COPPA, Iacopo, detto Iacopo Modenese (Modanese)
Fu originario di Modena. Sul suo conto si hanno notizie scarse; P. Aretino lo dice "un' de i primi ceretani del mondo" (Lettere, II, l. III, c. 223v), ed è appunto noto come uno dei più abili e famosi cerretani del sec. XVI: appartenne, cioè, a quella categoria di venditori di medicine, bossoletti di unguenti e profumi e olii medicamentosi, dentifrici, saponi, libretti popolari e simili, dalla quale egli seppe distinguersi tanto da essere lodato e ricordato, oltre che dall'Aretino, da Celio Malespini, e da aver intrattenuto rapporti con personaggi potenti e persino con regnanti.
Girava per le piazze di tutta l'Italia, comparendo con un grande stendardo dove era raffigurata la bugia punita: una donna nuda con una lingua mozzata nella mano sinistra e un coltello nella mano destra. Pur vendendo le stesse cose degli altri cerretani, eccelleva tra loro per la versatile vena delle filastrocche e delle improvvisazioni con le quali decantava i propri prodotti; tra questi il sapone in pallottole ch'egli confezionava è ricordato come straordinario dall'Aretino, "si è egli odorifero, sì è egli soave, sì è egli pretioso" (ibid., c. 224v).
Esercitò anche l'arte medica ottenendo patenti per esplicare la professione di guaritore a Venezia, a Roma e a Firenze, ma per acquisire queste abilitazioni dovette sempre superare l'accanita ostilità alimentata dalle corporazioni dei medici e speziali.
A Venezia lottò per due anni e riuscì alla fine a spuntarla e ad ottenere la patente grazie all'appoggio della nobildonna Caterina Barbaro, da lui in più luoghi ricordata come sua protettrice. Una novella di Celio Malespini narra di quante difficoltà egli abbia dovuto superare anche in Firenze, dove tuttavia riuscì ad entrare nelle grazie del duca Cosimo de'Medici, di cui curò la cagna preferita, e della duchessa Eleonora di Toledo, che seppe conquistarsi invece con un portentoso dentifricio sbiancante. Dal racconto del Malespini sembra che il C. possedesse ricette di efficacissime medicine, probabilmente confezionate coi segreti della sapienza erboristica, che gli permettevano di superare i medici fiorentini nella cura di piaghe e simili malattie.
Più noto è oggi il C. per le sue edizioni di opuscoli latini e volgari. Anche in questa attività, particolarmente importante per quanto riguarda la pubblicazione di opere minori dell'Ariosto. diede prova di non comune ingegno. Pare che facesse stampare tali libretti nelle città in cui lo portavano le sue peregrinazioni: vendeva poi in banco sulle piazze queste sue edizioncine, recitando alcuni saggi del loro contenuto e tessendo il panegirico degli autori. Attraverso l'anno e il luogo di stampa di queste operette, è anche possibile ricostruire alcuni dei movimenti del C. nella penisola. Dal 1542 ai primi mesi del 1545 dovette essere a Napoli, dove stampò suoi scritti latini: Epigrammata et elegiae, Partenopae, per Cilium Alifanum, 1542, e Encomium illustrissimi dom. Petri Tholetani principis Marchionis Villae Franchae, Ncapoli, apud Ioannem Sultzbachium, 1545.
Lasciata Napoli passò a Venezia, dove ottenne la protezione della Barbaro a cui dedicò alcuni altri volumetti tutti editi nel 1545: le Rime toscane ed ed epigrammi latini in morte di Cleopatra Aretina, da diversi autori composte; il Ragionamento fatto in Roma dai principali Cortigiani di Corte sopra il modo di procedere d'ogni degno Cortigiano, tratto dall'opera del Castiglione; le Rime di molti eccellentissimi Autori con alcune stanze amorose et altre fatte in persona della Virtù che si lamenta delle ingiurie della fortuna:quest'ultima raccoltina si chiude con un Lamento della Virtù contra la fortuna et la invidia composto per M. lacopo Modenese in diciotto ottave, componimento di vena poetica e sapienza tecnica non indifferenti, certo la migliore delle opere del Coppa. In questo stesso anno, forse con l'appoggio della Barbaro, egli riuscì a farsi cedere dall'editore Francesco d'Asola il privilegio rilasciato dal Senato veneto per la stampa di alcuni inediti dell'Ariosto, e pubblicò così, sempre con dedica alla Barbaro, l'editio princeps dell'Erbolato: Herbolato di M. Lodovico Ariosto nel quale figura Maestro Antonio Faentino, che parla della nobiltà dell'huomo, et dell'arte della Medicina cosa non meno utile che dilettevole, con alquante stanze del medesimo, novamente stampate con Gratia et Privilegio del Sommo Pontefice, et del Senato Veneto, in Vinegia, per Giovann'Antonio et Pietro fratelli de Nicolini da Sabio, 1545.
Nell'autunno del 1545 il C. dovette trascorrere qualche tempo anche a Ferrara, dove fu visto da Tiziano e da Francesco Albizi a vendere un'operetta dell'Aretino, che aveva stampato con una dedica al Sansovino (edizione oggi non più reperita). In proposito l'Aretino ebbe a scrivere una compiaciuta lettera all'editore-venditore, per ringraziarlo del modo con cui "cantando in banco" l'aveva lodato in quella occasione.
Ritornato a Venezia, il C. riprese a frequentare la Barbaro: è la stessa patrizia a sottoscrivere una dedica a Lodovico Morosini per Le Rime di M. Lodovico Ariosto non più viste, et nuovamente stampate a instantia di Iacopo Modanese, ciò è Sonetti Madrigali Canzoni Stanze Capitoli, altra princeps ariostea pubblicata non già come sempre ripetuto nel 1546, bensì l'anno successivo, come si deve ritenere dalla data della dedica: "del mese di Febraio M.D.XLVI. Di Vnegia" (c. 2v), certo espressa more veneto.
Del resto che fosse necessario al C. attendere per diverso tempo a riordinare il manoscritto ariosteo su cui poggia la sua edizione delle Rime è abbastanza facile a credersi, dato che vari indizi lasciano intendere si trattasse di un fascio di appunti, brogliacci e carte di lavoro diversi per età e per fattura; inoltre, è possibile che la parentesi del soggiorno ferrarese abbia distolto il C. da questo lavoro anche per alcuni mesi del 1546.
Pure del 1547 sono alcune ristampe: con dedica alla Barbaro in data 20 aprile le Rime di diversi eccellentissimi autori, alla quale il C. aggiunge, alla fine del suo Lamento della virtù, un proprio sonetto sul verso di Virgilio "Dulces exuvia dum fata Deusque sinebant"; le Rime... in morte della Diva Cleopatra Aretina;le Rime di M. Lodovico Ariosto.
Di quest'ultime si conoscono due versioni diverse per quanto riguarda il luogo e la data di edizione, nell'una "a dì 20 di maggio MDXLVII di Vinegia", nell'altra "in Firenze a dì sei di giugno... MDXLVII", il che ci permette di riportare con molta probabilità all'estate del 1547 l'episodio fiorentino narrato dal Malespini. In questa ristampa il C. ha corretto gli errori tipografici dell'edizione precedente, modificando qualche lezione, aggiustando la punteggiatura e la grafia e ritoccando con abbellimenti lessicali il testo, di cui sono state cambiate alcune forme popolari, sostituite con parole più dotte. La dedica è "Allo ffiustrissimo et eccellentissimo signore, il signor Cosimo de Medici Duca di Fiorenza" (c. 2r), ed è certo uno dei mezzi con cui il C. ha procurato di entrare nelle grazie del granduca. In questo d'altronde è possibile cogliere uno degli elementi fondamentali che differenziano il C. dalla moltitudine dei cerretani, che molto spesso donavano le loro "leggende" agli acquirenti dei loro prodotti per invogliare all'acquisto, mentre egli utilizza la propria attività editoriale per il conseguimento di fini più importanti: cattivarsi quelle protezioni che gli furono indispensabili per ottenere poi le licenze ed esercitare la ben più proficua arte di guaritore. E nondimeno l'impiego strumentale di questa attività nulla toglie al suo impegno di editore, cui va riconosciuto il merito di aver usato cura rispettosa e attenta aì testi presentati, insieme con un'intraprendenza che gli ha pqrmesso di pubblicare delle novità letterarie di non mediocre interesse. Anche su questo piano dunque, distaccandosi dagli altri venditori in banco, egli merita una collocazione di tutto rispetto tra gli editori del sec. XVI, del resto ampiamente riconosciutagli almeno dalla filologia ariostea.
Stando al Malespini, nel 1547 il Cappare aver moglie residente a Bologna: è questa l'unica notizia del suo matrimonio.
Nel 1561 lo si ritrova attivo in Venezia, donde invia con una lettera accompagnatoria al duca Alfonso II d'Este a Ferrara un'incisione, probabilmente derivante da un'opera di Raffaello: la Calunnia di Apelle di Battista Del Moro veronese. Non e nota la data della sua morte.
Fonti e Bibl.: oltre alle lettere di dedica delle opere fatte stampare dal C., vedi P. Aretino, Lettere, II, Parigi 1609, l. III, cc. 223v-225r; C. Malespini, Prodezzo medicinali di I. C. fatte nella città di Fiorenza, in Duecento novelle..., Venezia 1609, cc. 229r-301v; G. Campori, Gli intagliatori di stampe e gli Estensi, in Atti e mem. delle RR. Depuraz. di storia patria per le prov. modenesi e Parmensi. n.s., VII (1882), 2, pp. 71-72; F. S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni Poesia..., VII, Milano 1752, p. 149; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese..., Modena 1781-1786, II, p. 62; III, p. 224; VI, pp. 139-140; S. Bongi, Le rime dell'Ariosto, in Arch. stor. ital., s. 5, II (1888), pp. 267-276; G. Ferrari Moreni, J. C. Modenese, in Atti e mem. delle RR. Deputaz. di storia Patria per le Prov. modenesi e parmensi, s. 3, VI (1890), 1, pp. 603-605; G. Tiraboschi, Lettere ... al Padre Ireneo Affò tratte da' codici della Biblioteca Estense di Modena e della Palatina di Parma, Modena 1895, p. 157; G. Fatini, L'"Erbolato" di Ludovico Ariosto, in Rass. bibliogr. della lett. ital., XVIII (1910), pp. 216-238; Id., Per la morte di Cleopatra Aretina: un curioso testamento Poetico del secolo XVI, in La Nazione (Arezzo), 29 marzo 1921; Id., Bibliografia della critica ariostea (1510-1965), Firenze 1958, nn. 60, 62, 66, 1398, 1524, 1570, 1645, 2255, 2667, 3398; G. Ferroni, Nota sull'Erbolato, in La Rass. della lett. ital., s. 7, LXXIX (1975), p. 203.