cooperazione
Azione svolta in comune per raggiungere un fine collettivo; insieme alle organizzazioni che operano in tal senso, in particolare sul terreno economico. In questo campo, la c., eliminando il ricorso a intermediari, può riguardare sia la produzione sia il consumo, sia lo stesso credito bancario. Le prime vere forme di c. si rintracciano nel sec. 19°, come reazione alle terribili condizioni di vita imposte al proletariato dalla Rivoluzione industriale e dal rapido inurbamento delle plebi rurali. Ai «probi pionieri» di Rochdale, che nel 1844 fondarono sotto la guida di C. Howarth la prima cooperativa di consumo dell’Inghilterra, vanno fatti risalire quelli che sono ancora oggi i principi cui si ispirano tutte le cooperative nel mondo: il principio della mutualità, e quelli del controllo democratico, della libera adesione, della neutralità politica e religiosa. Sullo sviluppo del cooperativismo in Europa influirono anche le teorie di alcuni, per quanto utopistici, riformatori come E. Owen (e, tra i suoi seguaci, W. King), C. Fourier, L. Blanc, che vedevano nell’associazione una soluzione armonica di molti problemi sociali. Le prime cooperative di produzione sono sorte a Parigi (Association des menuisiers, 1831, e Association des bijoutiers en or, 1834), e le prime cooperative di consumo pure in Francia (Le commerce véridique et social di Lione, 1835) e in Inghilterra, specie nei centri tessili (Rochdale «equitable pioneers» society, Manchester, 1844); le prime cooperative di credito sono sorte invece in Germania (casse rurali Raiffeisen, dal 1850, e banche popolari Schulze-Delitzsch, dal 1859). L’idea di creare un organismo internazionale che permettesse ai cooperatori dei vari Paesi di scambiare le loro esperienze risale all’inglese Owen e fu sostenuta in particolare dai cooperatori francesi e italiani. L’Alleanza cooperativa internazionale, che ha attualmente sede a Ginevra, per il contributo dato ai problemi della c. e dello sviluppo economico e sociale nel mondo gode di uno status consultivo presso l’ONU e di una collocazione negli organismi a essa collegati (UNESCO, FAO, BIT ecc.), e ha partecipato a progetti e interventi diretti a sollevare l’economia e i livelli di vita delle popolazioni di molti Paesi sottosviluppati. In Italia, la prima cooperativa di consumo fu fondata a Torino nel 1854 per iniziativa dell’Associazione generale degli operai, ma una vera diffusione della c. si ebbe solo dopo il 1880 con la nascita, in numerose città operaie, di cooperative di consumo promosse da ferrovieri e lo sviluppo di forme cooperative tra i braccianti delle zone delle bonifiche, in particolar modo nella pianura padana. Tra le maggiori cooperative di consumo: l’Unione cooperativa di Milano (1886); l’Unione militare di Roma (1889); l’Unione cooperativa di Firenze (1890); la Cooperativa ferroviaria di consumo di Torino (1892), trasformatasi, dopo la fusione con il Magazzino della associazione generale degli operai, nell’Alleanza cooperativa torinese (1899); le Cooperative operaie di Trieste. Nel settore del credito le banche popolari cooperative, ideate da Schulze-Delitzsch per servire principalmente agli artigiani, ai piccoli industriali e ai piccoli commercianti, furono introdotte in Italia a opera soprattutto di L. Luzzatti, che se ne fece promotore fin dal 1866, e passarono quindi in Francia, mentre le prime casse rurali sul tipo delle banche cooperative create in Germania da Raiffeisen furono introdotte in Italia soltanto intorno al 1890 da L. Wollemborg e si diffusero rapidamente specie nel Veneto e in Lombardia sotto la guida del clero di campagna. Nell’agricoltura, oltre alle suddette cooperative di credito, si ebbero poi, nella seconda metà e soprattutto verso la fine del sec. 19°, varie cooperative di produzione sotto forma soprattutto di latterie sociali (ispirate a un’iniziativa friulana del 1806), di cantine sociali (verso il Novecento), di fabbriche cooperative di concimi chimici, di essiccatoi di bozzoli, di cooperative specializzate per la vendita di prodotti ortofrutticoli. Diffusi anche i consorzi agrari (il primo è del 1889) per la vendita dei prodotti e l’acquisto di beni strumentali, la cui organizzazione fu accentrata nella Federazione nazionale dei consorzi agrari (1892). Per dare maggiore impulso e organizzazione alle cooperative, nel 1886 fu costituita la Federazione nazionale delle cooperative, ribattezzata nel 1893 con il nome di Lega nazionale delle cooperative, alla cui nascita e al cui sviluppo concorsero uomini di assai diverso orientamento ideologico e politico. La convivenza in un’unica organizzazione cooperativa delle tre principali correnti ideali e politiche che ispirarono la c. in Italia, quella liberale-repubblicana, quella socialista riformista e quella del cattolicesimo sociale, durò fino al 1919; in tale anno si ebbe infatti, con la nascita della Confederazione nazionale delle cooperative, la scissione del movimento cooperativo su due binari politico-ideologici distinti, quello repubblicano-socialista (la Lega) e quello cattolico (la Confederazione). Dopo la fase degli albori e quella del primo difficile sviluppo della fine del 19° sec., il movimento cooperativo poté contare, durante i governi Giolitti (1903-14), su una politica dello Stato a favore della cooperazione. Nascono in quegli anni organismi economici consortili che rafforzano le possibilità di intervento delle singole cooperative nel campo della distribuzione, degli appalti pubblici, dell’agricoltura, specialmente in alcune regioni del Centro-Nord. Al 1913 risale la costituzione dell’Istituto nazionale di credito per la c., che si trasformerà, nel 1927, nella Banca nazionale del lavoro. A partire dal 1921, fu condotta da parte del fascismo una sistematica azione di distruzione e persecuzione contro sedi ed esponenti delle cooperative. Sciolte tra il 1925 e il 1927 le due organizzazioni di rappresentanza, le cooperative furono o soppresse o ridotte a organismi burocratici, controllati prima dal Sindacato nazionale cooperativo, poi dall’Ente nazionale fascista della cooperazione. L’interesse delle principali forze politiche antifasciste alla rinascita di una c. su base libera e democratica riaprì, nel secondo dopoguerra e nella fase della ricostruzione del Paese, le condizioni per uno sviluppo immediato delle cooperative: alla fine del 1948 erano già circa 17.000, con una forte presenza anche della componente comunista. Confinato negli anni Cinquanta in una posizione secondaria dalle politiche economiche di tipo liberistico, il movimento cooperativo – che intanto si consolidava soprattutto in Emilia Romagna e Toscana – ha ripreso a crescere alla fine degli anni Sessanta attraverso una fitta rete di consorzi, arrivando a raggiungere in tempi più recenti una posizione di terzo settore economico, accanto a quello privato e a quello pubblico, e un peso significativo nell’economia del Paese.