CONTRATTUALISMO
. Con questo nome si suol indicare quell'indirizzo del pensiero filosofico-giuridico, secondo cui si cerca nella volontà e nell'accordo tacito o espresso degl'individui il fondamento e la giustificazione giuridica delle istituzioni umane. Se l'esigenza volontaristica e la condizione formale del patto sono caratteri comuni e costanti delle dottrine contrattualiste, il valore e il significato di esse varia nelle diverse età storiche, e all'ombra del patto le più opposte concezioni di vita politica e sociale si resero possibili.
Grecia.- L'intellettualismo classico, che traeva dalla natura il fondamento oggettivo del diritto e dello stato, era incompatibile con l'idea contrattuale. Questa doveva manifestarsi nelle correnti che, negando l'ordine naturale e proclamandone l'inconoscibilità, erano costrette a cercare nelle convenzioni umane espresse nella legge il fondamento del diritto e dello stato. Scomparsa la realtà storica della πόλις, si accentua con Epicuro l'idea contrattuale. Lo stato è un'associazione volontaria in forza della quale gli uomini si garantiscono contro reciproche lesioni. In generale il contratto non è in antico né un'ipotesi storica, né un'idea razionale; non è invocato per spiegare le origini delle società umane o per determinare il rapporto di sovranità; neppure postula diritti che l'individuo vuol far valere contro lo stato. Lo stato è sempre un'istituzione naturale e necessaria, anche quando sorge per volontà degl'individui. Il contratto mira piuttosto a risolvere il problema della giustizia positiva contro la tirannide, del giusto naturale, oggetto dell'intelletto, ma praticamente inattuabile. Il contratto è il mezzo con cui la volontà umanizza il giusto naturale, lo piega alle esigenze della vita e della storia.
Roma. - I Romani concepirono il diritto come norma del volere e fecero larga parte al consenso nella formazione delle istituzioni umane. L'idea contrattuale non fu invocata in Roma per spiegare l'origine della vita sociale. Il iuris consensus è piuttosto la manifestazione della natura socievole dell'uomo, è la stessa società naturale in cui gl'individui vivono sotto una norma comune consentita. Né lo stato è la somma degl'individui, ma è la personalità unitaria del populus; non sorge dal patto, ma cerca nel consenso popolare il suo fondamento. Dal consenso di tutti i popoli nelle norme e istituzioni giuridiche trassero i Romani argomento per affermare l'esistenza d'un diritto naturale. Nessuna contraddizione videro i Romani tra giustizia volontaria e giustizia naturale, ma progressiva tendenza della volontà ad adeguare i precetti legislativi alla rerum natura. Quando nell'età imperiale la voluntas principis parve costituire la fonte esclusiva della legge, il principio contrattuale sopravvisse nella finzione della lex regia, secondo cui il principe esercita il potere legislativo per delegazione del popolo.
Il cristianesimo. - Nella patristica, la dottrina romana della natura consensuale della società civile ritorna in relazione al dogma della caduta originaria. Dallo stato naturale d'innocenza gli uomini decaddero e crearono con privati accordi gli stati per sottrarsi alle conseguenze della colpa. Ma, con la naturalità della società e dello stato affermata dalla scolastica sotto l'influenza di Aristotele, vien meno l'idea del contratto come di un atto per il quale gli uomini costituiscono una società politica. Se in S. Tommaso l'idea di un patto tra governanti e governati è appena adombrata, negli scrittori democratici, nell'Ockam, in Marsilio da Padova, in Nicolò di Cusa, si fa strada l'idea che la sovranità sorge da un patto tra principe e popolo. La stessa idea si riaffermò durante le lotte religiose del sec. XVI nei monarcomachi di parte protestante e di parte cattolica. Non si disconosce che il potere deriva da Dio, ma si distingue, sulle orme di S. Tommaso, tra l'istituzione formale, divina, del potere e il suo esercizio a mezzo di un titolare nominato dal popolo. Il contratto tende a convalidare il regime monarchico, ma rimane al popolo, nel cui interesse il patto è stabilito, il diritto di denunciarlo anche con mezzi rivoluzionarî in caso di mancata osservanza da parte del principe.
I secoli XVII e XVIII. - Il contrattualismo si riafferma con nuovo significato nei secoli XVII e XVIII per opera della scuola del diritto naturale. In relazione al rinnovamento filosofico iniziato da Bacone e da Cartesio, l'idea contrattuale diventa l'espressione delle nuove esigenze teoretiche e pratiche tendenti a sottrarre il diritto e lo stato ai postulati naturalistici e teologici, a elevare l'individuo a principio e a fine della realtà giuridica e politica. Non la società, ma l'individuo dotato di diritti originarî in relazione alla sua natura empirica o razionale, è il presupposto delle nuove dottrine giusnaturalistiche. Il contratto, prima ancora di essere politico, è sociale, cioè ha luogo tra gl'individui che, ex hypothesi, convengono di abbandonare il primitivo "stato di natura" e di formare una determinata società civile. Il contratto fu invocato da un lato a spiegare l'origine della società civile, dall'altro a spiegare l'origine del governo. L'idea del contratto parve conciliare la necessità del consenso e il rispetto dell'autorità. Libertà da un lato di creare lo stato, impegno dall'altra a tener fede al patto conchiuso.
Sebbene l'idea contrattualistica tenda logicamente a una teorica individualista dello stato, essa poté giustificare così l'estremo assolutismo, come l'estremo liberalismo. Attraverso il patto l'individuo può rinunziare alla sua libertà naturale per sottoporsi alla sovranità incondizionata dello stato (Hobbes), oppure può rinunciare a essa solo nei limiti richiesti dalla necessità di garantire la vita in comune (Locke). Nel primo caso lo stato si sostituisce all'individuo e tutto il diritto diventa l'espressione della sua volontà personificata nel sovrano, nel secondo caso lo stato è custode e difensore dei diritti naturali dell'uomo che rimangono immutati nello stato civile. Nel Rousseau, e con più chiara coscienza in Kant e in Fichte, il contratto si trasforma in un atto razionale, in un'idea della ragione non derivata dall'esperienza, ma necessaria per la valutazione delle costituzioni esistenti. L'idea del contratto diventa l'espressione e la condizione a priori della legittimità e razionalità dello stato.
Il contrattualismo fu inteso nei secoli XVII e XVIII anche come teoria dell'origine del governo, in quanto fu applicato a regolare i rapporti tra i sudditi e il sovrano. Tale teoria implicava da un lato che ogni governo è fondato sopra un patto tra gl'individui uniti in società e i governanti, dall'altro che il patto, una volta conchiuso, lega le parti fino a che una di esse non lo violi. Erano inevitabili i contrasti circa il contenuto e l'estensione del patto. Perciò il Hobbes lo negò nell'interesse del sovrano, il Rousseau nell'interesse del popolo. Nel Locke il contratto lega a un tempo il popolo e il sovrano, ma solo il popolo, e per esso il potere legislativo, è custode e garante della costituzione.
Il secolo XIX. - Il secolo XIX in tutte le sue caratteristiche direzioni di reazione all'ideologia rivoluzionaria e giusnaturalistica doveva negare l'idea contrattuale. Lo stato apparve agli uni una necessità morale, agli altri una necessità naturale o storica: in ogni caso un organismo che ha in sé le sue ragioni di vita e di sviluppo. Il ritorno a Kant, invocato nella seconda metà del secolo come reazione all'empirismo sociologico non contrastante con l'individualismo spenceriano, segna un ritorno all'idea contrattuale. E si ebbe il neo-contrattualismo di Charles Renouvier, che rinnova il contrattualismo kantiano e lo piega a intendere e risolvere i nuovi problemi sorti dalla rivoluzione del 1848. Più caratteristico è il neo-contrattualismo d'ispirazione sociologica. Sulla dottrina della società, come complesso organico che si attua nella storia, s'innestano i germi di un nuovo contrattualismo. Già il Herbart aveva preconizzato la fusione di organismo e contratto e il Proudhon prospettava l'organizzazione delle forze economiche sotto la legge suprema del contratto sostituita al regime delle leggi. Ma il nuovo contrattualismo si lega soprattutto all'interpretazione del progresso storico da parte del Maine e all'evoluzionismo naturalistico dello Spencer.
Al nome del Maine è legata la legge secondo cui il progresso storico del diritto consiste nel passaggio dallo status al contratto. Questa legge dallo Spencer è stata elevata a legge sociologica generale, in modo che il passaggio dallo status al contratto esprime tutto il moto dello sviluppo sociale. Questo contrattualismo storico-sociologico confortava coi dati positivi la tesi e gl'ideali del puro individualismo e penetrava nella stessa dogmatica giuridica, originandovi quella forma di contrattualismo (che il Petrone chiamò psicologico) rappresentato dal Bierling, secondo cui l'obbligatorietà della norma giuridica dipende dall'adesione, ossia dal riconoscimento (Anerkennung) che ne fanno coloro che ne sono soggetti.
L'influenza del Maine e dello Spencer si riflette in Francia nel Fouillée e nel De Greef, per i quali l'organismo sociale diventa nello sviluppo della civiltà pacifica un organismo contrattuale. Anche in Italia l'esigenza contrattuale nelle formazioni giuridiche e politiche fu rilevata, sul fondamento storico-sociologico, dal Carle, dal Fragapane, dal Vanni, dal Dallari. Il contrattualismo assorto a giustificazione formale e giuridica dello stato e delle istituzioni umane poté rivivere in tempi e in condizioni storiche diversissimi. Società e stato ricevono impronta e carattere giuridico quando la loro necessità obiettiva diventa volontà cosciente e traggono autorità dal consenso delle persone che entrano a costituirli. Il contrattualismo s'identifica per tal modo con la coscienza dell'esigenza etica e giuridica della società e dello stato.
Bibl.: Opere generali: K. Hildenbrand, Geschichte und System der Rechtsund Staatsphilosophie, I: Das klassische Alterthum (solo pubblicato), Lipsia 1860; P. Janet, Histoire de la science politique, 5ª ed., Parigi 1924, voll. 2; H. Rehm, Allgemeine Staatslehre, Tubinga 1899; O. Gierke, Johannes Althusius, 3ª ed., Breslavia 1913; G. Jellinek, La dottrina generale dello stato, trad. it. (parziale) sulla 2ª tedesca, I, Milano 1921.
Opere speciali: F. Atger, Essai sur l'histoire des doctrines du contrat social, Parigi 1906; G. Ritchie, Contributions to the history of the social contract theory, in Darwin and Hegel with other philosophical studies, Londra 1893; G. Del Vecchio, Su la teoria del contratto sociale, Bologna 1906; G. Carle, La vita del diritto, 2ª ed., Torino 1890; S. Fragapane, Contrattualismo e sociologia contemporanea, Bologna 1892; G. Dallari, Il nuovo contrattualismo nella filosofia sociale e giuridica, Torino 1911.