CONTUCCI, Contuccio
Nacque a Montepulciano il 21 maggio 1688, da "Alemannun Contuccium Equitem S. Stephani et Juliam Egidiam lectissimam foeminam" (Mazzolari).
Nulla si conosce circa l'istruzione anche se, essendo nato da nobile e benestante famiglia, probabilmente seguì un corso di studi regolari, al termine dei quali entrò nell'Ordine dei gesuiti il 15 dic. 1704, e qui si perfezionò nelle lingue classiche e negli studi di archeologia. Dal 1720 al 1748 resse la cattedra di retorica presso il Collegio Romano. Fu membro dell'Accademia degli Arcadi con il nome di Lireno Bolejo e intrattenne rapporti epistolari con importanti intellettuali dell'epoca fra cui il Muratori e il Maffei.
La produzione minore del C. si sviluppa nel settore dell'oratoria celebrativa e non riesce a far tracciare un profilo consistente dell'autore. Si può ricordare l'orazione panegirica per papa Benedetto XIII recitata il 20 febbr. 1725 nel Collegio Romano (Panegyricus Benedicto XIII, Romae 1725) e ancora l'orazione De Benedicto Quatordicesimo (Romae 1741) che venne recitata il 10 genn. 1741 alla presenza di ventitré cardinali e "dei prelati quasi tutti quelli che erano in Roma", benché (come viene ricordato negli atti ufficiali) "lo uso di queste Università sii che si facci pubblico ricevimento solamente a que' Pontifici che sono stati a studiare in queste nostre scuole, e benché Benedetto XIV non sii stato qui a studiare, pure gli si è fatto da questa Università pubblico ricevimento a cagione dell'attinenza che ha con Gregorio XIII, fondatore di questo nostro Collegio".
Maggiormente legata alla sua attività di docente appare la Vita della santa vergine e imperatrice Pulcheria (Roma 1754), della quale egli traccia una accurata biografia, attraverso una fedele ricostruzione cronologica ed una attenta analisi delle vicende, pur in "tanta oscurità di cose". Il C. si preoccupa all'inizio di precisare come "non dee recar maraviglia se, tra le anime grandi che hanno illustrato la Chiesa" abbia tuttavia fermato la sua attenzione su una figura appartenente ad un'età tanto remota. La figura di Pulcheria figlia dell'imperatore d'Oriente Arcadio e sorella di Teodosio II, rigida sostenitrice della fede cattolica in opposizione alle dottrine monofisite, appare al C. un punto di saldo riferimento e un esempio di ortodossia ancora proponibile alla cultura moderna.
Più importante appare la tragedia Iaddus (Romae 1730), che si pone all'interno di quel profondo movimento di interesse per il genere che anima tutto il secolo, e più in particolare all'interno della vasta produzione a carattere sacro o composta da religiosi.
L'opera, destinata ai convittori dei Collegio Romano, rappresenta la vicenda di Jaddo, sommo sacerdote di Gerusalemme, che aveva rifiutato gli aiuti ad Alessandro, re dei Macedoni, il quale, compiuta la conquista di Tiro, mosse guerra contro di lui. Ma Jaddo, ammonito da Dio nel sonno, va incontro al re insieme con i suoi sacerdoti, determinando un brusco mutamento nell'atteggiamento di Alessandro che si prostra ai suoi piedi per venerarlo. All'ambasciatore Parmenone il re macedone spiega tale mutamento, riferendogli che in sogno gli era apparso Jaddo nell'atto di annunciargli che la guerra contro i Persiani si sarebbe felicemente conclusa. Cosi concede al sacerdote libertà, perdono e doni votivi.
La tragedia, dunque, più che insistere sui sentimenti quali l'"orrore" e lo "sdegno", si poneva sulla scia di quel teatro drammatico a cui, secondo una celebre ed innovativa definizione data da Iacopo Riccati nella prefazione dei suo Baldassarre "... appartengono i grandi avvenimenti e le varie vicende degli illustri personaggi, in quanto passano dalla prospera all'avversa fortuna, o al contrario". L'opera, presenta un contrasto evidente tra le grandiose vicende storiche che rimangono isolate in una dimensione atemporale e quasi astratta e i protagonisti, in particolare Jaddo, caratterizzato da un esplicito impegno morale.
Alla cattedra di retorica successe per il C. l'incarico presso il Museo Kircheriano, che a quell'epoca rappresentava "un centro di attrazione e di curiosità per eruditi di tutta Europa", dal 1741 al 1750 con il titolo di "prefectus pinacothecae" e dal 1751 con quello di "prefectus Musaei".
Il museo con il C. "custode sostituto" acquistò "ripartimento migliore, lapidi ed urne di conto, vasellamenti etruschi e vari stromenti et ordigni per uso della filosofia sperimentale" (Villoslada). In questo periodo si colloca la sua più importante opera, Musei Kircheriani... aera (Romae 1763-1765) in cui il C., nella descrizione (accompagnata da tavole illustrative) di quarantacinque pezzi archeologici, esprime una rafflinata conoscenza dell'antichità e un paziente lavoro di analisi e di ricostruzione.
Mori a Roma il 19 marzo 1768.
Bibl.: G. M. Mazzolari, Commentari, Roma 1772, pp. 95-122; P. Garrucci, Origini e vicende del Museo Kircheriano dal 1651 al 1773, in La Civiltà cattolica CXXX (979), pp. 727-39; R. Villoslada, Storia del Collegio Romano, Roma 1954, pp. 183, 187, 228, 239, 282, 293, 336; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jesus, Louvain 1960, ad vocem;G. Natali, Il Settecento, I, Milano 1964, pp. 370, 430, 475.