COORTE (gr. σπεῖρα, χῶρς; lat. cohors: cfr. corte)
Significa originariamente "recinto, corte, cortile", poi ciò che in esso è riunito, e quindi "massa, schiera"; e fino al sec. I a. C. designò specialmente l'unità organica e tattica della fanteria degli alleati italici dei Romani. La sua forza era di 4-600 uomini, e 10 coorti formavano probabilmente una delle due alae sociorum d'un esercito consolare romano e 4 gli extraordinarii a disposizione del generale. La coorte alleata era certo divisa in hastati, principes e triarii come le legioni romane, e mentre l'ala era comandata da sei ufficiali superiori romani (praefecti sociorum), la cohors era al comando d'un magistrato o ufficiale alleato, che era accompagnato dal suo ufficiale pagatore. Nulla sappiamo degli ufficiali inferiori. Ogni città o gruppo di città minori e tribù o confederazione di tribù degli alleati forniva una o più coorti, che ne portavano il nome: per esempio, C. Placentina, Cremonensis, Marrucina, Paeligna. L'armamento e la tattica si uniformò presto a quello delle legioni romane, e la lingua di comando doveva essere il latino; perciò le coorti alleate furono uno strumento importante della romanizzazione dell'Italia.
Nell'esercito romano la coorte appare la prima volta nelle guerre spagnole di Scipione Africano Maggiore (Polibio, XI, 23, 1; 33, 1), come risultante dall'unione dei tre manipoli, uno di astati, uno di principi e uno di triarî, che portavano nella legione lo stesso numero d'ordine. Ma poiché la legione combatteva normalmente per linee e manipoli, la coorte non aveva funzione tattica che occasionalmente come distaccamento della legione. La coorte diviene suddivisione normale della legione e sostituisce nella funzione tattica il manipolo all'età di Mario, e il cambiamento è conseguenza della profonda modificazione organica che l'esercito subì in quell'epoca. Nell'interno delle 10 coorti della legione spariscono le differenze d'età e d'armamento delle antiche tre linee di manipoli; questi e le centurie rimangono come unità amministrative, e si ha quindi un manipolo (di due centurie) di astati, uno di principi e uno di triarî per ogni coorte, e 6 centurioni, dei quali il centurio prior triarius (cioè della prima centuria del manipolo dei triarî) aveva il comando tattico della coorte. La forza della coorte dipendeva da quella della legione, che arrivò a 6000 uomini con Mario ed era di 4000-4200 uomini, e anche meno, con Cesare (le legioni veterane non ricevevano di solito complementi di reclute): oscillò quindi fra 300 e 600 uomini. La coorte ha il suo signum e il suo signifer. Nel combattimento la legione si schiera in più file (di solito 3, ma anche 2) di parecchie coorti, ma non pare ci fosse uno schema fisso; quello di solito ritenuto normale, su tre linee di 4,3 e 3 coorti, è desunto da Cesare (De bell. civ., I, 83, 2). La profondità normale della coorte pare fosse di 6 uomini: con 400 uomini essa aveva quindi circa 200 piedi (63 m.) di fronte, e una legione su tre file, con quattro coorti intervallate in prima linea, circa 450 m. di fronte e circa 230 di profondità. Formazioni speciali erano la cohors praetoria, che appare con Scipione Maggiore, guardia del comandante, la cohors speculatorum del tempo del secondo triumvirato e le coorti ausiliarie della fanteria leggiera.
Nell'età imperiale la coorte è l'unità tattica elementare di tutta la fanteria regolare dell'esercito. Si distinguono: a) le cohortes praetoriae, la guardia imperiale (vedi pretoriani), di 1000 uomini ciascuna (dopo Settimio Severo, 1500), compreso un reparto a cavallo di 100 uomini; b) le cohortes urbanae (dette poi anche degli urbiciani), guarnigione di Roma, che apparvero con Nerone, e salirono poi da 3 a 6; c) le cohortes vi gilum, guardie del fuoco e di polizia di Roma, che ebbero da Augusto nel 6 d. C. ordinamento militare: erano 7 di 1000 uomini ciascuna, divise ciascuna in 7 centurie (v. vigili); d) le coorti della fanteria legionaria, dieci per legione, alle quali venne poi aggregata una sezione di artiglieria (al tempo di Diocleziano un onager e cinque carrobalistae per coorte) e con Diocleziano un reparto di 66 cavalieri; esse continuarono ad essere divise in tre manipoli e sei centurie e la forza dipendeva dall'effettivo della legione; e) le coorti ausiliarie, delle quali particolarmente qui si tratta.
Quando gli alleati italici ebbero dopo la guerra sociale la cittadinanza, essi entrarono tutti nelle legioni romane, e la cavalleria e la fanteria ausiliarie (specialmente leggiera) furono reclutate fra i provinciali e gli alleati stranieri (auxilia). Gli auxilia ebbero una parte importante nelle guerre di Cesare e dei triumviri, ma furono organizzati stabilmente, come parte essenziale dell'esercito, da Augusto; per mezzo di essi l'Impero sfruttava le risorse militari delle provincie e degli alleati. Essi corrispondevano agli antichi contingenti degli alleati italici della repubblica, mentre il posto degli auxilia dell'età repubblicana venne poi preso da altri corpi di provinciali non romanizzati o di barbari che formarono con Traiano i numeri. Gli auxilia regolari si distinguono in cohortes autonome di sola fanteria (peditatae) o con un reparto di cavalleria (equitatae) e in alae di cavalleria (v. ala); le coorti ereditarono cioè i nomi degli antichi reparti di fanteria degli alleati. Coorti ed ale ausiliarie formavano con le legioni gli eserciti provinciali; ma non è chiaro quali rapporti organici ci fossero fra legioni ed auxilia; forse erano determinati dalle circostanze e si mutavano facilmente; spesso, e per periodi più o meno lunghi, gruppi di coorti ed ale erano aggregati a determinate legioni. Alcune provincie, specialmente procuratorie, avevano guarnigione di sole coorti ed ale ausiliarie. Fino alla sollevazione gallica del 70 d. C., i Romani costituirono anche coorti ausiliarie con armamento nazionale e con comandanti indigeni, come le famose cohortes Batavorum; ma in seguito le cohortes ausiliarie vennero organizzate in genere alla romana ed ebbero ufficiali romani. Le coorti si distinguevano in quingenariae (le più numerose, circa tre quarti delle note) della forza nominale di 500 uomini, e milliariae, di 1000 uomini (tali furono in genere quelle costituite dal secolo II in poi). Circa 120 delle coorti a noi note erano coorti equitatae, che servivano meglio come distaccamenti; il rapporto tra fanteria e cavalleria ci è noto per alcuni casi: per esempio in Igino (De mun. castr., 27), si dànno (numeri schematici) 380 e 760 fanti e 120 e 240 cavalli rispettivamente per le cohortes quingenariae e milliariae; una cohors quingenaria aveva nel 156, oltre ai centurioni e decurioni, 363 fanti, 114 cavalli e 19 dromedarî (era una coorte dell'Egitto: v. Mommsen, Ephem. Epigr., VII, p. 456). La fanteria era divisa rispettivamente in 10 e 6 centurie; la cavalleria, per alcuni in 10 e 5 turmae, per altri in 8 e 4. Le coorti quingenariae erano comandate da praefecti cohortis, le milliariae e le c. civium Romarlorum da tribuni; questi avevano lo stesso rango dei tribuni di legione e appartenevano in genere all'ordine equestre (v. cavalleria e cavalieri). Dalla metà del sec. III tutte le coorti sono comandate da tribuni. Per un certo tempo si ebbero anche comandanti in seconda (subpraefecti cohortis); centurioni delle legioni o decurioni delle ale incaricati del comando di una coorte erano detti praepositi cohortis. Le centurie erano comandate da centuriones (il più elevato di grado era il centurio princeps), le turmae di cavalleria da decuriones. I sottufficiali si dividevano nelle due categorie dei principales (p. es. imaginifer cohortis, signifer, optio, tesserarius di una centuria, optio, vexillarius, duplicarius e sesquiplicarius di una turma) e degli immunes, cariche speciali (p. es. cornicularius, actarius, librarius, beneficiarius del comando di coorte, cornicen, tubicen, bucinator, mensor, medicus e signifer, custos armorum, curator, beneficiarii delle turmae ecc.). Una coorte peditata aveva 19 principales, parecchi di più se era equitata. Le coorti ausiliarie erano molte; Tacito (Ann., IV, 5), dice che al tempo di Tiberio gli auxilia rappresentavano all'incirca la stessa forza delle legioni; nel 6 d. C. in Pannonia con 10 legioni vi erano più di 70 coorti e 10 ale (Vell. Pat., II, 113, 1) e noi non le conosciamo tutte. Gli scrittori le ricordano raramente, e le nostre notizie derivano soprattutto dalle iscrizioni, specialmente dei cosiddetti diplomi (congedi) e dalla Notitia Dignitatum. L'elenco del. Cichorius (del 1899) dà 450 coorti; altre 100 circa si inducono dalla presenza di coorti che portano un numero superiore (p. es. la cohors II Cantabrorum prova l'esistenza di una cohors I C., sebbene non testimoniata); dopo il 1899 altre iscrizioni ci fecero conoscere qualche coorte nuova o prima solo supposta (cfr. l'indice del Cheesman del 1914) e l'esplorazione di alcune provincie poco studiate finora ce ne farà certo conoscere ancora parecchie. Si computa quindi che da Augusto a Diocleziano siano esistite da 600 a 700 coorti; non tutte però contemporaneamente, ché molte furono formate ex novo specialmente dai Flavî e da Traiano e Adriano, e parecchie cessarono di esistere per scioglimento o distruzione. Se nel 6 le legioni erano 28, e se si fosse avuta per tutto l'esercito la stessa proporzione che in Pannonia, ci sarebbero state 170-200 coorti. In seguito però esse furono molto accresciute, e alla metà del sec. II si calcola che gli auxi-lia contassero press'a poco 220.000 uomini di fronte ai 160.000 circa delle legioni.
Le coorti erano distinte da un nome e da un numero, ma non in serie continua, neanche per quelle levate da uno stesso popolo se l'arruolamento non era contemporaneo, così che si hanno 3 cohortes II e IV Gallorum e persino 7 cohortes I Hispanorum; nomi aggiunti servivano spesso a distinguerle. I nomi delle coorti derivavano per lo più dal nome del popolo che ne aveva fornito in origine gli elementi e per un certo tempo la maggior parte dei complementi. Una coorte reclutata da due popoli affini e vicini portava il nome d'entrambi; p. es. Asturum et Callaecorum, Pannoniorum et Delmatarum. Accanto alla forma ufficiale col genitivo plurale, si ha anche quella aggettivale (Sugambrorum e Sugambra, Alpinorum e Alpina, Apamenorum e Apamena). Nomi aggettivali di provincie aggiunti agli etnici indicano la provincia nella quale la coorte stava o stette un tempo a lungo: p. es. cohors II Gallorum Macedonica; alle volte però può trattarsi di denominazione aggettivale etnica. Poche coorti sono denominate con nomi di persone (Apuleia, Lepidiana, Flaviana), probabilmente dagli ufficiali che le hanno formate o comandate per primi. Per i molti nomi principali o aggiunti di coorti derivati da nomi d'imperatori, bisogna distinguere i più antichi (Augusta, Claudia, Domitiana), che sono onorifici, dai più recenti (Flavia, Nerviana, Ulpiana, Aelia, Aurelia, ecc.) che indicano il principe che costituì la coorte. Nel sec. III, dopo Severo e Caracalla, le coorti assumono successivamente i nomi degli imperatori regnanti (p. es. la cohors I Aelia Dacorum si chiamò successivamente Antoniniana, Gordiana, Postumiana, Tetriciana). Si hanno poi nomi dall'armamento (Scutata, Gaesatorum, Sagittariorum). I nomi Veterana e Nova distinguevano, pare, una coorte dello stesso nome, più antica, da una più recente; Gemina o Gemella indicava una coorte formata dalla fusione di due altre (cohors I gemina Sardorum et Corsorum). Dagli elementi che la componevano derivavano nomi di coorti come Classica, Singularium, Voluntariorum. Numerosi sono i nomi aggiunti onorifici concessi per atti di valore e di fedeltà: pia fidelis, fida, pia constans, victrix, velox: cohors I Breucorum bis torquata ob virtutem appellata. Se l'intera coorte aveva ricevuto in massa per premio la cittadinanza, si chiamava civium Romanorum. Parecchi altri nomi sono difficilmente spiegabili (p. es. Pilatorum, nova Tironum, Campestris, ecc.) e discusso è il nome delle cohortes voluntariorum che portavano un numero continuo (conosciamo fino alla XXXII) e di solito l'aggiunta civium Romanorum o ingenuorum c. R.; pare che esse risalgano a leve straordinarie fatte da Augusto in Italia durante la ribellione della Pannonia e dopo la sconfitta di Varo, fra ingenui e liberti; esse furono in seguito tenute in forza con provinciali. Tutte le altre coorti erano arruolate per coscrizione fra i provinciali ed erano romani soltanto gli ufficiali e solo nei primi tempi dell'Impero vi furono comandati per l'istruzione sottufficiali e soldati romani (cfr. Tac., Agr., 28). La lingua di comando era il latino. Nel secolo I d. C., la Gallia e la Spagna diedero molte coorti ausiliarie; l'Oriente forniva specialmente coorti di arcieri. Dopo che con Vespasiano le legioni si cominciarono ad arruolare fuori d'Italia, gli auxilia pare si reclutassero nelle campagne e dalle tribù meno romanizzate, mentre le città più romanizzate davano i legionarî. Ma mentre i non cittadini che entravano nelle legioni ricevevano subito la cittadinanza, quelli delle coorti l'avevano, di regola, solo dopo compiuti i 25 anni di servizio. Estesa la cittadinanza a tutto l'impero nel 212, le coorti ausiliarie ricevevano specialmente barbari. Dapprima le coorti si lasciavano nelle regioni che avevano fornito gli uomini, tranne i corpi speciali (arcieri) che erano sparsi dovunque; ma dopo le grandi ribellioni del sec. I si destinarono a provincie diverse. L'armamento era abbastanza uniforme ed era l'armatura levis, con tendenza però a uguagliarsi a quello della fanteria pesante; la fanteria leggiera era rappresentata dai numeri. Le coorti speciali (sagittarii) avevano anche armamento particolare. Centurie e turmae delle coorti avevano le loro insegne, ma pare che, almeno in un primo tempo, non l'avessero le coorti. Quanto al soldo, non sappiamo nulla di preciso; alcuni lo ritengono ½ di quello dei legionarî, cioè 75 denari nel sec. I. I soldati delle coorti erano in genere esclusi dai donativa. Oscuro è anche l'impiego delle coorti nella battaglia; ora stanno alle ale delle legioni, ora dinnanzi. Più tardi la loro funzione è soprattutto di presidiare le fortificazioni permanenti dei limites. Le coorti regolari vennero nel sec. IV superate per numero e importanza dai numeri barbarici.
Sono ricordate in iscrizioni anche coorti municipali.
Bibl.: J. Marquardt e A. Domaszewski, Röm. Staatsverwaltung, II, 2ª edizione, Lipsia 1884, p. 401 seg. (versione francese: Manuel des antiquités romaines, XI, Parigi 1891, p. 183 seg.); Th. Mommsen, Die Conscriptionsordnung der römischen Kaiserzeit, in Hermes, XIX (1884), e in Gesammelte Schriften, VI, p. 20; id., Das römische Militärwesen seit Diocletian, in Hermes, XXIV (1889) segg. e in Gesammelte Schriften, VI, p. 206; cfr. anche ibid., VI, p. 140; C. Cichorius, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IV, cl. 231; D. Vaglieri, in De Ruggiero, Dizionario epigrafico, II, 1892, p. 324; G. L. Cheesman, The Auxilia of the roman imperial army, Oxford 1914; R. Grosse, Römische Militärgeschichte von Gallienus ecc., Berlino 1920, passim; G. Veith e E. von Nischer, in Kromayer-Veith, Heerwesen und Kriegsführung der Griechen und Römer, Monaco 1928, passim; E. C. Nischer, The army Reforms of Diocletian and Constantine, in Journal of Roman Studies, XIII (1923), p. 1 segg.