contraddizione
Fino a Kant la c. viene intesa, nel senso della classica logica aristotelica, come qualcosa da evitare (➔ contraddizione, principio di). Si deve soprattutto a Hegel, invece, la tesi che la c. non va affatto evitata, perché la c. è il fattore stesso della vita e del movimento. Tale principio viene affermato in aperta opposizione a Kant, che nel Tentativo di introdurre nella filosofia il concetto delle quantità negative aveva trattato tutti i contrasti di forze come opposizioni «senza c.». Hegel si oppose frontalmente a Kant, affermando che anche l’«esteriore moto sensibile» non sarebbe possibile senza la contraddizione. Nasce così la nozione di c. dialettica, che è alla base dell’intero sistema hegeliano. Diversamente dalla classica accezione del termine c., secondo la quale se in una proposizione compaiono due contraddittori, A e non-A, per risolvere la c. occorre separare il vero dal falso, la nuova accezione hegeliana intende i termini della c., A e non-A, come componibili, e quindi per risolvere la c. occorre non già separare, ma unificare i contraddittori in una unità superiore, quella dello Spirito. Nella visione ‘panlogistica’ di Hegel, che trova la sua espressione sistematica nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche, il passaggio dalla Logica alla Natura, e dalla Natura allo Spirito, si effettua costantemente grazie alla forza della c., in virtù della quale i singoli anelli della catena vengono prodotti, separati e riunificati – per dare poi vita a nuove scissioni e riunificazioni – per via puramente logico-dialettica. Questa visione panlogistica passò anche in Marx, che sebbene appaia pienamente cosciente, soprattutto negli scritti giovanili, del carattere vizioso della logica hegeliana, finisce poi per utilizzarla nelle stesse opere di analisi economica, interpretando tutti i contrasti della vita reale, primo fra tutti quello fra lavoro salariato e capitale, come contraddizioni logico-dialettiche, scandite al ritmo di unità originaria, scissione o alienazione, e ricomposizione dell’unità a un livello superiore, quello della futura comunità comunista.