contrattazione collettiva
contrattazióne collettiva locuz. sost. f. – La contrattazione che intercorre tra datori di lavoro, o associazioni di datori di lavoro, e organizzazioni sindacali dei lavoratori per la regolamentazione degli aspetti economici e normativi dei rapporti di lavoro. La c. c. è esercizio di autonomia privata, seppur collettiva, e persegue interessi privati che la Costituzione riconosce liberi (art. 39, primo comma). È pertanto esclusa ogni ipotesi di funzionalizzazione della c. c. al perseguimento di interessi diversi rispetto a quelli delle parti. In caso di accordo, il risultato della c. c. è il contratto collettivo di lavoro e i trattamenti economici e normativi in esso contenuti non sono derogabili da parte di accordi individuali sottoscritti tra il datore di lavoro e i singoli lavoratori. Rimasti inattuati i commi da 2 a 4 dell’art. 39 della Costituzione, i contratti collettivi sono contratti di diritto comune, nel senso che restano assoggettati alla disciplina dei contratti in generale. Non esiste una regolamentazione legislativa dei contratti collettivi e gli articoli del codice civile che ne disciplinano gli effetti (artt. 2067-2077 cod. civ.) non sono oggi applicabili in quanto riferiti ai contratti collettivi dell’ordinamento corporativo che, per legge, erano all’epoca qualificati alla stregua di fonti del diritto. In mancanza di una regolamentazione eteronoma di fonte legislativa, nel rispetto del fondamentale principio costituzionale di libertà sindacale, i livelli della c. c., le rispettive competenze e i rapporti tra contratti collettivi di diverso livello sono esclusivamente regolamentati da accordi sottoscritti tra le parti sociali a livello interconfederale. Tra questi, i più importanti sono sicuramente il protocollo del 23 luglio 1993, il protocollo del 22 gennaio 2009 e l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011. Si tratta di accordi sottoscritti da confederazioni sindacali di datori di lavoro e lavoratori per la condivisione delle regole cui le parti devono attenersi per la c. c. di livello nazionale e decentrato. La contrattazione nazionale si svolge tra federazioni sindacali di datori di lavoro e lavoratori di determinati settori produttivi e il contratto che ne deriva è denominato contratto collettivo nazionale di lavoro. Questo contratto ha una durata triennale e fissa i minimi retributivi e le condizioni di impiego dei lavoratori del settore produttivo cui si rivolge. La c. c. decentrata, che può essere territoriale o aziendale, si svolge nelle materie delegate dalla c. c. nazionale o dalla legge. Secondo i principi elaborati dalla giurisprudenza, in caso di contrasto tra contratti collettivi di diverso livello è destinato a prevalere il contratto di livello inferiore, anche se peggiorativo, in applicazione del criterio della specificità (in quanto più vicino alla realtà produttiva ove il contratto è applicato). Ciò nonostante, per alcune organizzazioni sindacali il contratto collettivo nazionale, proprio perché destinato a fissare gli standard minimi di tutela del lavoro per l’intero territorio nazionale, non deve essere derogato dalla c. c. di livello inferiore. A seguito di un lungo e complesso confronto le parti sociali, con l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 hanno da ultimo concordato che in caso di crisi aziendale o di nuovi investimenti il contratto collettivo aziendale può anche derogare il contratto collettivo nazionale in materia di prestazione lavorativa, orari e organizzazione del lavoro.Tale possibilità è stata poi ulteriormente estesa dal legislatore con l’art. 8 del d.l. n. 138 del 2011, convertito in legge n. 188 del 2011, che ha affidato alla c. c. decentrata, in quella disposizione ridenominata contrattazione di prossimità, la facoltà di derogare il contratto collettivo nazionale e la legge in molte e assai significative materie attinenti l’organizzazione del lavoro e della produzione. La contrattazione di prossimità non soltanto può derogare anche la legge, seppur nel rispetto dei principi fissati dalla Costituzione e dalle fonti internazionali e comunitarie, ma è anche dotata di efficacia soggettiva erga omnes ove il contratto collettivo sia sottoscritto da rappresentanze sindacali individuate sulla base di un criterio maggioritario. In molti casi è la legge che demanda alla c. c., talvolta specificando a quale specifico livello e altre volte no, il compito d'integrare il precetto legale e ciò si spiega in ragione del fatto che per il legislatore il contratto collettivo è lo strumento più efficace per garantire un equilibrato contemperamento dei contrapposti interessi.