CONVENTO
Il più antico esempio di c. occidentale finora noto è quello recentemente scoperto in Palestina, nel deserto presso il Mar Morto. Gli scavi condotti, a partire dal 1951, nel Khirbet Qumrān hanno rivelato le rovine di un c. giudaico, abitato da una setta, comunemente identificata con gli Esseni, dalla fine del II sec. a. C. al 68 d. C., anno in cui il c. fu distrutto dalle truppe romane che vi lasciarono una piccola guarnigione.
Le rovine, che sorgono su una terrazza circondata da burroni, occupano un'area di circa 8o × 8o m; un acquedotto alimentava diverse cisterne col uadi Qumrān. Il complesso principale constava di una torre a due piani con adiacente un piccolo edificio a un piano, l'edificio centrale era a due piani, il secondo dei quali conteneva una lunga sala adibita a scriptorium (si sono ritrovati alcuni tavoli di mattoni e calamai); intorno a questo edificio centrale si trovavano la cucina, la lavanderia, le istallazioni igieniche, magazzini varî; isolata, una lunga e stretta sala per le adunanze; presso il c. si trovava il cimitero della comunità.
Alla comunità di questo c. si riferivano i noti "rotuli del Mar Morto" (v. bibbia).
Cristianesimo. - I c. cristiani incominciarono a sorgere in Egitto e in Siria nella metà del IV sec. per iniziativa di S. Pacomio (m. 346).
Per la prima volta a Tabennis, nella valle del Nilo, forse sul luogo dell'attuale Dashe, diversi monaci si riunirono per vivere sotto uno stesso tetto osservando una stessa regola, diversamente da quanto avveniva, prima e anche dopo, nei cenobi in cui i monaci vivevano in celle disperse sebbene riuniti in comunità eremitiche (laure). Un unico recinto racchiudeva ora le celle dei residenti, la chiesa, la cappella, i magazzini, il refettorio, la foresteria, ecc. Tra i più notevoli resti di questi recinti di c. si ricorda la "Casa grande", nel deserto libico presso el-Kargah. Particolarmente ricchi erano i cenobî presso la città di Strena nel V e nel VI sec.: si trovavano in un importante centro di pellegrinaggio e in prossimità delle acque medicamentose. Ma i due più importanti c. dell'Egitto, seppure ampiamente rimaneggiati, sono il "Convento rosso" e il "Convento bianco" presso Sohag; il primo fondato nel 440, il secondo di poco più tardo. Altissime mura circoscrivevano un ampio rettangolo in cui erano racchiusi: la basilica, una grande sala, alcuni ambienti di varia destinazione e infine le celle dei monaci, raggruppate intorno al corpo principale o sparse. La chiesa del "Convento rosso" è tra le più alte testimonianze dell'architettura copta (v. copta, arte). Grande linearità nella distribuzione degli ambienti entro il recinto del c. si nota nel grande monastero presso Tebessa. Qui le celle dei monaci si addossano a tre lati della basilica, i cui muri laterali costituiscono il muro posteriore delle celle; gli edifici amministrativi sono del tutto staccati dal resto e fiancheggiano su due lati l'atrio della basilica.
In Siria sono particolarmente interessanti sotto i riguardi architettonici e per interesse storico le rovine di Qalat Semān, nei dintorni di Antiochia. Il c. sorse intorno alla colonna in cima alla quale era vissuto, sin dal 422, lo stilita Simeone, da un primo nucleo di costruzioni per i pellegrini e di celle per i monaci che si era venuto formando già durante la vita di questo Santo (m. nel 459). Tra il 479, data iscritta su un ospizio (pandochèion) e il 594 - data della morte di Evagrio a cui dobbiamo una fedele descrizione del complesso - al primitivo raggruppamento era subentrato un vero e proprio c., sistematicamente ordinato, entro il recinto delle mura, intorno alla basilica eretta per custodire la colonna sacra.
Il c. era munito anche di una torre di guardia, particolarità che si trova già in uno dei due monasteri costruiti da S. Girolamo a Betlemme (386-389) e che sarà un tratto tipico degli undici monasteri eretti da S. Saba (439-532) secondo un piano invariabile.
Notevole influenza sullo sviluppo della vita conventuale, e pertanto anche della sistemazione edilizia del c. va attribuità all'opera più importante di Cassiodoro (circa 490-583), le Institutiones, nelle quali si può trovare riflessa e teorizzata la realtà del c. detto Vivarium, ispirato alle scuole teologiche di Nisibis e di Alessandria, da Cassiodoro fondato nel Golfo di Squillace in Calabria.
Impressionanti testimonianze della vita dei cenobiti sono le cappelle e le chiese scavate nella roccia, con annessi monasteri nella regione vulcanica del M. Argeo e del Hasan Dagh, in Cappadocia. Sono specialmente importanti per le pitture che, benché eseguite prevalentemente tra il X e il XIII sec., conservano caratteri iconografici dell'arte monastica formatasi in Asia Minore nel V-VI sec., e che ebbe tanta importanza per lo svolgimento iconografico dell'arte cristiana dell'Europa medievale.
Le costruzioni di c. orientali influenzarono quelle dell'Occidente, le quali tuttavia ebbero caratteri proprî, non soltanto, come è naturale, stilistici, ma anche nell'ordinamento e nel tipo degli edifici. L'attenzione data da S. Benedetto (480-543) alle attività pratiche dei monaci fece sì che gli edifici amministrativi, magazzini, mulino, ecc. avessero una speciale importanza nel piano distributivo del monastero, che veniva assumendo quasi la fisionomia di una città. Inoltre comparvero grandi aule per la vita collettiva dei monaci: i dormitorî e i refettorî. Generalmente la corte quadrangolare è il nucleo intorno a cui si sviluppa tutto il convento.
Bibl.: Per il c. di Qumrān, v. Revue Biblique, dal 1952 in poi. Per la località del Vivarium di Cassiodoro: P. Courcelle, in Mélanges d'Archéologie et d'Histoire, 55, 1938, p. 259.
(Red.)
Estremo Oriente. - In Asia non si può parlare di cenobî prima del buddismo che, nato nell'India nel sec. VI a. C., si diffuse nelle altre regioni asiatiche a partire dai primi secoli dell'èra cristiana e vi si impiantò sotto forme diverse. Anteriormente a questa diffusione, non si trovano comunità religiose che nella sola India, dove, tuttavia, erano piuttosto eremi che conventi. Composti di capanne di fogliame o di costruzioni coperte di paglia, questi eremi (ashram) ricoveravano qualche anacoreta celebre per le sue austerità, la sua scienza filosofica, i suoi poteri soprannaturali, intorno al quale si raggruppavano individui di ogni origine, desiderosi di acquistare la sua scienza o anche solo di vivere nella vicinanza immediata di un santo. I giovani di buona famiglia vi erano anche messi a pensione per alcuni anni e vi facevano la loro educazione, servendo il loro maestro spirituale e imparando da lui il comportamento del perfetto uomo di casta. Come università o collegio o come ritiro, separato dal mondo, l'eremo viveva di proprie risorse; l'esistenza vi era rozza e frugale, dedicata al mantenimento del fuoco sacro, ai bisogni giornalieri, agli esercizî della meditazione e dell'ascesi. Questo tipo di vita in comune e ritirata in un luogo di pace, si è perpetuato nell'India fino ai nostri giorni.
Quando il buddismo primitivo si evolse e i monaci mendicanti ed erranti si trasformarono in religiosi sedentarî, furono fondati c. veri e proprî, il cui modello si diffuse nei paesi convertiti. Prima essi, ancor poco numerosi, occupavano dimore fisse solo durante la stagione delle piogge; poi l'ordine buddista si sviluppò in modo tale che si dovettero costruire monasteri permanenti; monaci e monache si stabilirono in dimore separate e l'antica anarchia fu sostituita da una vita regolata, che implicava obblighi stretti e una gerarchia nella quale i laici formarono un terz'ordine e i monaci furono sottomessi alla direzione di un abate (thera). Tutto fu a poco a poco codificato: vesti, nutrimento, occupazioni giornaliere e periodiche; fu creata una regola disciplinare (vinaya); la dottrina (dharma) fu redatta in canoni. Malgrado questi sforzi di centralizzazione, le sette si moltiplicarono e l'ordine buddista non raggiunse mai la stabilità, per esempio, del cattolicesimo.
Per ospitare il numero crescente senza posa dei religiosi, furono costruiti dei monasteri che ospitavano, oltre ai monaci e alle monache, i novizî, i fratelli erranti, i servitori dei due sessi, gli schiavi addetti in perpetuità al servizio dei monasteri, gli ospiti di passaggio, i rifugiati e i fuggitivi. Le comunità più prospere contarono, si dice, da tre a cinquemila abitanti. La pianta dei monasteri (vihāras, v.) grandi o piccoli, era sempre la stessa: disposti in un quadrilatero intorno a un cortile interno, gli edifici erano costruiti su un chiostro le cui gallerie coperte servivano da deambulatorî; alcune di queste gallerie erano talora lunghissime (m 27 × 2,50); su di esse si aprivano le celle e le cappelle. Al centro del cortile si innalzava un monumento commemorativo o un reliquiario (stūpa), o anche un tempio. Quando v'era necessità di ingrandire il monastero, si aggiungevano uno o più quadrilateri al convento primitivo: così uno dei più celebri e dei più importanti, quello di Nalanda, al Bihar, aveva otto chiostri (VI-VIII sec.). Le celle, raggruppate intorno a uno stesso cortile, contenevano ognuna un mobilio rudimentale: un letto basso, uno sgabello, una tavola, una sputacchiera e qualche stuoia. In alcuni monasteri, gli edifici che servivano da residenza dei religiosi avevano più piani che si elevavano a piramide ed eran provvisti di verande a pilastri. Le cappelle, raggruppate in altri cortili, contenevano ognuna una immagine scolpita. Generalmente il monastero aveva un ingresso unico e la cinta muraria racchiudeva, con i chiostri, le sale, i padiglioni e alcune altre costruzioni disposte in un certo disordine dovuto alla configurazione del terreno e ai rimaneggiamenti successivi del piano iniziale. Vi era una sala per riunioni di vaste dimensioni che serviva alla comunità in tutte le occasioni solenni; vi si trovavano anche delle cantine, i servizî, le cucine, una sala dove si preparavano i tagli degli abiti monacali, i granai, i magazzini di derrate e di medicine; una stanza conteneva il fuoco domestico; un'altra il tesoro del convento. Un pozzo coperto, un serbatoio, servivano alle abluzioni e agli usi domestici. Vi erano, infine, le latrine, con un sistema rudimentale di fognatura, e il bagno, ch'era particolarmente ben costruito, con una sala per bagni caldi, una sala per bagni a vapore, un frigidario ed un'anticamera. Le costruzioni, in mattoni o in pietra, abbastanza spesso in argilla e in terra battuta e coperte di stoppia, di paglia o di fogliame, e talvolta in pelli ingessate, erano rivestite di intonaco bianchissimo; bassorilievi di pietra o di stucco, interamente dorati, ornavano gli stūpa e i templi. Talora i monasteri erano rupestri, disposti in una serie di grotte, fino a una trentina, scavate nei fianchi di certe scogliere; uno dei più considerevoli è quello d'Ajanta (v.), nello stato di Haiderabad, che si sviluppò dagli inizî dell'èra cristiana alla fine del VI o l'inizio del VII sec. Alcune di quelle grotte sono capolavori dell'arte indiana (v. Ajanta).
Gli splendidi conventi buddisti dell'India suscitarono l'ammirazione dei monaci pellegrini cinesi che ne fecero descrizioni minuziose e, una volta tornati in patria, consigliarono di imitarli. Quelli che già vi erano in Cina erano stati concepiti sullo stesso modello, raggruppando gli edifici in cortili e contenendo ciò che è essenziale alla vita comune. Ma è forse a imitazione dei buddisti dell'India che i Cinesi scavarono i monasteri rupestri di Yüngkang (V-VII sec.), di Longmen (VI sec.), ecc. Come nell'India, queste grotte sono scolpite e dipinte. Lo stesso tipo di monasteri rupestri si trova anche frequente nel Turkestan cinese, a Qïzïl, a Bäzäklik, a Tunhuang, dal III sec. circa al X. Si ritrova in Afghanistan, dove le grotte di Bāmiyān e di Kakrak riprendono sensibilmente gli stessi schemi.
Tutti i paesi buddisti hanno così elevato importanti monasteri. Ma in alcuni non resta traccia di monasteri antichi, come nei paesi Khmer o a Giava, dove erano probabilmente costruiti in materiali leggeri. A Ceylon però, e nel Nepal, in Tailandia e in Birmania i conventi, tuttora attivi, sono numerosi e comprendono, oltre agli edifici di abitazione, stūpa rutilanti di ornamenti dorati.
I monasteri buddisti più imponenti esistono nel Tibet, dove l'architettura locale, dai muri leggermente obliqui eretti sul suolo senza fondamenta, ha un aspetto militare. Il più venerato è il Po-ta-la di Lhassa, dove risiede il Dalai Lama, capo della chiesa del Tibet. Esso è un grande agglomerato piantato su una vetta rocciosa che domina una larga vallata. I suoi muri, rivestiti di bianco o di rosso, son forati in molti piani da innumerevoli finestre inquadrate da legno scolpito. I monaci e i novizî vi vivono in comunità, dedicandosi a lavori diversi e celebrando funzioni semplici o solenni tra i fumi d'incenso, lo scintillio delle lampade, i colori splendenti o sommessi dei vessilli dipinti e delle pitture murali.
(J. Auboyer)