convenevoli
Per convenevoli s’intende un insieme di atti e formule verbali che denotano un comportamento formalmente cortese e che si ripetono in maniera rituale in determinate circostanze. Espressioni quali come va?, come stai?, tutto bene a casa? hanno la funzione di strutturare lo scambio comunicativo, collocandosi, in genere, dopo i saluti (➔ saluto, formule di) e prima dell’introduzione dell’argomento centrale della conversazione, di solito segnalato da un marcatore discorsivo (nell’es. qui sotto: senti) (➔ segnali discorsivi):
(1) D: Pronto_ ?
B: Pronto Anna
D: Ciao
B: Salve
D: Come va?
B: Bene e tu?
D: Eh insomma insomma
B: Insomma insomma?
D: Insomma insomma
B: [RIDE]
D: Tu come va?
B: Io abbastanza bene # senti_
D: Dimmi
B: Eh volevo dirti che eh c’è qui la XYZ no? # allora uno era una proposta di_ bo’ seratina_ o questa sera o domani sera (BADIP, Milano B3)
Si differenziano dai ➔ complimenti ma, come questi (con cui possono in parte sovrapporsi; Alfonzetti 2009), vengono normalmente percepiti come cerimonie, per il loro carattere altamente convenzionale e per l’assenza di una reale intenzione comunicativa legata al significato letterale.
L’etimo del termine rinvia a un tempo alla ricerca di armonia e accordo e al bisogno di conformarsi a ciò che conviene per il loro conseguimento (nel caso specifico, alle regole della buona educazione). Una ricca fraseologia italiana ne sottolinea gli aspetti di vuota formalità in espressioni come tralasciare, bandire i convenevoli; i soliti convenevoli; perdersi in convenevoli; fare mille, troppi convenevoli; bando ai convenevoli; stare sui convenevoli.
Quali tipi di convenevoli usare, e se usarli o rinunciarvi, sono decisioni condizionate dai contesti comunicativi, dai ruoli sociali degli interlocutori e dalle pratiche culturali di una società: in molte culture, tagliare i convenevoli è segno di inciviltà e scortesia, in altre è invece indice di pragmatismo e concretezza. Nelle interazioni tra giovani, specialmente nella comunicazione elettronica (➔ Internet, lingua di; ➔ posta elettronica, lingua della), i convenevoli sono avvertiti come inutile orpello e pertanto preferibilmente saltati:
(2) Ciau ragazzo dai mille pensieri ... Tutto bene? Novità dalla pula? Macchina k?? Bene. Convenevoli fatti. Ora ti posso insultare;
Scusate l’ignoranza … in primis ciao a tutti in secondis eh eh eh volevo proporre una cosa mattia ciao mattia come va bene? Bhe basta convenevoli … ci sono varie opzioni per rendere la tua macchina ecologica sicura (da un Blog)
La dinamica dei convenevoli si inserisce nel più ampio contesto della cortesia (➔ cortesia, linguaggio della). Nel modello di cortesia di Brown e Levinson (1987) l’intenzione di mitigare gli effetti potenzialmente aggressivi di un atto linguistico determina il ricorso a espressioni e formule che rivelano la sensibilità del linguaggio verso la ‘faccia’ che parlante e interlocutore mettono in gioco in ogni interazione.
In ogni cultura, il linguaggio della cortesia manifesta, in modi e forme variabili, l’esistenza di un profilo positivo e di un profilo negativo della faccia. Il profilo negativo riflette il desiderio di ogni individuo di non subire imposizioni e di mantenere la propria libertà di azione. Il profilo positivo concerne la percezione del proprio ruolo e della propria reputazione. Il primo può essere minacciato da atti quali ordini, consigli o avvertimenti; il secondo da espressioni di disapprovazione, interruzioni, scelte lessicali improprie. Per prevenire i danni comunicativi potenzialmente insiti in tali atti ed espressioni, le lingue dispongono di insiemi di strategie (elusive, preparatorie, attenuative, riparatorie, ecc.) il cui uso è strettamente dipendente da variabili sociologiche quali la distanza sociale e le relazioni di potere.
In questo quadro, i convenevoli possono essere interpretati come espressioni che servono a stabilire un terreno di accordo preliminare tra gli interlocutori. Mostrare interesse per l’interlocutore significa prevenire i ‘rischi di faccia’; accettare i convenevoli permette che si instauri nella comunicazione una particolare atmosfera emotiva, che si mantenga un accordo di cortesia e che entri in gioco un sistema di prassi, convenzioni e regole procedurali come strumenti guida del flusso dei messaggi nel rispetto della faccia dei partecipanti.
Tuttavia, il codice rituale richiede un delicato equilibrio tra il lato positivo e il lato negativo della faccia; e questo equilibrio può essere turbato da chi lo sostiene troppo decisamente o all’opposto non abbastanza decisamente in termini di norme e aspettative. Una scarsa sensibilità, troppo poco tatto, un eccesso di orgoglio o sollecitudine possono mettere a rischio la faccia degli interlocutori, suscitando reazioni di suscettibilità che possono minare l’intero rapporto.
Chiedere a una persona come sta, se i suoi familiari stanno bene, o come vanno gli affari, significa testimoniarle il proprio interesse; ma dimostrare quest’interesse in maniera insistente può anche equivalere a un’invasione della sfera personale dell’individuo, come risulta evidente se queste domande vengono rivolte da persona di status sociale inferiore, oppure se un fatto recente rende dolorosa la risposta.
La rottura del piccolo cerimoniale costituito dall’introduzione-accettazione dei convenevoli in quanto rituali di cortesia (Goffman 1967) crea uno squilibrio nel gioco di faccia. Uno scambio come:
(3) A: Ciao, che piacere vederti! Come stai?
B: Davvero ti interessa saperlo?
A: Scusa, dicevi?
B: Niente … Bene, tu?
evidenzia come i convenevoli siano, in primo luogo, una proposta di interazione cortese sostenuta da una disposizione d’animo positiva, e non una richiesta di informazioni. Negare tale presupposizione significa minacciare la credibilità del parlante e generare uno strappo nell’atmosfera che si intende creare. Così, le domande di rito, declinate in numerose forme soggette a variazione (➔ variazione diastratica, ➔ variazione diafasica e anche ➔ variazione diatopica), quali come va/vai?, come sta/stai?, com’è?, tutto bene?, come va la vita?, come te la passi?, come andiamo?, come la va? non richiedono quasi mai risposte più articolate di bene; grazie; non c’è male; bene, dài; tutto a posto; non mi lamento; si tira avanti; tutto ok, se non sollecitate dal parlante con l’aggiunta di ulteriori richieste di informazione.
Le forme di interessamento che investono la sfera privata presuppongono quasi sempre un certo grado di intimità o comunque di conoscenza reciproca tra gli interlocutori. In una nota scena di cui è protagonista Totò (Al commissariato, in Scorretti & Vedder 2007), la violazione di tale presupposizione è una strategia difensiva che mira a distogliere l’attenzione dell’interlocutore dalla realtà dei fatti incanalando la conversazione sui binari rituali, il che consente al protagonista di superare la difficoltà nei confronti del rappresentante dell’autorità:
(4) Totò: Come va?
Commissario: Non c’è male; lei mi conosce?
Il commissario ha appena il tempo di un dubbio (Lei mi conosce?), ed è subito incalzato da Totò nel gioco dei convenevoli attraverso gli automatismi delle sequenze complementari, sicché a una prima parte che manifesta interessamento segue naturalmente un ringraziamento, e alle domande sulla famiglia seguono le risposte di rito. Fino allo svelamento finale (Io no), che distrugge il gioco smentendo tutte le presupposizioni tacite che il commissario è stato fin qui quasi costretto ad accettare (tranne quella relativa al rapporto tra convenevoli e buona educazione):
(5) Totò: Ma che piacere averla rivista!
Commissario: Grazie ...
Totò: A casa tutti bene?
Commissario: Bene, grazie …
Totò: E la signora sta bene?
Commissario: Sì, sì, bene, bene, bene …
Totò: I bambini?
Commissario: Anche i bamb … beh ... beh ... perché, lei conosce i miei figli?
Totò: Io no.
Commissario [seccatissimo]: Ma cos’è, ci perdiamo in convenevoli adesso??
Totò: Per educazione.
I convenevoli non sono tuttavia limitati alla sfera privata. In circostanze più formali, quali le aperture di congressi o di incontri istituzionali, i convenevoli di rito comprendono ad esempio, insieme ai saluti, i ringraziamenti alle autorità:
(6) Signor Presidente, signori giudici, autorità, gentili signore e signori, prima di tutto ringrazio le autorità presenti che, con la loro partecipazione a questa solenne manifestazione, hanno ancora inteso onorarci. Rivolgo altresì deferenti omaggi, a nome pure dei miei colleghi della Procura Regionale, al rappresentante del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti, oltre a un cordiale benvenuto agli avvocati del libero Foro.
Nella struttura della ➔ conversazione i convenevoli occupano in genere la posizione iniziale, collocandosi subito dopo i saluti e spesso intrecciandosi con questi ultimi (Schegloff: 2007). Nelle conversazioni telefoniche, la sequenza delle aperture comprende ad es., dopo l’identificazione, il riconoscimento e i saluti, uno scambio più o meno esteso di convenevoli:
(7) A: Pronto? Sono Paolo Bianchi.
B: Oh, buongiorno, professore, come sta?
A: Bene, grazie. E lei, tutto bene?
B: Beh, sì, tranne qualche malessere di stagione …
A: Oh, spero niente di grave …
B: No no, è che ha fatto freddo tutto d’un colpo …
A: Eh, è una stagione strana. Si riguardi, mi raccomando.
B: Grazie, grazie. Le passo mio marito, mi saluti tanto sua moglie.
A: Grazie, presenterò …
La tipologia dei convenevoli varia a seconda del grado di formalità della situazione e dei rapporti tra gli interlocutori, estendendosi dalle semplici formule delle presentazioni tra estranei (come piacere, piacere di conoscerla, molto lieta, prego, si accomodi, posso offrirle qualcosa?) a forme di interessamento più o meno ravvicinato per la vita, il lavoro, gli affari, la famiglia, la situazione interazionale. Nei colloqui di lavoro, ad es., i selezionatori possono far precedere l’intervista da educati convenevoli quali ha trovato traffico?, conosceva già questa zona?, ha avuto difficoltà a trovare la sede della nostra ditta?
Si tratta in questo caso di forme di accoglienza cortese che servono a mettere a proprio agio il candidato (oltre che a valutarne il grado di nervosismo e il modo di rispondere).
La ‘grammatica italiana’ del convenevole prevede dunque essenzialmente una sequenza che si articola in interrogative fàtiche (o di cortesia), «strettamente apparentate alle interrogative retoriche, didascaliche e narrative» (Serianni 1988: 27), seguite da una varietà di espressioni avverbiali o qualificative più o meno generiche, vaghe o stereotipate, modulabili a seconda dei contesti. In generale, la funzione di contatto fàtico svolta da domande quali come va? come andiamo? e simili non richiede risposte più impegnative di semplici formule che assolvono un obbligo sociale come bene, abbastanza bene, così così, non c’è male, non c’è malaccio. L’uso di risposte intensificate quali magnificamente, splendidamente, a gonfie vele o di peste, da cani, da urlo, appare invece più marcato e prelude ad ulteriori espansioni dell’informazione.
Un tono di rassegnazione trapela nell’uso di espressioni analogamente convenzionali come si tira avanti, come Dio vuole, finché dura. Un esempio letterario in cui la risposta appare soggettivamente variata si ha nel seguente passo manzoniano:
(8) Come sta? Dica: Come sta?
Come Dio vuole, e come, per sua grazia, voglio anch’io – rispose, con volto sereno, il frate (Alessandro Manzoni, Promessi sposi XXXVI).
Alfonzetti, Giovanna (2009), I complimenti nella conversazione, Roma, Editori Riuniti University Press.
BADIP = Banca dati dell’italiano parlato (http://badip.uni-graz.at/)
Brown, Penelope & Levinson, Stephen (1987), Politeness. Some universals in language usage, Cambridge, Cambridge University Press.
Goffman, Erving (1967), Interaction ritual. Essays on face-to-face behaviour, Garden City, N.Y., Doubleday (trad. it. Modelli di interazione, Bologna, il Mulino, 1971).
Schegloff, Emanuel A. (2007), Sequence organization in interaction, Cambridge, Cambridge University Press.
Scorretti, Mauro & Vedder, Ineke (2007), Dialoghi innaturali: giochi di lingua tra Totò e Bertolucci. L’innaturalezza pragmatica e linguistica del dialogo filmico, «Incontri. Rivista europea di studi italiani» 22, 1, pp. 45-53.
Serianni, Luca (1988), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.