CONTROLLO FINANZIARIO (fr. contrôle financier; sp. controlo de cuentas; ted. Finanzkontrolle; ingl. financial control)
Il controllo finanziario è quel complesso di misure e di mezzi che si adottano per dare modo a chi esercita l'autorità sovrana di conoscere quale uso abbiano avuto i fondi provenienti dalle entrate pubbliche e con quali modalità e criterî le entrate medesime siano state riscosse. Tale controllo fu riconosciuto necessario da tutti i popoli civili; esso però si limitò in origine all'esame degli atti positivi compiuti dagli organi dell'amministrazione e fu, pertanto, un semplice controllo amministrativo-contabile, fino a quando l'amministrazione della pubblica finanza non acquistò un carattere giuridico attraverso l'intervento della volontà popolare nella valutazione dei bisogni dello stato e dei mezzi più idonei per fronteggiarli, ossia fino all'affermarsi di quel diritto di bilancio che caratterizza gli stati a regime costituzionale.
Le diverse carte costituzionali in cui tale diritto è conservato si limitano però ad affermare i due principî fondamentali della divisione dei potcri e del diritto dei rappresentanti del popolo ad approvare i bilanci e 'i conti dello stato, senza dare al controllo finanziario lineamenti definiti. Questi vengono tratteggiati e sempre meglio precisati in successive ordinanze speciali, nelle leggi relative alla contabilità di stato e in quelle concernenti gli organi consultivi dell'amministrazione statale, ma essi non sono uniformi presso tutti gli stati, sia perché sorgono diversità di vedute relativamente alla preferenza da dare al controllo preventivo o a quello consuntivo, sia perché non tutti gli stati sono concordi nel riconoscere la necessità di controllare gli atti amministrativi sotto l'aspetto della loro convenienza economica. In taluni paesi, e particolarmente in quelli che hanno adottato il sistema di controllo preventivo, gli atti amministrativi non vengono esaminati sotto l'aspetto economico e si lascia alla stessa amministrazione il giudizio sulla convenienza economica o meno dei varî atti, mentre in altri paesi si è affermato il principio che il controllo contabile deve anche considerare se nella riscossione delle entrate, nell'erogazione dei mezzi finanziarî dello stato, e nell'acquisto, uso e vendita delle proprietà demaniali si sia proceduto con criterî economici. Così la costituzione germanica dell'11 agosto 1919 dispone esplicitamente che gli organi di controllo debbono accertare se non si sarebbero potuti mantenere gli stabilimenti e gli enti dell'amministrazione, e spendere i mezzi dello stato, in modi diversi da quelli adottati, per modo che, senza pregiudicare gli scopi da raggiungere, fosse stato possibile il realizzo di qualche economia. L'adempimento di siffatte prescrizioni porta, naturalmente, un notevole ampliamento delle operazioni di controllo, ma rappresenta, senza dubbio, una funzione importantissima del controllo finanziario. Di questo aspetto particolare del controllo gli ordinamenti italiani non fanno alcun cenno, ma gli ordinamenti stessi sono affatto caratteristici, non trovando applicazione che da parte del Belgio, il quale è l'unico stato che, come l'Italia, abbia dato importanza preponderante al controllo preventivo nella fase di esecuzione del bilancio.
Lo statuto italiano non contiene che due articoli in materia finanziaria, l'art. 10 e l'art. 30. Secondo l'art. 10 la proposizione delle leggi appartiene al re e a ciascuna delle due camere. Però ogni legge d'imposizione di tributi, o di approvazione dei bilanci e dei conti dello stato, sarà presentata prima alla camera dei deputati. Secondo l'art. 30, nessun tributo può essere imposto o riscosso se non è stato consentito dalle camere e sanzionato dal re. Queste disposizioni sono molto concise e non stabiliscono, neppure, il principio dell'annualità del bilancio, che venne affermato solo dalla prima legge di contabilità di stato studiata dal Cavour e divenuta esecutiva il 23 marzo 1853. Secondo la legge stessa e secondo le altre leggi successive che hanno regolato la materia, il controllo finanziario si svolge in tempi diversi: nella fase di approvazione del bilancio esso è attuato dal parlamento; nella fase di esecuzione è commesso, prima alla ragioneria generale, che ha le sue diramazioni nelle singole amministrazioni, e poi alla Corte dei conti; nella fase finale di resa dei conti, ritorna a essere di competenza del parlamento il quale approva il rendiconto compilato dal governo dopo che la Corte dei conti ha verificato l'esattezza dei risultati esposti e ha dichiarato la concordanza fra i risultati stessi e quelli delle proprie scritture.
Il controllo del parlamento nella fase iniziale culmina nel diritto di rifiuto del bilancio di cui in Italia si è avuto un solo esempio nei riguardi del bilancio della giustizia per l'esercizio 1893-94. Esso trova sanzione, da un lato, nella disposizione che vieta, dopo approvato il bilancio, di inscrivere qualsiasi spesa se non intervenga una legge speciale o non si tratti di dare esecuzione a una legge; d'altro lato, nella circostanza che il bilancio è approvato per capitoli e ogni capitolo costituisce una unità giuridica per sé stante e tiene luogo di un articolo di legge così che non è permesso il trasporto di fondi da uno ad altro capitolo se non per legge. Il controllo della ragioneria generale tende a evitare che alle dipendenze dell'amministrazione dello stato si svolgano aziende o gestioni speciali la cui autonomia non sia autorizzata da leggi speciali, e le cui operazioni, così attive come passive, non siano direttamente e distintamente coordinate col bilancio dell'entrata e con quello della spesa, ovvero, in qualche modo, sfuggano al sindacato parlamentare e al controllo della Corte dei conti. Praticamente, in ciascuna amministrazione centrale gli uffici amministrativi trasmettono al rispettivo ufficio di ragioneria (diretto da un ragioniere-capo) tutti gli atti dai quali deriva una spesa a carico del bilancio, corredandoli dei necessarî documenti giustificativi. L'ufficio di ragioneria verifica la legalità, la documentazione e la liquidazione della spesa e dopo accertato che questa è stata regolarmente imputata al conto della competenza o a quello dei residui e che vi sono sufficienti disponibilità di fondi sul relativo capitolo di bilancio, il capo ragioniere appone il visto sull'atto. Qualora, per qualsiasi motivo d'irregolarità, lo stesso ragioniere capo non ritenga di potere apporre detto visto, ne comunica le ragioni al capo del servizio amministrativo che ha emesso l'atto d'impegno o il titolo di pagamento, e se questi insiste perché gli atti o i titoli abbiano corso, ma le spiegazioni addotte non sono ritenute valide dal ragioniere capo, questi ne riferisce direttamente al ministro. Quando il ministro giudichi che, ciò nonostante, l'atto o il titolo debba avere corso, dà ordine scritto al ragioniere capo, il quale deve eseguirlo. In tale caso l'ordine scritto deve essere firmato personalmente dal ministro e deve essere comunicato alla Corte dei conti con l'atto medesimo. Tuttavia, questa facoltà ministeriale non può essere esercitata quando si tratti di spesa che ecceda la somma stanziata nel relativo capitolo di bilancio o che sia da imputare a un capitolo diverso da quello indicato, oppure che sia riferibile ai residui anziché alla competenza, o a questa piuttosto che a quelli. Gli atti e i titoli di pagamento riconosciuti regolari sono quindi annotati nelle scritture dell'ufficio ministeriale di ragioneria e da questo trasmessi alla Corte dei conti la quale ricusa il suo visto quando li riconosca contrarî alle leggi e ai regolamenti. Se, però, il ministro insiste, la questione è sottoposta al Consiglio dei ministri il quale, può, quando crede, ordinare la cosiddetta registrazione con riserva sempreché non ricorrano le eccezioni stabilite dalla legge e per le quali il rifiuto della Corte si deve intendere assoluto. Sostanzialmente, questo controllo di legittimità esercitato dalla Corte dei conti è, da un lato, controllo formale, perché si limita ad accertare se l'atto amministrativo, nel cui merito non entra, sia conforme alla legge o al bilancio, e, d'altro lato, controllo di regolarità amministrativa e contabile, in quanto la Corte stessa deve non soltanto sindacare l'osservanza della legge e dei regolamenti, ma verificare altresì la giustificazione e la liquidazione della spesa nonché l'esattezza contabile dell'atto. Dopo compiuto questo controllo preventivo, un nuovo controllo consuntivo viene effettuato dalla Corte dei conti, cui la legge istitutiva fa obbligo di accertare e confrontare i conti dei varî ministeri col conto generale dell'amministrazione delle finanze, prima che siano presentati alle camere e di deliberare a sezioni unite sulla verificazione e sull'accertamento generale. Altro obbligo è contenuto nella legge di contabilità generale dello stato secondo la quale la Corte, parificato il rendiconto, ne fa relazione motivata e la trasmette al ministro delle Finanze affinché questi possa presentarla al parlamento.
Col sistema italiano ha qualche analogia il sistema di controllo finanziario attuato in Francia. Anche qui il controllo preventivo degl'impegni è affidato principalmente agli uffici centrali di contabilità, ma con la differenza che l'atto è sottoposto all'esame della ragioneria prima di essere firmato dal ministro, onde il controllo preventivo è puramente consultivo e non proibitivo: giova a tenere avvertito il ministro delle irregolarità rilevate dal capo della ragioneria ma evita un conflitto fra questo e il ministro stesso. Di più, e questa è una differenza fondamentale, mentre in Italia il visto del capo della ragioneria deve essere seguito dal visto della Corte dei conti, in Francia, invece, il visto dell'ufficio centrale di contabilità esaurisce il controllo preventivo. È infatti caposaldo della organizzazione del controllo finanziario francese il principio della netta separazione del controllo contabile e amministrativo da quello costituzionale, che si esercita mediante il riconoscimento, da parte della Corte dei conti, della regolarità dei conti dei contabili e del rendiconto annuale dello stato, e della concordanza fra i conti degli ordinatori e quelli dei contabili che sono manifestazioni antitetiche di un medesimo contenuto.
In Inghilterra il controllo amministrativo è fatto dal Tesoro, cui spetta di verificare se le leggi finanziarie sono eseguite e se le spese sono ordinate nei limiti dei rispettivi capitoli di bilancio. Il controllo costituzionale è affidato al controllore generale, sia in via preventiva sia in via consuntiva. Il controllo preventivo si limita a verificare se le somme richieste dall'amministrazione possono essere somministrate, in base alle leggi finanziarie e in base al bilancio, e solo in sede di controllo consuntivo il controllore accerta, oltre alla giusta imputazione dei pagamenti eseguiti, anche la legalità della spesa. Il controllo preventivo si svolge diversamente a seconda che esso investa il cosiddetto fondo consolidato o i fondi autorizzati annualmente dal parlamento. Per il fondo consolidato il controllore generale è, in sostanza, il vero titolare del grande conto di cassa istituito presso la Banca d'Inghilterra e, come tale, egli è informato giornalmente dei versamenti fatti alla banca, consente l'accreditamento dei conti dei contabili a carico del grande conto dello scacchiere, autorizza la tesoreria a pagare le spese e, se i fondi non bastano, autorizza la banca a fare anticipazioni. Invece, per i servizî sottoposti ad approvazione annuale il Tesoro, votata la legge di finanza, richiede i fondi al controllo, che ordina alla banca il versamento a disposizione. Ottenuto il credito, il Tesoro autorizza i contabili a disporre i pagamenti secondo i capitoli, ma per garantire che si rispettino i limiti del bilancio l'assegnazione per capitoli deve avere la preventiva approvazione del controllore.
Negli Stati Uniti il controllo amministrativo è affidato al direttore dell'ufficio del bilancio o segretario della tesoreria, e quello sull'esecuzione del bilancio compete al controllore generale degli Stati Uniti che lo esercita in via preventiva a mezzo dell'ufficio generale di contabilità.
In Germania, invece, si sono scartati risolutamente tutti i sistemi di controllo preventivo, amministrativo e costituzionale, sia per l'impegno, sia per la ordinazione delle spese. Inspirandosi al sistema inglese, la Germania ha preferito il solo controllo preventivo del ministro delle Finanze, da esercitare soprattutto all'atto della formazione del bilancio e ha voluto l'indipendenza dei direttori dei dipartimenti ministeriali in materia d'impegno e di ordinazione di spese, nel concetto che la libertà dell'azione amministrativa è necessaria alla rapidità delle decisioni e alla bontà dell'amministrazione e che la libertà è condizione essenziale per la responsabilità.
Bibl.: G. De Flamini, La materia e la forma del bilancio inglese, Roma 1904; G. Vitagliano, Il contenuto giuridico della legge del bilancio, Roma 1910; E. Besson, Le contrôle des budgets en France et à l'étranger, Parigi 1901; Handwörterbuch der Staatswissenschaften, 3ª ed., Jena 1909 segg., dispense 74 e 75; V. De Marcé, Le contrôle des finances en France et à l'étranger, Parigi 1928.