CORDIER (Cordieri), Nicolas, detto il Franciosino
Nacque a Saint-Mihiel, presso Nancy, intorno all'anno 1567. Dai documenti conservati nell'archivio del duca di Lorena (Nancy) risulta che egli imparò la scultura a Saint-Mihiel, dove fioriva la bottega dei Richier, una delle più prestigiose di tutta la Lorena, nella quale si scolpiva indifferentemente la pietra e il legno. Da un pagamento del 25 sett. 1592 risulta che aveva eseguito una credenza ("così bella e riccamente ornata che Sua Altezza [Carlo III] la fece portare immediatamente nel suo studio" (Pressouyre, 1974). Probabilmente alla fine dello stesso anno il C. lasciò la Lorena - dove non ritornò più - e con una somma di danaro donata dal duca si recò a Roma dove si trovava certamente nel luglio 1593, quando risulta un ultimo versamento di danaro da parte del duca, da spedire a "Nicolas Cordier, scultore a Roma" (ibid.).
L'attività nei primi anni del soggiorno a Roma non è documentata. Il Baglione (1642) che riconosceva al C. grande competenza tecnica, ricorda che, da giovane, il Franciosino "diedesi ad intagliare in legno e fabricò molte figure con buon gusto"; come molti nordici, quali ad esempio il Duquesnoy, si fece quindi conoscere, in un primo tempo, come intagliatore in legno. Contemporaneamente, egli praticava gli esercizi consigliati ai giovani artisti e copiava i capolavori di Roma frequentando assiduamente le accademie.
Nel 1600 era diventato un vero professionista: il suo nome appare allora nei registri dei conti della Camera apostolica insieme con quelli dei primi statuari di Roma. In quello stesso anno, per il giubileo, Clemente VIII rinnovò completamente l'ornamento del transetto di S. Giovanni in Laterano. Nove Angeli monumentali di marmo facevano parte della decorazione disegnata da Giacomo Della Porta: il C. eseguì quello sulla parete a sinistra dell'altare del Sacramento, che è la prima sua scultura conosciuta a Roma. Tutti gli autori, però, dal Baglione in poi, citano, in testa all'elenco delle opere del C., le statue di S. Pietro e S. Paolo sulla facciata della chiesa di S. Paolo alle Tre Fontane, eseguite nel 1599, durante il restauro ordinato dal cardinale Pietro Aldobrandini; ma dai conti del cardinale risultano pagate ad Ippolito Buzio e questo è confermato dall'analisi stilistica. Tali confusioni tra le opere del C. e quelle degli scultori a lui contemporanei sono frequenti e difficili da appianare; ma, almeno, abbiamo un sicuro termine post quem nella data del suo arrivo a Roma: perciò nessuna scultura romana anteriore al 1592 può essere di sua mano.
I conti privati del cardinal Baronio (Brummer, 1974) attestano che il C. eseguì nel 1602, su commissione del cardinale stesso, la statua di S. Gregorio nell'oratorio di S. Barbara della basilica di S. Gregorio al Celio.
È stata molto discussa l'affermazione del Baglione (1642, p. 115), secondo la quale il C. utilizzò per questa statua "un abbozzo di Michelangelo, per formarne un Papa". La cosa è in realtà credibile, perché di fatto la concezione generale della statua e l'atteggiamento del personaggio appaiono michelangioleschi, d'altra parte si sa che, alla morte di Michelangelo, erano rimasti nel suo studio diversi abbozzi, tra cui uno rappresentante un papa seduto.
Sempre per S. Gregorio, il C. scolpì una statua di S. Silvia madre di s. Gregorio, su richiesta ancora del Baronio: l'ultimo pagamento all'artista venne effettuato dal cardinale il 22 ott. 1604 (Brunimer, 1974). Nel frattempo il Franciosino aveva terminato parecchie statue per la cappella gentilizia degli Aldobrandini in S. Maria sopra Minerva: la Carità, posta sulla tomba di Lesa Deti Aldobrandini (bozzetto di bronzo nel Victoria and Albert Museum di Londra), un S. Sebastiano, alto quasi due metri, risultante già in loco dalla stima del 10 sett. 1604 (il documento, definendolo "di marmoro nuovo" [Pressouyre, 1971] smentisce l'ipotesi che fosse stato, in origine, abbozzato da Michelangelo: A. Parronchi, Opere giovanili di Michelangelo, II, Firenze 1975, pp. 163 s.), e la statua giacente di Silvestro Aldobrandini, padre di Clemente VIII; in quanto alla statua simmetrica della madre, Lesa Deti, il C. la portò a termine solo dopo la morte del papa, nel 1605.
Dopo la morte di Clemente VIII, il C. fu scultore di Paolo V.
Nei palazzi vaticani lasciò uno dei due Angeli che sormontano la porta degli Svizzeri (1608-1609), e due fontane, oggi sparite, nei giardini (1609). A S. Maria Maggiore è suo un Angelo reggistemma sulla facciata della nuova sagrestia (1607-1608); e nella cappella Borghese, ordinata da Paolo V, sono documentate (Dorati, 1967) quattro statue colossali di sua mano (1609-1612): Davide, Aronne, S. Bernardo di Chiaravalle e S. Dionigi l'Areopagita (chiamato erroneamente "San Basilio" o "Sant'Atanasio" da vari autori). Nel dicembre 1608, due busti degli apostoli Pietro e Paolo vennero pagati al C. dal cardinale Scipione Borghese: erano destinati alla "platonia" di S. Sebastiano fuori le Mura dove si diceva che i corpi dei due santi fossero stati trasferiti durante le persecuzioni di Diocleziano.
Altri lavori sono elencati nei conti del cardinale Borghese (Pressouyre, 1968 e 1969; Faldi, 1954). Per lui, il C. attese a restaurare marmi antichi: restituì, per esempio, le tre teste al gruppo famoso delle Grazie Borghese, oggi conservato nel Museo del Louvre (Pressouyre, 1968). Avvezzo alla tecnica del restauro di opere antiche, ai raccordi e agli incastri, il Lorenese praticava, come gli altri artisti romani di quell'epoca, una scultura policroma, mischiando pietre di vari colori. È abbastanza celebre la S. Agnese che scolpì, intorno al 1604-1605, per il cardinale Alessandro de' Medici, tuttora nella basilica di S. Agnese fuori le Mura, sull'altare maggiore rifatto nel 1614.
Il torso, dall'attaccatura del collo fino al ginocchio, è di alabastro orientale, proveniente da una statua antica. Il Franciosino l'ha completato con pezzi di bronzo dorato: testa, mani e tunica. Una statua policroma della raccolta Borghese, conosciuta sotto il nome di Zingarella, è composta in modo identico, partendo da un torso antico di marmo bigio: la testa, le mani ed i piedi sono, questa volta, di bronzo scuro. Lo stile delle parti nuove è proprio quello del Cordier.
Nella sua descrizione in versi della Galleria Borghese, S. Francucci nel 1613 (Pressouyre, 1969) ha segnalato un Moro del C.; ampiamente menzionato nelle guide antiche della villa Pinciana, anche se senza nome dell'autore, fu comprato nel 1808 da Napoleone al principe Borghese, con il gruppo delle Tre Grazie e altre numerose opere, e si trova oggi nel palazzo di Versailles. Un frammento di alabastro fiorito, forse antico, costituisce il torso vestito; le carni sono eseguite in paragone, in modo da imitare il colorito scuro e lucido di un africano.
Il C. dava anche modelli di cera per opere di bronzo. Nel 1605 fu pagato (Pressouyre [1978], 1981) insieme con O. Censore, fonditore del papa, per una "ferrata" pregevole: era destinata all'ornamento dell'altare di S. Pietro in Vaticano ma, dopo qualche anno, fu incorporata alla grata della cappella dei Pallii, nella Confessione. Nel novembre 1606, il C. s'impegnò a fare il modello della statua di Enrico IV di Francia, che i canonici di S. Giovanni in Laterano avevano deciso di erigere all'entrata della chiesa.
Il getto fu eseguito nel 1608 dal fonditore De' Rossi, suo amico (i documenti in Pressouyre, 1978 e 1983). L'ultima opera del Franciosino che conosciamo è il Paolo V di bronzo, collocato sulla piazza principale di Rimini. Il modello di cera, di pari grandezza, fu fatto a Roma dal C., ma il getto fu eseguito da Sebastiano Sebastiani a Recanati. Il trasporto si fece via mare: l'imbarco delicato del modello fu segnalato negli Avvisi sacri, nel gennaio 1612.
Il C. era ormai diventato a Roma un artista molto rinomato e onorato. Una domenica di marzo del 1604, il papa Clemente VIII si fece portare all'improvviso dal C., a via de' Pontefici. Questa visita del papa alla casa di un semplice scultore non passò inosservata. I cronisti degli Avvisi s'impadronirono dell'avvenimento e, nel 1642, il Baglione se ne ricordava ancora; come pure ricordava che Paolo V si fermava a S. Maria Maggiore, mentre il C. scolpiva le quattro statue per la cappella Paolina. Il Franciosino fu membro dell'Accademia di S. Luca, della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon e dell'Università dei Marmorari.
Nel maggio 1607, nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina, il C. sposò Cleria, figlia di Muzio Quarta (o De Quartis), scalpellino a via del Corso; un anno dopo, gli sposi andarono ad abitare in via della Vite. Ebbero un figlio, Giovanni Pietro (1608-1643), che fu anche lui scultore (Pressouyre, 1978) ma non se ne conoscono opere.
Il C. morì nel 1612 "in fresca età di 45 anni" (Baglione), preceduto di pochi mesi dalla moglie; fu sepolto nella chiesa del convento francese di Trinità dei Monti, il 24 nov. 1612.
Aveva cominciato da poco, per la cappella Barberini a S. Andrea della Valle, una statua di S. Giovanni Battista che non finì mai. D'altronde, il Baglione parla di una Galatea del C. fusa da Orazio Censore per una fontana, ora distrutta, del palazzo Borghese (oggi Pallavicini-Rospigliosi). Dopo la sua morte, si fece l'inventario dei suoi beni che registra abbozzi, modelli e anche statue e ritratti di cui non sappiamo niente.
La carriera del C. era stata breve ma intensa. Ciò che più appare evidente nelle sue opere è lo sforzo deliberato di estraniarsi dalle formule manieristiche, utilizzando il colore, i mezzi chiaroscurali, gli atteggiamenti dinamici, la vena realistica. Fu uno degli artisti che più contribuirono all'invenzione di un nuovo linguaggio formale e alla concezione dell'arte barocca, se non proprio alla sua realizzazione.
Nel 1630, un altro Nicolas Cordier, scultore, lavorava a S. Pietro, nella cerchia del Bernini: era anche lui nato a Saint-Mihiel, nella stessa famiglia. A questo titolo egli rivendicò a Roma, nel 1649, l'eredità del C., la cui discendenza diretta si era appena estinta colla nipotina Anna Cordier. Lo stesso anno, se ne andò a Stoccolma, dove scolpì per conto del re Carlo X Gustavo: vi morì nel 1667.
Fonti e Bibl.: Tutti i docc. e la bibl. completa in Pressouyre, 1983; ma v. in partic.: G. Baglione, Le Vite..., Roma 1642, pp. 114-116; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma, Milano 1881, II, pp. 107 s.; Id., Artisti francesi in Roma, Mantova 1886, pp. 159 s.; G. Sobotka, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, Leipzig 1912, pp. 401-403;P. Fiel, Un sculpteur lorrain à Rome, N. C., in Le Pays Lorrain, 1933, pp. 97-111;A. Venturi, Storia dell'arte ital., X, 3, Milano 1937, pp. 642 s.; A. Riccoboni, Roma nell'arte, Roma 1942, pp. 111-115; J. Hess, Michelangelo and C., in The Burlington Magazine, LXXXII (1943), pp. 55-65; C. de Tolnay, Michelangelo,III, Princeton 1948, pp. 173-175; IV, ibid. 1954, pp. 15, 72, 143;I. Faldi, Galleria Borghese. Le sculture, Roma 1954, pp. 14, 48 s.; S. Pressouyre, N. C., sculpteur du pape (1567-1612), thèse de l'Ecole du Louvre, Paris 1966;C. D'Onofrio, Roma vista da Roma, Roma 1967, pp. 65 s., 416 s.; M. C. Dorati, Gli scultori della cappella Paolina, in Commentari, XVIII (1967), pp. 222 s.; S. Pressouyre, Les Trois Grâces Borghese, in Gazette des Beaux Arts, CX (1968), pp. 147-160;Id., Le Moro Borghese, in Monuments Piot, 1969, pp. 77-92;Id., Sculptures de la chapelle Aldobrandini, in Bull. de la Soc. nat. des antiquaires de France, 1971, pp. 195-206; Id., Nouveaux docum. lorrains concernant N. C., ibid., 1974, pp. 144-150; H. H. Brummer, C. Baronio and the Convent of Gregory the Great, in Konsthistorisk Tidskrift, XLIII (1974), pp. 101-120;S. Pressouyre, Sur la sculpture à Rome autour de 1600, in Revue de l'art, 1975, n. 28, p. 65;Id., Un Lorrain à Rome..., in Les fondations nat. dans la Rome pontificale 1197-81, Rome 1981, pp. 567-581;S. Pressouyre, Textes et docum. sur N. C. (mem. dell'Ecole pratique des Hautes Etudes, IVesection), Paris 1978;B. R. Harwood, N. C.: his activity in Rome, tesi di dott. (Ph. D.), Univ. di Princeton 1979, Univers. Microfilms Intern., Ann Arbor, Mich.-London 1981;S. Pressouyre, N. C. et Siméon Drouin, deux sculpteurs lorrains en Italie, in Le Pays Lorrain, 1979, pp. 163-178;J. Bousquet, Recherches sur le séjour des peintres français à Rome au XVII, Montpellier 1980, ad Indicem;A. Zuccari, La politica culturale dell'oratorio romano nelle imprese artistiche promosse da Cesare Baronio, in Storia dell'arte, 1981, n. 42, pp. 186, 189; S. Pressouyre, N. C.: recherches sur la sculpture à Rome autour de 1600, Paris 1983(con bibl. e trascriz. dei documenti).