copyright nell'era digitale
copyright nell'èra digitale <kòpirait ...>. – Il sistema di copyright basato sulla creazione e distribuzione di ‘copie’ si scontra con le nuove istanze poste dall'avvento delle tecnologie digitali e telematiche, che hanno rivoluzionato il modo di creare, duplicare e distribuire le creazioni intellettuali. Molti autori e giuristi hanno fatto notare l'anacronismo dei principi di copyright tradizionali rispetto agli attuali processi di ideazione, costruzione, moltiplicazione e diffusione delle opere di testo, audio, video e multimediali, e la necessità, quindi, di una loro totale rivisitazione. In risposta, i legislatori dei paesi industrializzati hanno, nella maggior parte dei casi, mostrato una particolare tendenza alla conservazione se non a un inasprimento delle sanzioni per chi fruisce e distribuisce opere tutelate da copyright senza autorizzazione. Pur nella diversità dei principi ispiratori e delle impostazioni, le legislazioni hanno cercato, in genere con mille difficoltà e attraverso la via di una netta assimilazione delle risorse elettroniche alle altre opere dell’ingegno, di trovare un nuovo punto di equilibrio fra i molteplici interessi in gioco, di estendere la tutela senza penalizzare eccessivamente la libertà di ricerca e i nuovi sviluppi tecnologici, insomma di stemperare l’oggettiva tensione fra istanze legittime, ma potenzialmente contrastanti. Non da ultimo, hanno provato a tener conto della contraddizione esistente tra l’esercizio della sovranità territoriale e lo statuto extraterritoriale inerente, in particolare, alle risorse remote. Con una significativa convergenza, quasi tutte le normative sulla proprietà intellettuale tendono oggi a escludere anche per le risorse elettroniche ogni limitazione dei diritti morali dell’autore, cioè assicurano la garanzia della paternità e il rispetto dell’integrità dell’opera, che restano inalienabili e perennemente esigibili dagli eredi. Le poche eccezioni variano da Stato a Stato e spesso, sotto il profilo dell’interpretazione, sono fonte di contenzioso giuridico fra i vari soggetti interessati. Quanto ai diritti di utilizzazione economica, cioè alla titolarità dei guadagni derivanti dall’opera elettronica, se ne prevede – come per le opere tradizionali – l’eventuale cessione parziale o totale a favore di terzi, tipicamente attraverso contratti con un editore, mentre gli eredi ne beneficiano fino a settant’anni dopo la morte dell’autore. Di solito, in quanto penalizzano le aspettative di guadagno che alimentano la creatività e l’innovazione, sono considerati illegali – oltre alla copia stessa – i tentativi di aggiramento delle misure di protezione, tutti gli usi non espressamente autorizzati, l’estrazione completa delle risorse contenute in una banca dati. Nel mezzo di un duro contenzioso avviato in particolare dagli editori, non sono mancati tentativi di imporre un pagamento perfino agli utenti delle biblioteche pubbliche e anche per la consultazione di materiali cartacei, oppure di attribuire ai produttori di software per lo scambio di risorse in rete (peer-to-peer e file sharing) una piena corresponsabilità nella pirateria informatica. Per un singolare paradosso, talvolta è sembrato che un sapere più accessibile, come quello disseminato nel web, non fosse di per sé sinonimo di sapere più fruibile. Tuttavia, in vista di favorire alcuni beni pubblici irrinunciabili – il diritto alla lettura, il dibattito delle idee e la circolazione delle informazioni, la diffusione della critica e della cultura, la ricerca scientifica e tecnologica, la didattica nelle scuole – le diverse legislazioni hanno adottato alcuni limiti ai diritti economici, come per es. nel fair use presente nei sistemi giuridici angloamericani, consentendo anche senza preventiva autorizzazione dei titolari le citazioni e le riproduzioni parziali (in quantità stabilite), il prestito bibliotecario e la consultazione in biblioteca (soltanto degli originali), le copie di sicurezza o quelle di uso strettamente personale. Nel quadro normativo attuale si è sostanzialmente rovesciata la logica che induceva a considerare di pubblico dominio qualunque risorsa priva di espresse indicazioni dell’autore in ordine ai diritti. Oggi l’eventuale cessione dei diritti di utilizzazione economica (freeware) dev’essere esplicita: citare la fonte o l’autore nella forma prescritta, escludere finalità commerciali, richiedere un’autorizzazione specifica per l’uso di materiali derivati dall’originale; in tutti gli altri casi l’esistenza dei diritti va sempre presunta. Nell’ambito di questo scenario, a partire dal 1990 sono emerse vie alternative e modelli di tutela del copyright più in sincronia con i nuovi mezzi produttivi e distributivi, dapprima nel mondo dello sviluppo di tecnologie e successivamente nel campo della creatività in senso più ampio (v. ; ; creative commons; ).