contrattazione
Azione del contrattare e trattativa per raggiungere accordi.
Procedimento volto alla stipula di contratti collettivi o di altri accordi sindacali con i quali si regolano i rapporti collettivi di lavoro (➔ lavoro, contratto collettivo di). Tipica espressione dell’autonomia sindacale, è strumento di regolamentazione non solo degli aspetti retributivi, ma anche di altri istituti riguardanti il rapporto di lavoro (ferie, congedi ecc.) e delle condizioni lavorative. Di fatto è il principale strumento di regolazione delle relazioni industriali. Nella c., i lavoratori e i datori di lavoro sono rappresentati dalle rispettive associazioni di categoria (sindacati e associazioni datoriali). Scopo della c. collettiva è quello di stabilire condizioni uniformi e obbligatorie valide per tutti i lavoratori di una data categoria: così si evita, non sempre con effetti positivi, la concorrenza sia tra i lavoratori che, per ottenere l’occupazione, potrebbero essere indotti ad accettare un trattamento economico inferiore a quello stabilito dalla c., sia tra datori di lavoro, che corrispondendo salari inferiori a quelli pattuiti trarrebbero vantaggi nei confronti delle imprese concorrenti.
A partire dagli anni 1970, con lo scopo di eliminare una suddivisione eccessiva delle categorie di lavoratori, la determinazione dei livelli retributivi stabiliti dalla c. collettiva avviene secondo il sistema dell’inquadramento unico, cioè una classificazione professionale che non si basa sulla separazione tra operai e impiegati, ma prevede una pluralità di livelli professionali (7-8) comuni ai due gruppi e ordinati secondo una scala unica. La determinazione del livello professionale per il singolo lavoratore è effettuata sulla base di descrizioni generali dell’attività prestata e attraverso esemplificazioni dei profili professionali e delle mansioni tipiche del livello. Al momento dell’assunzione, il datore di lavoro deve rendere noto al lavoratore la categoria e la qualifica che gli sono assegnate.
I contenuti del contratto collettivo sono di due tipi: normativo, che riguarda il complesso di clausole destinate ad avere efficacia nei singoli rapporti (retribuzioni, orario, ferie, permessi, malattia ecc.), e obbligatorio, che detta la disciplina delle relazioni tra le parti collettive (sia lavoratori sia datori), quali, per es., le clausole di tregua sindacale.
La disciplina in materia di c. ha subito profonde modificazioni nel tempo. Durante il regime fascista, vi era una c. collettiva di tipo corporativista (➔ corporativismo), che riconosceva per ogni categoria professionale una sola organizzazione sindacale. Questa aveva personalità di diritto pubblico e rappresentanza legale di tutti gli appartenenti, per cui era legittimata a stipulare contratti con efficacia per la generalità dei lavoratori interessati (erga omnes) e inderogabili. In seguito, con l’art. 39 Cost., si è stabilita la possibilità per i sindacati, purché registrati, di stipulare contratti collettivi con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie interessate. Poiché, tuttavia, non si è concretizzato il meccanismo previsto, non essendosi realizzata la registrazione dei sindacati, i contratti collettivi non hanno per legge efficacia generale obbligatoria, ma vincolano esclusivamente gli appartenenti alle associazioni sindacali che li hanno stipulati. Di fatto la giurisprudenza ha consentito l’estensione dei contratti collettivi attraverso l’applicazione dell’art. 36 Cost., che sancisce che il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Si è stabilito, infatti, che il giudice, ai fini della determinazione di tale equa retribuzione, può tenere conto, come parametro di riferimento, della normativa contenuta nei contratti collettivi corrispondenti, che di fatto, quindi, si applicano alla generalità dei lavoratori. Anche il datore di lavoro non iscritto all’organizzazione sindacale stipulante può essere vincolato al rispetto del contratto collettivo. Il contratto di lavoro individuale non può derogare alle regole stabilite dalla c. collettiva, salvo nei casi in cui preveda disposizioni più favorevoli (deroga in melius ma non in peius). Da tale norma deriva la nullità delle clausole presenti nei contratti di lavoro individuali che siano peggiorative del contratto collettivo. Nel settore del pubblico impiego, la c. collettiva è svolta tra le rappresentanze sindacali dei lavoratori, cioè le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto una rappresentatività non inferiore al 5%, e l’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (➔ ARAN), che rappresenta per legge il datore di lavoro pubblico (➔) nella contrattazione collettiva, esercitando a livello nazionale ogni attività relativa alla negoziazione dei contratti oltre che alle relazioni sindacali.