusti di colore azzurro-nerastro e rosaceo si alternano rispettivamente capitelli corinzi e compositi. I tetti lignei, formati da lunghi pannelli dipinti, furono sostituiti da volte all'inizio del sec. 18°, ma nel 20° i pannelli originari sono stati parzialmente rimessi in opera insieme ad altri di fattura moderna.Nello spazio delle tre campate iniziali della nuova navata centrale si innalza un lucernario, coperto da una cupola sostenuta da otto arcate che, incrociandosi, danno origine a nervature e ad altri spazi che a loro volta sono coperti da cupole di minore ampiezza. Su tre dei quattro lati le arcature di sostegno sono costituite da archi polilobati, decorati con motivi fitomorfi a rilievo e colonnine. Nel resto della navata i pilastri al di sopra della prima serie di arcate sono ornati con rilievi geometrici in stucco. Lo stesso genere di cupola, con il medesimo sistema di archi intrecciati (Ewert, 1968), si ritrova nei tre ambienti posti in fondo alle navate centrali, verso il muro della qibla, di fronte al miḥrāb e alle camere a esso affiancate; tali ambienti formano, con il miḥrāb, la zona della maqṣūra, destinata esclusivamente al califfo e agli officianti. La decorazione musiva di questa zona fu probabilmente compiuta nel 971 da artisti fatti giungere, su richiesta del califfo, da Costantinopoli (Ocaña Jiménez, 1976). Il miḥrāb e le stanze laterali sono ricavati nello spazio tra la qibla e il muro perimetrale meridionale. Il miḥrāb, che presenta pianta poligonale e volta a forma di conchiglia, ha le pareti interne decorate con arcate cieche, modanature e cornici marmoree di derivazione classica e con motivi vegetali ed elementi epigrafici a rilievo. All'ingresso si trovano due coppie di colonne sulle quali sono posti i capitelli che ornavano il distrutto miḥrāb di 'Abd al-Raḥmān II.Negli anni 987-988, sotto al-Manṣūr, la moschea subì un ultimo ingrandimento, questa volta sul lato E, raggiungendo così le dimensioni attuali. Nelle otto nuove navate venne ripetuta l'originaria soluzione degli archi sovrapposti, con capitelli e pulvini simili a quelli dell'ampliamento di al-Ḥakam II; anche la decorazione all'esterno delle sette nuove porte della sala di preghiera si rifece a modelli dello stesso periodo.Gli ultimi lavori di epoca islamica si limitarono alla costruzione di un alto lucernario, sostenuto da sottili archi polilobati incrociati tra di loro e coperto da una cupola, a E di quello elevato da al-Ḥakam II nelle campate iniziali della navata centrale. Nel giugno 1236 la moschea venne trasformata in chiesa e rimase inalterata nella struttura fino ai lavori del 16° secolo.Il minareto che oggi costituisce il campanile della chiesa di San Juan è la più antica testimonianza storico-archeologica della presenza di un'altra moschea all'interno della Medina (Hernández Jiménez, 1975, pp. 134-155); costruito con pietre squadrate, ha la porta d'accesso sul lato sud-est e su tutte le facce presenta bifore, tutte cieche tranne quella sudorientale; in alto è visibile un fregio con archetti ciechi. La datazione più probabile può essere fissata tra gli ultimi decenni del 9° e i primi del 10° secolo.Un'altra moschea nella Medina, dove oggi sorge il monastero tardomedievale di Santa Clara, a pianta rettangolare, aveva il lato lungo di N-E prospiciente la via Rey Heredia, strada diagonale sulla quale si trovano la moschea e il minareto di San Juan; entrambe le moschee avevano l'asse orientato a S-E. Il minareto, datato all'ultimo terzo del sec. 10° o ai primi anni dell'11° (Hernández Jiménez, 1975, pp. 203-208), si innalza nell'angolo nordorientale e presenta strutture originarie, all'esterno fino all'altezza di m. 9 e all'interno di m. 11. Il paramento murario esterno di questa moschea è conservato fino a m. 6.Nell'od. chiesa tardomedievale di Santiago nell'Axerquia si trovano i resti di un minareto, visibili sia sul perimetro esterno per un'altezza di m. 9, probabile livello della terrazza del muezzin, sia all'interno per un'altezza maggiore. Il più antico minareto conosciuto di C. è datato agli anni 840-870; della moschea invece è noto soltanto l'orientamento della qibla verso S, come nella Grande moschea (Hernández Jiménez, 1975, pp. 181-190).Le anomale strutture sulle quali si innalza il campanile della chiesa tardomedievale di San Lorenzo nell'Axerquia sono generalmente interpretate come pertinenti a un minareto e l'ipotesi che la chiesa sia sorta su una precedente moschea sembra confermata da un'epigrafe rinvenuta nelle vicinanze del campanile, in cui si citano lavori fatti eseguire in una moschea, tra il 971 e il 976, da Mishtāq, moglie di al-Ḥakam II.Il palazzo più importante di C. era l'alcazar dei sovrani, situato sul luogo del precedente palazzo del Governatore visigoto, nell'angolo sud-ovest della cinta muraria della Medina, vicino al fiume e alla Grande moschea. Si suppone che questo palazzo si estendesse su una superficie quadrangolare i cui lati dovevano essere lunghi m. 225 e m. 130, anche se non si può escludere un'ampiezza maggiore. Fonti arabe hanno tramandato il nome di almeno otto porte e dieci edifici, tra sale e padiglioni, che si trovavano all'interno dell'alcazar, eretti di volta in volta dai diversi sovrani saliti al trono. La facciata principale era rivolta a S, dove si apriva la porta più importante (Bāb al-Sudda), sormontata da una tribuna dalla quale si assisteva a parate militari, esecuzioni e raduni popolari. Sulla stessa facciata più a O era posto il Bāb al-Rawḍa (od. porta dei Giardini) in corrispondenza dei giardini interni. Dell'antica costruzione rimangono visibili le mura turrite dei lati nord ed est. Gli scavi (Vicent Zaragoza, 1973) hanno liberato parzialmente il muro settentrionale e rivelato inoltre resti di grossi muri con zoccoli e pavimenti rivestiti di stucco dipinto di rosso, senz'altro parte di uno dei padiglioni del complesso. A O di questo settore sono stati rinvenuti alcuni ambienti di un bagno del palazzo che, nonostante non sia stato ancora del tutto scavato, presenta la disposizione tipica di questi impianti (calidarium, tepidarium, ecc.), con coperture a volte, camere di disimpegno e decorazioni in stucco dipinte.Emiri, califfi, principi e alti dignitari possedevano nei dintorni di C. aziende rurali che spesso divennero veri e propri lussuosi palazzi; queste tenute erano molto numerose, e in certi casi diedero il nome ai quartieri che vi si formarono intorno.Nella tenuta agricola di El Alcaide, a km. 5,5 a O delle antiche mura di C., nel 1957 venne promossa una campagna di scavo in seguito alla casuale scoperta di numerosi frammenti, di eccellente qualità artistica, di piccole lastre in stucco decorato destinate a servire come rivestimento parietale; negli scavi non si poterono recuperare tracciati murari ma vennero ritrovati altri frammenti della decorazione. Si ritiene che questi resti debbano essere identificati con quelli del palazzo al-Nawra, iniziato dall'emiro ῾Abd Allāh nell'867 e abbellito da suo nipote 'Abd al-Raḥmān III e forse anche da al-Ḥakam II. I confronti di tali frammenti con quelli della Grande moschea e di Madīnat al-Zahrā' permettono di datare queste decorazioni all'epoca di 'Abd al-Raḥmān III, in particolare agli anni 957-961. Il lavoro degli archeologi ha permesso di ricomporre l'intero schema decorativo di uno dei saloni e quindi di risalire alle misure dell'ambiente (m. 165,80; altezza m. 8) e all'alzato delle quattro pareti, che avevano aperture ad arco comunicanti con ambienti laterali.Nel 1910-1911 sono state rinvenute a pochi chilometri da C. cospicue tracce di un edificio dotato di grandi giardini su quattro terrazze, nonché alcune lastre, due vasche, un capitello frammentario con teste di leoni e una tazza metallica con iscrizione (Córdova, Mus. Arqueológico Prov.). Il luogo venne identificato inizialmente con la Āmiriyya di alManṣūr (Velázquez Bosco, 1912), tuttavia più probabilmente si tratta della Rummāniyya donata ad al-Ḥakam II nel 973, ma fatta edificare dal suo tesoriere Durrī al-Saghīr nel 965-966 (Ocaña Jiménez, 1984).A una distanza di km. 2 ca. a N-O delle mura della Medina, in località Turruñuelos, si trovano i resti interrati di una grande tenuta (ha 16 ca.) di forma quasi quadrata e circondata da mura. Un saggio di scavo (1964) ha consentito il rilevamento di una stanza con grossi muri in pietra e con all'interno ceramiche e due capitelli databili alla seconda metà del 10° secolo. Nei giardini dell'alcazar dei re cristiani, situato a S-O di C., al di fuori delle antiche mura urbane ma non lontano dall'alcazar arabo, sono stati scoperti (1961) muri, pavimenti, resti di colonne e capitelli, frammenti di iscrizioni e di lastre decorate, probabilmente appartenenti a un palazzo dell'epoca di 'Abd al-Raḥmān III o di al-Ḥakam II, che però si è tentato di identificare con l'inespugnabile alcazar del Bostàn o con la dimora di Mughīth al-Rūmī, conquistatore di C. nel 711.Nel 978-979 a pochi chilometri a E di C. venne eretta, non lontano dal fiume, la Madīnat al-Zāhira, la nuova cittadella politica e amministrativa di al-Manṣūr, che vi abitava con la famiglia. Si trattava di una serie di edifici di varia destinazione (per es. caserme, magazzini, stalle), distrutti nel 1009 in modo talmente radicale da impedire oggi l'individuazione del luogo esatto nel quale sorgevano. Fu risparmiata soltanto una vasca di marmo scolpita con alcuni rilievi e un'iscrizione del 377 a.E./987-988 (Madrid, Mus. Arqueológico Nac.).La produzione scultorea del periodo islamico è costituita quasi esclusivamente da elementi architettonici decorati e da lastre parietali con rilievi poste all'interno e all'esterno degli edifici; in particolare è da ricordare il Bāb al-Wuzarā᾽ (od. porta di San Esteban) nella Grande moschea. Inoltre tra i rari esempi di scultura figurata è notevole un elefante in pietra proveniente da Escarabita oggi al Mus.-Tesoro Catedralicio (López-Cuervo Estéve, 1983, fig. 97). Pittura e mosaici sono anch'essi strettamente legati all'architettura, poiché spesso le pareti venivano stuccate e dipinte sia per simulare un paramento murario a conci regolari, come nelle mura urbiche di C., a Madīnat al-Zahrā' o nella fortezza di El Vacar, sia per arricchire l'ambiente con motivi fitomorfi e geometrici, per es. nella Grande moschea, nel ponte di Valdepuentes e ancora a Madīnat alZahrā'. Decorazioni in marmo e cotto a motivi geometrici ornano la facciata del sec. 10° della Grande moschea e resti di mosaici, risalenti all'epoca di al-Ḥakam II, sono conservati al suo interno e nell'alcazar di Madīnat al-Zahrā'.Sono da considerare tra gli oggetti d'arte più importanti prodotti a C. nell'epoca califfale i cofanetti in avorio spesso offerti in dono dai califfi stessi o da alti dignitari a personalità di riguardo, come si evince dalle iscrizioni, che in alcuni casi riportano data, luogo di esecuzione e nomi degli artisti. Si contano ca. una ventina di esemplari di questi cofanetti, che possono essere divisi in due gruppi: a forma rettangolare con coperchio piatto o a piramide tronca e a forma cilindrica con coperchio cupoliforme. Tra gli esemplari più notevoli si segnalano il c.d. cofanetto di Zamora, del 964 (Madrid, Mus. Arqueológico Nac.), lo scrigno di Pamplona, del 1005 (Pamplona, Mus. de Navarra), e la pisside del duomo di Braga, anch'essa del 1005. Nella decorazione di questi oggetti prevalgono gli elementi fitomorfi, ma dalla seconda metà del sec. 10° compaiono pure animali o figure umane, talvolta entro medaglioni.A C. furono prodotte a partire dal sec. 10° anche opere di ebanisteria di altissima qualità, come il soffitto intagliato e dipinto della Grande moschea, il cui minbar, distrutto nel sec. 16°, fu tanto ammirato da costituire il modello di altri simili, come quello del sec. 12° ora nella moschea Kutubiyya di Marrakech e quello del 1144 della moschea Qarawiyyīn di Fez.Tra le opere in bronzo di epoca califfale occorre ricordare un getto di fontana a forma di daino, al Mus. Arqueológico Prov., opera delle officine di Madīnat al-Zahrā' ispirata a modelli persiani, e un piccolo cervo dorato ora a Madrid (Mus. Arqueológico Nac.). Questa produzione in bronzo comprende inoltre diversi oggetti, come bruciaprofumi, lucerne, boccali, candelabri, secchielli. Alcune lamelle di ottone dorato con decorazione fitomorfa, rinvenute a Madīnat al-Zahrā', testimoniano l'uso di ricoprire le porte lignee con lamine sovrapposte a squame.Numerosi tesori del periodo islamico, costituiti da monete e da oggetti vari, sono stati rinvenuti nella regione di C.; molti dei materiali ritrovati, in gran parte dell'inizio del sec. 11°, sono conservati a C. (Mus. Arqueológico Prov.), ma vanno anche ricordati quelli di Baltimora (Walters Art Gall.), di Londra (Vict. and Alb. Mus.), di Madrid (Ist. de Valencia de Don Juan), oltre a quelli scoperti nel castello e nel Cortijo de la Mora di Lucena.A partire dal sec. 9° iniziò un'importante produzione di tessuti di lusso. Sicuramente attribuibili a questo ṭirāz sono l'almaizar di Hishām II (Madrid, Real Acad. Historia), lunga striscia di seta e lino con il nome del califfo ricamato sui bordi e con motivi vegetali alternati a medaglioni ottagonali con uccelli e figure umane, e un frammento di panno con pavoni inseriti in medaglioni circolari (Madrid, Ist. de Valencia de Don Juan), che presenta nei motivi fitomorfi forti affinità con le contemporanee decorazioni a rilievo scolpite nella Grande moschea di C. e a Madīnat al-Zahrā'.Ceramiche di epoca islamica, invetriate e non invetriate, sono state rinvenute negli strati più superficiali degli scavi urbani e in alcuni pozzi di scarico rimasti attivi fino al sec. 19°; i reperti più utili alla definizione di una precisa cronologia sono quelli ritrovati nella cittadella di Madīnat al-Zahrā'. Vanno ricordate tra questi le ceramiche invetriate a lustro metallico, probabilmente di fattura orientale, datate ai secc. 9°-10° (Ettinghausen, 1954), conservate in parte a C. (Mus. Arqueológico Prov.) e in parte a Madrid (Ist. de Valencia de Don Juan). Abbondante è la c.d. ceramica verde e manganese, prodotto di lusso tipico del periodo califfale, con sfondo bianco e decorazioni geometriche, fitomorfe o zoomorfe, raramente umane, di colore verde e nero oppure bruno scuro.
La città sorge a km. 7 a O delle mura della Medina di C., in un luogo chiamato in precedenza Qurqurit. Fondata nel 936, o più probabilmente nel 940-941, dal califfo 'Abd al-Raḥmān III per motivi di prestigio politico, fu residenza anche di al-Ḥakam II e di Hishām II; sotto quest'ultimo, per iniziativa del dittatore al-Manṣūr, nel 980-981 a Madīnat al-Zāhira fu trasferita la capitale.Del rinomato splendore dei suoi edifici si ha oggi solo una vaga idea poiché venne saccheggiata e distrutta nel 1010-1011 e preziosi materiali furono dispersi in diverse città della Spagna e dell'Africa settentrionale. Restarono in situ, benché staccate e frantumate, le lastre del rivestimento decorativo dei muri, per mezzo delle quali si sono potute ricomporre intere pareti, tra cui quelle del c.d. Salón Rico di 'Abd al-Raḥmān III. Altri materiali emersi dagli scavi e non restituiti alle loro originarie funzioni sono conservati per la maggior parte nei magazzini del monumento e a C. (Mus. Arqueológico Prov.).La città, di pianta rettangolare (m. 1500750), con l'asse maggiore in direzione E-O, è divisa in due grandi aree, di cui quella a N, costruita su una serie di terrazzamenti e in posizione più elevata, comprendeva gli edifici più rappresentativi. Lungo tre lati corre una doppia cerchia muraria e sul lato nord un unico e robusto muro, nel quale si apre la porta di ingresso all'alcazar; un'altra porta (Bāb al-Ṣūra) era all'ingresso principale della Medina.Il periodo di edificazione della città, quaranta anni ca. dalla fondazione al trasferimento della capitale (980-981), può essere suddiviso in quattro fasi. Nella prima (936/940-945) venne stabilita la planimetria generale, si iniziò la costruzione della cinta muraria in prossimità dell'alcazar, delle vie di accesso alla città e dell'acquedotto, del palazzo di residenza di 'Abd al-Raḥmān III (Dār al-Mulk) e venne eretta e aperta al culto la moschea; la seconda fase (945-950) vide il trasferimento da C. del califfo e l'inizio dell'attività della zecca (Dār al-Sikka); in seguito (951-961) si ebbe la risistemazione di parti dell'alcazar con la costruzione del c.d. Salón Rico, di un nuovo bagno con più ambienti annessi e del c.d. Salón de Don Ricardo; infine (961-975) venne terminata la decorazione del bagno e della casa del Cortile della vasca, venne costruita la c.d. casa di Ja῾far e si ebbero una nuova sistemazione e l'abbellimento del palazzo di 'Abd al-Raḥmān III.L'alcazar occupa la parte più alta e protetta della città; cinto da mura proprie e con almeno una porta (Bāb al-Sudda) in comunicazione con il resto della Medina, comprendeva la residenza del sovrano e di alti dignitari, i palazzi del governo e alcuni saloni di rappresentanza. All'estremità orientale si trova un lungo porticato (m. 60 ca.) costituito da quindici grandi arcate, ripristinate solo parzialmente, di fronte al quale si apre un vasto piazzale; dall'arcata centrale ha inizio una via che conduce verso il più grande salone finora emerso dagli scavi, il c.d. Salón de Don Ricardo, a pianta rettangolare, diviso in cinque navate precedute da un atrio e identificato soltanto dubitativamente con la Dar al-Jund.Nella zona più vicina alle mura si trovano, disposti l'uno accanto all'altro da E a O, tre grandi cortili con ambienti adiacenti e nel punto più alto il palazzo di ῾Abd al-Raḥmān III. La residenza del califfo ha un salone centrale di forma rettangolare affiancato su tre lati da due stanze e un cortile; a S il salone comunica con un altro più grande con due ambienti adiacenti; un terzo salone presenta la stessa disposizione. A questa zona, costituita dalle tre sale disposte parallelamente l'una all'altra, si affiancano a E un'ala con un bagno e altre stanze. La c.d. casa di Ja῾far (Hernández Jiménez, 1985, pp. 67-71; Vallejo, 1990, pp. 131-134), primo ministro di al-Ḥakam II, è una grande dimora che si struttura intorno a tre cortili - con funzione rispettivamente di abitazione, di servizio e di rappresentanza - l'ultimo dei quali di impianto basilicale, con atrio e tre navate; il bagno della casa, con frigidarium, tepidarium, calidarium, presenta un'elegante decorazione marmorea con rilievi ed epigrafi che lo datano agli anni 961-962.Eretto al centro del limite meridionale dell'alcazar, il c.d. Salón Rico, scoperto da Hernandez nel 1943, prospetta a S su un grande giardino, costruito su una terrazza artificiale, al centro del quale si trova un salone minore. Il padiglione è a cinque navate: le tre centrali sono divise da due serie di sei arcate su sette colonne, mentre le due più esterne comunicano con quelle adiacenti attraverso un'unica ampia apertura nel muro. L'atrio, prolungato sui lati est e ovest da due piccole stanze, comunica sia con le navate sia con il giardino mediante arcate su colonne. Diverse iscrizioni poste su elementi architettonici riportano i nomi di alcuni artisti e le date 342 a.E./953-954 e 345 a.E./956-957 (Ocaña Jiménez, 1945; Pavón Maldonado, Sastre, 1969, pp. 169-171).La decorazione del salone, costituita soprattutto da rilievi in marmo e in pietra, rappresenta un insieme organico, parte di un preciso programma probabilmente ideato da una sola persona. Gli elementi architettonici portanti (capitelli, basi delle colonne, pilastri) sono in marmo; i capitelli sono di tipo composito e corinzio, hanno proporzioni classiche e ripetono motivi bizantini con un'accurata lavorazione a trapano; le basi delle colonne e i pilastri sono ispirati anch'essi a tipi bizantini, anche se la presenza di alcuni motivi (per es. l'albero della vita) riporta piuttosto a un ambito orientale; soltanto i pulvini avevano un'ornamentazione dipinta, ora perduta (Hernández Jiménez, 1985, pp. 92-93). La decorazione di archi e muri è invece costituita da lastre di rivestimento in calcare; sui muri, al di sopra dello zoccolo marmoreo, si trovano pannelli rettangolari di misure diverse con una sorta di albero della vita i cui girali, partendo dal basso, occupano tutto lo spazio delle lastre e sostengono elementi fitomorfi semplici o riuniti a formare piccole composizioni.L'importanza architettonica del Salón Rico è costituita dall'adozione per la prima volta dell'impianto basilicale con navate, atrio e cortile antistante; lo schema venne ripetuto poi per ambienti di riguardo o di rappresentanza.Appartengono al complesso di questo salone anche il grande giardino antistante e il c.d. padiglione centrale (López-Cuervo Estéve, 1983, pp. 112-116; Hernández Jiménez, 1985, pp. 59-64). Il giardino alto è una terrazza artificiale circondata su tre lati da alte mura con torri con funzione di difesa e di sostegno del terreno di riporto. Una grande vasca a N e altre tre circondano il c.d. padiglione centrale, costituito da una struttura basilicale con atrio a N e tre navate poste lungo l'asse nord-sud. La decorazione è del tutto simile a quella del vicino e probabilmente contemporaneo Salón Rico. A O di quest'ultimo un passaggio in discesa conduce al giardino basso, un ampio spazio con piscine e giardini separati da canali (López-Cuervo Estéve, 1983); a E, sul lato opposto, sono visibili le stanze disposte intorno a piccoli cortili e gli impianti del bagno personale del califfo, decorato da lastre di marmo del 958-960 (Vallejo, 1987). Da qui si sale, verso N, a una zona le cui strutture indicano una nuova residenza di 'Abd al-Raḥmān III, costituita da ambienti aggregati intorno al c.d. cortile degli orologi.Costruita al di fuori delle mura dell'alcazar, ma accanto a esse, la moschea di Madīnat al-Zahrā' sembra aver costituito un elemento di unione tra il potere del califfo e la popolazione; aperta al culto nel 941, conserva un'iscrizione la cui data 944-945 indica forse l'epoca in cui ebbero termine i lavori e la qualifica come la più antica costruzione della città. A pianta rettangolare, con l'asse rivolto verso la Mecca, la moschea ha un cortile porticato su tre lati e il minareto posto accanto all'ingresso; la sala di preghiera è a tre navate perpendicolari alla qibla, con la maqṣūra vicina al miḥrāb; dietro la qibla è un passaggio attraverso cui si accede alla maqṣūra.Gli scavi hanno indagato soltanto un terzo del settore settentrionale, al centro del quale si innalzano le strutture dell'alcazar. I rilevamenti topografici (López-Cuervo Estéve, 1983, p. 11) effettuati a E e a O della zona scavata hanno mostrato l'esistenza di muri ad andamento parallelo rispetto al muro settentrionale dell'alcazar; tra questi spiccano a E le strutture di un edificio rettangolare, che sarebbe da identificare con il c.d. padiglione orientale. Attraverso i rilevamenti è possibile anche suddividere la parte di città al di fuori dell'alcazar in cinque settori ben individuabili (López-Cuervo Estéve, 1983), al centro dei quali si trovano i muri di un edificio rettangolare orientato verso la Mecca, forse un'altra moschea.L'acquedotto di Valdepuentes, di origine romana, venne ripristinato per provvedere al rifornimento idrico della città di nuova fondazione (Ventura Villanueva, 1993). Prende il nome dal ponte di Valdepuentes (m. 26), costruito su tre arcate in pietra stuccata e dipinta con motivi fitomorfi e geometrici.
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