conversazione
La conversazione è uno scambio verbale tra due o più partecipanti, come tipo di attività socialmente organizzata, prevalentemente di carattere informale e basata sulla ➔ lingua parlata. La conversazione, nella sua forma canonica faccia a faccia, è caratterizzata dall’uso del codice verbale, dal mezzo fonico-acustico, dalla sincronia temporale, dal contesto fisico comune e dalla compresenza di parlante e interlocutore/i.
La conversazione si può considerare come la forma prototipica del dialogo faccia a faccia; con il dialogo condivide infatti i due tratti centrali dell’interattività e dell’intenzionalità (basata sulla disposizione ad agire; Bazzanella 2002). L’interattività comporta vari aspetti:
(a) la presenza di due o più persone, da una coppia costituita da parlante e o interlocutore; a un numero elevato di interlocutori;
(b) codice, lingua e scopi condivisi, diversi in base al tipo di comunicazione e ai soggetti coinvolti;
(c) l’alternanza di turni, in quanto parlante e interlocutore si avvicendano nello sviluppo conversazionale;
(d) l’attribuzione vicendevole di conoscenze e credenze da parte degli interlocutori;
(e) la ‘negoziazione’, intesa non solo come un tipo dialogico specifico (ad es., tirare sul prezzo in una situazione di compravendita; o, nella diplomazia, cercare di stipulare accordi), ma come un concetto metodologico per descrivere e spiegare l’interazione dialogica (cfr. Weigand & Dascal 2001), in particolare i processi legati alla ‘riparazione’.
Se si considera la lingua, in una prospettiva pragmatica e di linguistica interazionale, come azione e interazione, la conversazione ne costituisce il punto privilegiato di osservazione e studio.
La conversazione può assumere varie forme: dalle chiacchiere a cena in famiglia, allo scambio fra estranei sul treno, alla comunicazione tra amici, al colloquio con l’insegnante del figlio, al colloquio di lavoro, al dialogo terapeutico, ecc., per non parlare del talk-show (che aggiunge l’elemento della spettacolarità e del doppio pubblico, in studio e a casa, con varie possibilità di intervento), ecc.
Come in ogni produzione linguistica, le varie forme della conversazione sono fortemente influenzate dal contesto, nelle sue varie componenti, e dalle azioni non verbali concomitanti (queste ultime oggetto di attenzione particolare in antropologia). Si possono distinguere tre tratti contestuali centrali, che incidono in modo combinato sulla strutturazione e lo sviluppo della conversazione: setting, partecipanti/agenti, tipo di interazione (Bazzanella 20082).
Nel primo tratto contestuale, il setting, rientrano tre parametri fondamentali che caratterizzano una determinata conversazione: tempo, spazio, mezzo fisico di trasmissione. Già a partire dal telefono (che permette uno scambio sincrono, anche se in assenza di contesto fisico comune), la gamma delle forme possibili di conversazione si è ampliata, e si è ulteriormente allargata con le nuove tecnologie connesse al telefono cellulare, al computer, a Internet, con generi di interazioni comunicative (sms, chat, Facebook, ecc.) che non utilizzano la voce ma la tastiera del computer o del cellulare. Si tratta quindi di modalità a tratti ‘misti’, che si collocano in un continuum tra ➔ lingua parlata e ➔ lingua scritta (Pistolesi 2004).
La temporalità, non più necessariamente condivisa come nella conversazione faccia a faccia, può variare: da una quasi sincronia, come in sms, msm, chat, a un tempo che può prolungarsi anche su più giorni, come in Facebook.
In alcune forme di conversazione può mancare anche l’ambiente fisico comune in cui si proferisce l’enunciato in presenza del’interlocutore (mentre nella conversazione faccia a faccia tempo e spazio per gli interattanti coincidono).
Nella comunicazione con tecnologie digitali mancano naturalmente tutti gli aspetti prosodici (➔ prosodia; ➔ intonazione), i ➔ gesti, le espressioni del viso, gli sguardi, i movimenti del corpo, ecc., cioè la multimodalità che caratterizza la lingua parlata, suppliti in parte da espedienti grafici come le ‘faccine’ (ingl. smileys; ➔ Internet, lingua di).
Altre restrizioni imposte dal mezzo di trasmissione sono evidenti, ad es. negli sms, che limitano il numero dei caratteri possibili e le cui difficoltà di scrittura sono in parte superate con la tecnologia T9 per la composizione rapida delle parole.
Il livello di interattività in queste forme, pur essendo limitato da una maggiore o minore asincronia e assumendo aspetti virtuali, rimane elevato. Spesso ci si rivolge a destinatari sconosciuti o di cui sono note solo le caratteristiche dichiarate da essi stessi, come succede in chat, Facebook e web-logs (accomunati dall’intenzione di mettersi in contatto con una comunità indefinita). Scrivere su una tastiera, senza sapere quando verrà letto il messaggio (in certi casi, come in Facebook, senza sapere chi risponderà), e poter evitare di reagire subito a un messaggio di posta o a un’altra richiesta di interazione basata sulla computer mediated communication (o CMC) è però molto diverso dal rivolgersi a una persona conosciuta che ti sta di fronte e che può intervenire anche mentre parli, con espressioni del viso o brevi segnali di conferma / disaccordo (➔ segnali discorsivi).
Il secondo tratto contestuale è dato dai partecipanti/agenti. Quando si parla di partecipanti / agenti ci si riferisce non solo al caso più comune, la conversazione faccia a faccia tra persone, ma anche, con significativa estensione, ad altre forme recenti di interazione in CMC (per es., la posta elettronica) o l’interazione persona-macchina, come nei servizi automatizzati, sempre più diffusi nel commercio e nei servizi pubblici.
Nella normale conversazione faccia a faccia, diversi parametri sono importanti rispetto alla strutturazione, alle modalità linguistiche usate e allo sviluppo della conversazione stessa:
(a) le caratteristiche sociolinguistiche (età, professione / ruolo sociale, livello culturale e socio-economico, provenienza geografica, sesso; ➔ genere e lingua) e individuali degli interlocutori;
(b) le relazioni reciproche (simmetriche o asimmetriche: ad es., amica-amica, studente-docente, ecc.), che comportano conseguenze sia sul ➔ registro che su alcune proprietà linguistiche connesse alla cortesia (➔ cortesia, linguaggio della), al genere, ecc.;
(c) lo status interazionale e conversazionale, che può essere paritario o no (come nel caso del rapporto tra conduttore televisivo e ospite), correlato a competenze tecniche o influenzato dal grado di conoscenza della lingua nei parlanti non nativi;
(d) le credenze e conoscenze condivise dagli interlocutori (ad es., rispetto al panorama politico di un dato paese), e quelle che si accumulano nella conversazione;
(e) le norme culturali relative alla comunità di appartenenza degli interlocutori;
(f) l’eventuale presenza di pubblico (in particolare quello televisivo, che porta a una spettacolarizzazione dello scambio comunicativo).
Il terzo tratto contestuale – lo specifico tipo di interazione – è correlato, oltre che agli elementi precedenti, al compito, scopo o argomento, al grado di convenzionalizzazione e istituzionalizzazione dello scambio, al genere discorsivo, con conseguenze significative sulla strutturazione e modalità dello scambio stesso. Si può conversare per passare il tempo, senza una gamma predefinita di argomenti, o per molti altri motivi: ad es., conseguire un obiettivo preciso, cercare di persuadere l’interlocutore, scambiarsi informazioni o richiederle, litigare o rappacificarsi, ecc.
Il grado di convenzionalizzazione o istituzionalizzazione può variare da un minimo (come nella conversazione tra amici) a un massimo di strutturazione (come negli scambi di servizio, dal semplice acquisto in un negozio a una complessa operazione bancaria).
A seconda del diverso setting, dei diversi partecipanti, dei diversi scopi, il registro usato sarà più o meno formale e il formato di produzione sarà più o meno rigido e convenzionalizzato.
Nello studio della conversazione si possono distinguere diverse prospettive di analisi che, in modo più o meno esplicito, raccolgono le ipotesi teoriche di Grice (1989) sulla «logica della conversazione». Secondo Grice infatti la conversazione è un’impresa razionale, intenzionale, cooperativa, e la comprensione è attività costruttiva, di parlante e interlocutore insieme. Il famoso principio di cooperazione («conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è richiesto, nel momento in cui avviene, dall’intento comune accettato o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato»; Grice 1993: 60) deve essere considerato come presupposto per un agire razionale, sia esso verbale o non verbale.
Se rispettiamo il principio di cooperazione, come normalmente succede, possiamo però violare le massime (quantità, qualità, relazione, modo) in cui si articola il principio stesso, ad esempio dando una risposta più informativa del necessario. In questo caso la violazione delle massime, intese come punti di orientamento, attiva l’implicatura, processo inferenziale individuato da Grice come strumento utile per individuare la distanza tra ciò che viene detto e ciò che viene implicato; in altre parole, per ‘calcolare’ l’implicito, estremamente diffuso nel parlato.
Tra le prospettive di analisi basate anche su dati ricavati da corpora orali trascritti, la più nota e internazionalmente praticata anche in Italia (cfr. Orletti 1994, Galatolo & Pallotti 1999; Giglioli & Fele 2000) è l’analisi della conversazione (conversation analysis), di impronta sociologica, basata su dati quantitativi e caratterizzata da un metodo induttivo (Sacks et al. 1974). Un’altra prospettiva rilevante è quella dell’analisi del discorso (discourse analysis), di impronta linguistica, caratterizzata inizialmente da un metodo deduttivo, ma attenta ai dati reali e agli aspetti di interazione sociale (van Dijk 1985). Meno diffuse sono l’analisi critica del discorso (critical discourse analysis), volta a mettere in rilievo le possibilità manipolatorie della lingua e le connessioni tra lingua e potere, e la ricerca sul dialogo, di carattere più eclettico.
Tutti questi approcci condividono peraltro punti forti, quali il ricorso ai dati reali, l’attenzione all’organizzazione sequenziale della conversazione, la presa in carico degli aspetti contestuali (anche se considerati in modo diverso a seconda della prospettiva specifica). La focalizzazione sugli aspetti non verbali e sulla multimodalità, presente soprattutto nell’analisi della conversazione, non è invece ancora totalmente condivisa.
Aspetto essenziale della struttura della conversazione è l’organizzazione dei turni, cioè il modo in cui parlante e interlocutore si avvicendano. La regola d’oro per lo scambio dei turni indicata da Sacks et al. (1974) è: «un parlante per volta», preferibilmente senza sovrapposizioni, interruzioni (che peraltro avvengono in molte conversazioni, soprattutto di tipo informale).
L’alternarsi regolare di un parlante per volta è favorito da quello che viene chiamato punto di rilevanza transizionale: il momento della conversazione, identificato tramite il completamento sintattico, semantico, intonativo, in cui ci si può scambiare il turno, come alla fine della linea 1 del seguente frammento radiofonico:
(1) A: Come ti chiami?
G: Giovanna.
Un utile strumento introdotto dall’analisi della conversazione per indagare la struttura della conversazione è dato dalle sequenze complementari (o coppie adiacenti): il termine indica sequenze di due turni vicini l’uno all’altro, prodotti da parlanti diversi, ordinati nella successione di due parti in quanto corrispondono a un insieme ben regolato di attese definite (come, per es., saluti / saluti, domanda / risposta, offerta / accettazione, scusa / minimizzazione). L’analisi delle coppie adiacenti è importante sia dal punto di vista della nozione di preferenza (basata su dati quantitativi, come ricorrenza attesa di determinati schemi) che da quello della rilevanza condizionale di un’azione verbale rispetto a quelle successive: il proferimento della prima parte condiziona la produzione della seconda parte. Si sottolineano così, con un modello di analisi strutturato su molti dati reali, gli aspetti sequenziali e interazionali nel loro sviluppo.
Interattività, sequenzialità e dinamicità caratterizzano tutte le forme e le varie fasi di conversazione, anche se in modi diversi da una all’altra e da una cultura all’altra. Rispetto ad esempio alla fase di apertura, al telefono (senza display del chiamante), dopo l’apertura del canale (o chiamata / risposta), è frequente l’autoidentificazione; mentre al cellulare l’identificazione è spesso fornita dalla rubrica e si può iniziare direttamente con il saluto e il nome della persona. Nelle telefonate di servizio, come in (2), si assommano nel primo turno: nome del posto, saluti, nome di battesimo, disponibilità:
(2) squillo
R>virgin express buongiorno sono fabia mi dica
(tratto da Colamussi & Pallotti 2003: 96)
Nei casi di telefonate d’urgenza possono mancare del tutto o essere molto sbrigative le fasi di autoidentificazione, delle manifestazioni di interessamento (➔ convenevoli) e dei saluti, per convergere direttamente sull’obiettivo urgente della chiamata, come nell’esempio (3):
(3) Operatore: centrale centodiciotto (0.4)
Chiamante: buonase:ra; c’è un’overdose da eroina in via delle nurghe:
(tratto da Monzoni & Zorzi 2003: 96)
Nello sviluppo della conversazione, la comprensione vicendevole, anche se favorita da mezzi non verbali, dalla condivisione spazio-temporale, ecc. (v. § 1), e controllata tramite l’uso di segnali discorsivi, può anche fallire totalmente o portare a un fraintendimento temporaneo, facilmente risolto come in (4):
(4) 1 F: buongiorno ‹?› il cambio di residenza qua?
2 E: residenza o domicilio?
3 F: residenza
4 E: signora per andar via da Napoli?
5 F: da u‹na› da una_ via all’altra
6 E: allora il domicilio
7 F: domicilio?
8 E: ah la residenza è quando si deve andare a un altro luogo
(tratto dal corpus LIP, C1/ NA10, in De Mauro et al. 1993)
Nell’es. (4), l’impiegato di un’anagrafe (E) corregge, alla riga 6, la credenza errata di un utente (F), relativa alla distinzione tra cambio di domicilio e cambio di residenza, riparando così il possibile fraintendimento sollevato dalla domanda dell’utente alla riga 1.
Quando il fraintendimento, che può avere diverse cause (tra cui l’ambiguità, la mancanza di credenze condivise, la similarità fonetica, ecc.), diventa palese dal prosieguo della conversazione, si può trascurare perché irrilevante o inavvertito dagli interlocutori; o si può ‘riparare’ esplicitamente, sia con un’auto-riparazione, sia richiedendo una riparazione da parte dell’interattante nei turni successivi (5):
(5) 1 Cw: Buongiorno. Avrei bisogno di un libro di inglese del primo corso dell’American
2 school (0.3)
3 Cw: (10syll) [(01) passi] Il bigliettino mi avevan rilasciato. (02) Dicon che c’è lo sconto
4 anche del dieci per cento?
5 AF: +Se lei ha già l’iscrizione sì
6 Cw : Sì sì, io sarei già iscritto
7 AF: Sì no, ma se ha qui il tagliandino dell’iscrizione
8 Cw: Ah ho: capito [ride] (tratto dal corpus Pixi C2/BOF/A-05/1, in Gavioli & Mansfield 1990).
Nell’es. (5) l’autoriparazione della commessa è prodotta alla riga 7, ed è seguita alla riga 8 dalla conferma, da parte dell’interattante, di aver capito la precisazione la cui mancanza nel turno 5 aveva causato il fraintendimento.
Circa la parte finale della conversazione, le chiusure possono variare in relazione alle forme, in partic. in situazione non canonica (cioè non faccia a faccia). In tutte le forme si ricorre a saluti convenzionalizzati (➔ saluto, formule di) che si presentano per lo più in sequenze complementari ripetitive (ciao / ciao, buonasera / buonasera), e occorrono assieme a convenevoli e complimenti (ad es., relativi alla casa, se si tratta di un invito a cena in una casa nuova) o ad essi intercalati.
In tutte le forme della conversazione prevale il registro informale (➔ colloquiale, lingua), che si riflette, nelle forme di conversazione realizzate dalle nuove tecnologie (§ 2) e quindi attraverso digitazione su tastiera, anche in una grafia sciatta, spesso approssimata, scorretta o abbreviata (➔ abbreviazioni).
Sono ricorrenti inoltre, in tutte le forme, alcuni fenomeni tipici della lingua parlata: ad es., un lessico semplificato (con l’uso di termini generici come cosa, fare, ecc.) e, a livello sintattico, la paratassi e meccanismi di focalizzazione come dislocazioni e frasi scisse (➔ dislocazioni; ➔ focalizzazioni; ➔ scisse, frasi).
Interruzioni e sovrapposizioni, assenti in contesti formali (anche se faccia a faccia) come una conferenza, sono tipiche della conversazione in cui ci siano compresenza degli interlocutori e contesto informale. Anzi, la frequenza delle interruzioni e sovrapposizioni (spesso in funzione di sostegno, come nel caso in cui si conferma quanto l’altro/a sta dicendo, senza volontà del parlante di prendere il turno) sottolinea l’alto grado di interazione tra interlocutori, che partecipano attivamente alla costruzione del discorso e non sono semplici destinatari di un messaggio costruito dal solo parlante:
La conversazione è frutto di una collaborazione, di un lavoro in comune, tanto da essere considerata metaforicamente come un tessuto [...], in cui i contributi di parlante di turno ed interlocutore/i [...] si intrecciano tra di loro, fin quasi a confondersi, e comunque a costituire un unico prodotto (Bazzanella 1994: 62).
La partecipazione attiva è alta anche in caso di conflitto, in cui l’interruzione o la sovrapposizione hanno la funzione di contrapporsi, o di contro-argomentare, introducendo un nuovo argomento (o topic) come in (6), tratto da una puntata della trasmissione “Linea rovente” (1987):
(6) B: 90% e’ per l’esportazione ai paesi della fame |
questo per me e’ IMMORALE (-) davanti ad una Africa
che sta veramente calando a picco da tutte le parti
e dove c’e’ fa+me*
A: +ma* se invece fornissimo le armi per esempio
all’esercito americano| (citato in Bazzanella 1994)
Altra caratteristica della conversazione, che a sua volta sottolinea il coinvolgimento degli interlocutori, è la ripetizione dialogica, che si attua attraverso le riprese uguali, da parte del parlante di turno, di uno o più elementi formali presenti nel turno del parlante precedente. La ripetizione dialogica può assolvere varie funzioni, tra cui quelle conversazionali (ad es., per rispondere a una domanda come in 7) e interazionali (ad es., per evidenziare un disaccordo, tramite l’intonazione o lo sguardo, e per richiedere una correzione, come in 8):
(7) Cw: C’è anche non integrale?
[...]
AA : Sì, c’è anche non integra:le
(tratto dal corpus PIXI, Bof -E01, 141, in Gavioli & Mansfield 1990)
(8) A: Ci vediamo alle 10
B: Alle 10? Ma [non dovevi-]
A: [Scusa] (.) alle 11 (.) mi stavo dimenticando la riunione
(tratto dal corpus PIXI, Bof A-19/a, 106)
È stata ipotizzata (Bazzanella 1994, 20082) una scalarità della ripetizione dialogica sull’asse accordo / disaccordo, a partire da quello che può essere considerato il grado zero nella scala, cioè la semplice funzione di conferma della ricezione di quanto inteso nel turno precedente (come in 9):
(9) AF: È un corso
Cw: Un corso
Molto diffusi nella conversazione sono i segnali discorsivi, in particolare quelli in funzione interazionale, sia da parte del parlante che dell’interlocutore, come ma in (6), usato per prendere il turno, contrapponendosi al parlante precedente.
LIP 1993 = De Mauro, Tullio et al., Lessico di frequenza dell’italiano parlato, Milano, ETAS libri.
Bazzanella, Carla (1994), Le facce del parlare. Un approccio pragmatico all’italiano parlato, Firenze, La Nuova Italia.
Bazzanella, Carla (a cura di) (2002), Sul dialogo. Contesti e forme di interazione verbale, Milano, Guerini.
Bazzanella, Carla (20082), Linguistica e pragmatica del linguaggio. Un’introduzione, Roma - Bari, Laterza (1a ed. 2005).
Colamussi, Anna & Pallotti, Gabriele (2003), Le aperture di telefonate in italiano e spagnolo, in Thüne & Leonardi 2003, pp. 91-112.
Dijk, Teun A. van (edited by) (1985), Handbook of discourse analysis, London - New York, Academic Press, 4 voll.
Galatolo, Renata & Pallotti Gabriele (a cura di) (1999), La conversazione. Un’introduzione allo studio dell’interazione verbale, Milano, Cortina.
Gavioli, Laura & Mansfield, Gillian (1990), The PIXI corpora. Bookshop encounters in English and Italian, Bologna, CLUEB.
Giglioli, Pier Paolo & Fele, Giolo (a cura di) (2000), Linguaggio e contesto sociale, Bologna, il Mulino.
Grice, Paul H. (1989), Studies in the ways of words, Cambridge (Mass.), Cambridge University Press (trad. it. Logica e conversazione. Saggi su intenzione, significato e comunicazione, Bologna, il Mulino, 1993).
Monzoni, Chiara & Zorzi, Daniela (2003), Le telefonate d’emergenza: un confronto fra l’italiano e l’inglese, in Thüne & Leonardi 2003, pp. 163-181.
Orletti, Franca (a cura di) (1994), Fra conversazione e discorso. L’analisi dell’interazione verbale, Firenze, La Nuova Italia Scientifica.
Pistolesi, Elena (2004), Il parlar spedito. L’italiano di chat, e-mail e sms, Padova, Esedra.
Sacks, Harvey, Schegloff, Emanuel A. & Jefferson, Gail (1974), A simplest systematics for the organization of turn-taking for conversation, «Language» 50, pp. 696-735 (trad. it. L’organizzazione della presa del turno nella conversazione, in Giglioli & Fede 2000, pp. 97-135).
Thüne, Eva Marie & Leonardi, Simona (a cura di) (2003), Telefonare in diverse lingue, Milano, F. Angeli.
Weigand, Edda & Dascal, Marcelo (2001), Negotiation and power in dialogic interaction, Amsterdam - Philadelphia, Benjamins.