convertire [pass. rem. anche converse; partic. pass. converso]
Verbo di uso quasi esclusivamente poetico, adoperato per lo più con costrutto intransitivo pronominale e seguito dalla preposizione ‛ in '. Il fondamentale valore etimologico di " mutarsi " di una cosa - talvolta un oggetto astratto - in un'altra, " passare da una condizione all'altra ", " volgersi ", Si mantiene pressoché costante, assumendo tuttavia in qualche caso particolari sfumature di significato: Vn III 7 la sua letizia si convertia in amarissimo pianto (un'altra ‛ conversione ' in " lacrime " [Contini], in Rime CII 34); If XIII 92 soffiò il tronco [in cui è racchiuso Pier della Vigna] forte, e poi / si convertì quel vento in cotal voce; XXVII 15 per non aver via né forame / dal principio nel foco, in suo linguaggio [" nel borbottio ch'è come il linguaggio di esso fuoco ", Scartazzini-Vandelli] si convertïan le parole grame.
Il fenomeno atmosferico della condensazione del vapore, che per il freddo " si tramuta " in acqua, è ricordato in Rime CII 29 e nella descrizione della tempesta che travolse il corpo di Bonconte: 'l pregno aere in acqua si converse; / la pioggia cadde (Pg V 118). Il concetto è anche in XXVIII 122 L'acqua che vedi non surge di vena / che ristori vapor che gel converta, " idest aer resolvat in pluvias " (Benvenuto; così anche Landino, Daniello, Scartazzini-Vandelli, e altri); ma il Porena legge che ristori vapor, che gel converta, e spiega: " non scaturisce da una sorgente... che il gelo converta in ghiaccio, come invece sorgono da siffatte sorgenti i fiumi, che perciò ora, per pioggia, acquistano vigore, ora, per gelo, lo perdono ". Alla formazione del ghiaccio si allude ancora in Rime C 60 l'acqua morta si converte in vetro / per la freddura che di fuor la serra, dove il Contini osserva che il " ghiaccio sarà vetro anche in Inf. XXXII 24 " (così anche in Barbi-Pernicone).
Il costrutto transitivo, già osservato in Pg XXVIII 122, è presente anche in If XXV 99 Ovidio / ... quello [Cadmo] in serpente e quella [Aretusa] in fonte / converte poetando (cfr. Met. tv 563 ss., V 572 ss.), e in Pd XXVII 125; eccezionale, sempre nel significato di " trasformarsi ", il costrutto assoluto di If XXX 53 La grave idropesì... dispaia / le membra con l'omor che mal converte, " Si converte in mala parte " (Daniello; Scartazzini-Vandelli e Casini-Barbi rimandano a Fra Giordano [Prediche, ediz. Narducci, 303]: " L'idropico, quanto più mangia e bee, quegli omori si corrompono tutti e convertonsi in mali omori flemmatici "); ma alcuni commentatori, sulle orme del Buti (" converte lo fegato in nutrimento delle membra "), intendono il verbo come transitivo, col valore di " assimilare " (Tommaseo, Mattalia; così anche nella Crusca5 e nel Dizionario Battaglia).
Diverso valore ha c. in Pd III 127 La vista mia... / a Beatrice tutta si converse, " si rivolse "; e V 54, dove Beatrice, parlando delle due componenti del voto, afferma che quella che per materia t'è aperta, / puote ben esser tal, che non si falla / se con altra materia si converta, " venga scambiata " (il ‛ si ', in questo caso, è passivante; ma il verbo potrebbe anche essere considerato impersonale, come farebbe pensare l'accostamento a si falla).
Il participio passato ricorre, con valore predicativo, in If XII 43 è chi creda / più volte il mondo in caòsso converso, " volto ", " tornato " nel caos. Come attributo, è usato in Pg XIX 116, dove l'anime converse sono quelle degli avari, " convertite da l'avarizia e ritornate a Dio per penitenzia " (Buti; così Benvenuto, Venturi, Andreoli, Torraca, Fallani, e altri): questo e l'altro di If XXIX 41 (v. oltre) sono gli unici casi in cui il " mutarsi " è volto a tale particolare traslato. La possibile allusione al modo in cui gli avari scontano la pena (vidi gente... che piangea, / giacendo a terra tutta volta in giuro, vv. 71-72), già prospettata dal Cesari, è stata ripresa da Scartazzini-Vandelli, che propendono però per l'altra interpretazione, e dal Mattalia, che sembra invece preferirla.
Il participio torna ancora, sostantivato, in If XXIX 41 Quando noi fummo sor l'ultima chiostra / di Malebolge, sì che i suoi conversi / potean parere a la veduta nostra..., e vale " claustrali non sacerdoti ma laici " (Scartazzini-Vandelli); " i suoi conversi, idest, falsatores, qui sunt conversi istius falsae religionis " (Benvenuto). Da notare che il passaggio alla professione monastica è detto conversio nella Regola benedettina. Come osservano i commentatori, l'uso del vocabolo è dovuto al fatto che " nelli chiostri stanno li conversi, e di sopra è detto l'ultima chiostra, cioè... l'ultima chiusura di Malebolge " (Buti).
In questo senso il vocabolo ricorre anche in Fiore XXVI 14 In poca d'or sì 'l fatto mi bistorna [" mi sconvolge ", Parodi] / che d'abate tornai men ch'a converso.
Nel Convivio appare infine la locuzione e converso (v.).