CONTRACCEZIONE.
- La scelta della contraccezione. La contraccezione in Italia. Metodi contraccettivi. La contraccezione ormonale. Tecniche non ormonali. La contraccezione maschile. Bibliografia
La specie umana è notoriamente poco fertile, predisposta naturalmente per avere figli in giovane età e spesso costretta da esigenze sociali a cercarli in età fondamentalmente inadatta. In realtà la migliore qualità degli oociti, i gameti femminili, si trova nelle ragazze di 18-22 anni, mentre nel mondo occidentale l’età media alla quale la maggior parte delle donne ha il primo figlio supera in modo significativo i trent’anni. Inoltre, contrariamente alla maggior parte delle specie biologicamente vicine, gli esseri umani non hanno rapporti solo in coincidenza con il momento di maggior fertilità femminile, ossia quello dell’ovulazione, ma hanno costruito un’idea di vita sessuale che ha molte valenze, oltre a quella riproduttiva: per la maggior parte degli individui il sesso contiene anche gioco, divertimento, dimostrazione di affetto, dialogo, rispetto reciproco, ma possono anche farne parte, casualmente, elementi negativi come le gravidanze non desiderate e le malattie sessualmente trasmesse. La scienza dovrebbe fare in modo di evitare i danni che questi elementi impropri possono provocare e di preparare i giovani, educandoli, predisponendo rimedi e insegnandone l’uso corretto. In realtà non è così, o non è sufficientemente così.
La scelta della contraccezione. – Il compito di predisporre rimedi adatti a evitare le gravidanze non desiderate (un problema al quale si è cercato spesso di trovare soluzione attraverso l’infanticidio, l’aborto, l’abbandono del figlio, l’adozione e, nel migliore dei casi, il matrimonio forzato) è stato assunto dalla medicina solo negli ultimi sessant’anni, con risultati non del tutto soddisfacenti: non esiste oggi un contraccettivo ideale, semplice, di facile uso, completamente affidabile, privo di effetti collaterali, reversibile, accettabile sul piano sia etico sia religioso, capace di proteggere dalle malattie sessualmente trasmesse, utile a tutte le età sia per la cosiddetta c. quotidiana, sia per la ‘pianificazione’ della famiglia. Questo significa che ciascun individuo dovrebbe costruire per sé un percorso contraccettivo, selezionando differenti tecniche adatte ai vari momenti e alle differenti esigenze della propria vita. Ma questo significa anche cultura, educazione e conoscenza, tutte cose carenti nella maggior parte dei cittadini in tutte le parti del mondo, o addirittura ostacolate. Per es., in Italia c’è un’ostilità – mai sopita – della Chiesa cattolica che ufficialmente ammette, per il controllo delle nascite, solo i metodi ‘naturali’, ossia basati sull’astinenza periodica, e considera gli altri metodi lesivi della ‘dignità della procreazione’, esigendo che la vita sessuale possa essere ritenuta lecita solo se finalizzata alla riproduzione. Ma i metodi ‘naturali’ sono di difficile attuazione e hanno una sicurezza complessivamente molto modesta, per cui, almeno nella maggior parte dei Paesi europei, sono utilizzati da una percentuale minima delle coppie stabili.
L’insufficienza – e, in alcune parti del mondo, la totale assenza – di attenzione ai problemi della salute riproduttiva si rileva da alcuni dati resi noti dalla WHO (World Health Organization): ogni anno nel mondo hanno inizio circa 210 milioni di gravidanze, 80 milioni delle quali non sono state pianificate; nel 2008 il numero di interruzioni volontarie di gravidanza ha superato i 21,6 milioni e, a causa di questi interventi, sono morte 47.000 donne; nel 2005 nei Paesi in via di sviluppo 8,5 milioni di donne hanno sofferto di gravi conseguenze per la salute a seguito di aborto. Una ricerca pubblicata nel 2013 dall’International planned parenthood federation European network (IPPF EN, Barometer of women’s access to modern contraceptive choice in 10 EU countries, Bruxelles 2013) ha messo in evidenza un panorama europeo tutt’altro che lusinghiero, sia per il numero di aborti volontari sia per la diffusione delle malattie sessualmente trasmesse.
La contraccezione in Italia. – Per quanto riguarda la situazione italiana, non è certamente tra le migliori, in un quadro complessivamente desolante: il Paese è tra le ultime nazioni europee per quanto riguarda l’utilizzazione di mezzi contraccettivi sicuri (per es., la pillola, usata solo dal 16% delle donne e con una notevole discontinuità) ed è in continua crescita il ricorso alla c. d’emergenza (pillola del giorno dopo). Il 30% delle coppie italiane fa ancora uso del coito interrotto, che ha una sicurezza modesta e non protegge dalle malattie sessualmente trasmesse, il che giustifica un aumento preoccupante delle infezioni da papillomavirus e da clamidia. Se è vero che sono in diminuzione le richieste di interruzione di gravidanza, è bene sottolineare che questo riguarda soprattutto le donne di età superiore ai 30 anni e che si deve anche all’uso illecito di abortigeni impropri, come le prostaglandine, acquistati in farmacia con ricette irregolari o ottenuti dal mercato nero (nel quale è reperibile anche il mifepristone, la pillola usata per l’aborto farmacologico che dovrebbe essere reperibile solo negli ospedali). Sempre nel nostro Paese, poi, non è mai stato approvato un quadro legislativo nazionale che regolamenti l’educazione sessuale nelle scuole e non esiste su questo tema alcun tipo di preparazione aspecifica per gli insegnanti, tutte cose responsabili di una diffusa e profonda ignoranza.
Metodi contraccettivi. – La contraccezione ormonale. – Malgrado esistano alcune riviste scientifiche che continuano a pubblicare proposte e risultati relativi alle varie forme di c., non si può dire che in questi ultimi dieci anni le tecniche siano migliorate in modo significativo e che siano stati presentati nuovi metodi. Se c’è qualche novità, questa riguarda certamente la c. ormonale che è andata incontro ad alcune modificazioni vantaggiose. La prima di esse riguarda la possibilità di vie alternative per la somministrazione degli ormoni (la transcutanea, tramite cerotti applicati sulla pelle, e la vaginale, mediante anelli a lento rilascio ormonale). Per entrambe queste forme di assunzione i vantaggi, certamente non straordinari, consistono soprattutto nel minor impegno metabolico imposto al fegato e nella costanza dei livelli plasmatici degli steroidi assorbiti, vantaggi peraltro bilanciati da una presenza complessiva di ormoni in circolo un po’ più elevata di quanto non si verifichi con le usuali pillole assunte per via orale, a parità di sicurezza contraccettiva. Deve essere anche considerata con soddisfazione l’attuale ampia disponibilità di pillole a contenuto di estrogeni particolarmente basso (15-20 μg per compressa, contro i 150 μg delle primissime pillole), dalla quale dovrebbe dipendere una significativa diminuzione degli effetti collaterali sfavorevoli. Non si è invece mai conclusa la discussione sui possibili maggiori rischi più volte riferiti ai progestinici della cd. terza generazione (desogestrel e gestodene), per i quali l’industria farmaceutica ha costruito una sorta di invalicabile linea di difesa. Ma la novità più interessante riguarda certamente la c. d’emergenza, ossia ormoni da utilizzare subito dopo un rapporto non protetto. Le possibilità di intervento proposte sono numerose (per es., l’inserimento in utero di un device a dismissione di rame o l’assunzione di mifepristone, farmaco utilizzato per interrompere le gravidanze), tuttavia quelle comunemente applicate sono due: 1,5 mg di levonorgestrel (progestinico presente anche in alcune pillole contraccettive), che previene una gravidanza in circa il 75% dei casi se assunto entro 48 ore (il 50% se l’assunzione avviene tra le 49 e le 72 ore dopo il rapporto non protetto); 30 mg di ulipristal acetato (progestinico ad azione antiprogestazionale) nei cinque giorni seguenti al rapporto, con efficacia molto alta (il 95% delle gravidanze previste non si verifica) se l’assunzione avviene entro 24 ore, e progressivamente ridotta fino al 30% a 120 ore.
Sul meccanismo d’azione di questi farmaci si è aperta una discussione tra i bioeticisti, alcuni dei quali hanno immaginato l’esistenza di un processo di interruzione precocissima della gravidanza o di un’inibizione dell’impianto in utero di un embrione appena formato, ipotesi che hanno promosso una richiesta di obiezione di coscienza da parte di medici (che si rifiutano di prescrivere) e di farmacisti (che si rifiutano di consegnare, nonostante per loro non sia prevista questa possibilità) per entrambe le pillole. In realtà il consenso delle maggiori autorità scientifiche (inclusa la WHO) nei riguardi del levonorgestrel è del tutto assolutorio: il progestinico non ha alcuna capacità di interrompere una gravidanza e non può inibire l’impianto, come dimostrato da specifiche ricerche sperimentali. Diverso è il caso dell’ulipristal, per il quale si può escludere un’azione abortiva, mentre è legittimo immaginare una possibilità – anche se remota – di inibizione dell’impianto,a causa delle proprietà antiprogestazionali dell’ormone. È bene ricordare a questo proposito che i consensi, in medicina, rappresentano l’unica verità (temporanea, ma anche assoluta) alla quale i medici devono fare riferimento, almeno fino a quando non siano sostituiti da nuovi consensi, e che l’elaborazione di un consenso deve sempre essere affidata alle maggiori autorità scientifiche e non è materia per teologi, filosofi, romanzieri e predicatori.
Tecniche non ormonali. – Poche e poco significative sono le novità relative alle altre tecniche contraccettive. Per quanto riguarda i devices intrauterini, non è mai stato del tutto risolto il problema delle possibili complicazioni pelviche che renderebbero il metodo inadatto (essendo causa di una significativa diminuzione della fertilità) alle donne che non appartengono ancora alla categoria delle cd. suffipare, ossia le donne che non desiderano avere altri figli e considerano conclusa la loro ricerca di maternità. È comunque vero che gli IUD (Intra Uterine Devices) sono stati parzialmente riabilitati e hanno conquistato un nuovo mercato, dopo una lunga fase di rigetto da parte dei medici, spaventati dalle drammatiche conseguenze dell’impiego di uno specifico strumento, il Dalkon shield, responsabile di una serie di gravi incidenti dovuti alle conseguenze di pelviperitoniti da agenti batterici anaerobici particolarmente aggressivi. È in netto calo l’uso della c. femminile di barriera (per es., diaframmi e cappucci cervicali), e non sembra aver guadagnato popolarità il preservativo femminile; al contrario, è in aumento l’uso di quello maschile, soprattutto in quanto garante di una ‘doppia sicurezza’: la prevenzione delle gravidanze non desiderate e quella delle malattie sessualmente trasmesse. L’uso dei cd. metodi contraccettivi naturali sembra attualmente limitato a meno del 2% della popolazione di coppie stabili. È infine in diminuzione la richiesta della c. definitiva (legatura delle tube e dei deferenti), che ha perso molto smalto anche presso i medici dopo che molti studi hanno messo in evidenza l’elevato numero di pentimenti che possono comparire in entrambi i sessi dopo un intervento che dovrebbe essere considerato definitivo.
La contraccezione maschile. – Si deve anche ricordare la ricerca di un valido contraccettivo ormonale maschile, sul quale si sono impegnati molti gruppi di lavoro in tutto il mondo, Italia compresa. In realtà il problema è uno solo e ha poco a che fare con la ricerca scientifica: non esiste un’industria farmaceutica interessata a iniziare una qualsiasi sperimentazione clinica, in base alla certezza che gli uomini non sono interessati a questa tecnica, che oltre tutto temono per i possibili (anche se mai osservati) effetti negativi sulla sessualità.
In definitiva, sembra siano ben poche le raccomandazioni della WHO – che considera l’accesso alle informazioni sulla c. e ai servizi che rendono possibile utilizzarla senza costi e senza indugi uno dei principali diritti civili – a essere osservate e rispettate.
Bibliografia: P.G. Crosignani, La contraccezione. Quando, perché e come, Milano 2010; C. Flamigni, C. Melega, La pillola del giorno dopo. Dal silfio al levonorgestrel, Roma 2010; C. Flamigni, A. Pompili, Contraccezione, Roma 2011; C. Flamigni, Storia della contraccezione. Ignoranza, superstizione e cattiva scienza di fronte al problema del controllo delle nascite, Milano 2012; H. Grigg-Spall, Sweetening the pill. Or how we got hooked on hormonal birth control, Edizioni Zero books, 2013.