ALBERTI, Conti
, La casa Albertesca sembra già stanziata in Toscana nel sec. X, dove ebbe dignità comitale e vincoli consortili con i marchesi della Tuscia; ma in tempi meno remoti, quando s'incontrano i primi documenti che la riguardano, appare suddivisa in diversi rami, che, pur conservando il titolo comitale, prendono nome da feudi particolari. Agli inizî del sec. XII, la storia di questa potente famiglia è specialmente documentata per il ramo pratese, che, del resto, raccoglie una cospicua parte dell'eredità albertesca quando, con la morte del conte Ugo (1113), si estingue il ramo cadolingio. È personaggio storico di gran nome il conte Alberto seniore, il cui figlio Tancredi, detto Nontigiova, sposò in seconde nozze la vedova del defunto Ugo dei conti Cadolingi ed acquistò, in conseguenza, più per usurpazione che per diritto testamentario, i castelli di Vernio e di Mangona. Altro figlio del conte Alberto seniore è Goffredo, che nel 1114 risulta già insediato nella cattedra episcopale fiorentina. E ciò è esempio tipico di un procedimento abituale in certe case feudali, per fronteggiare col vescovado le incipienti autonomie cittadine. Nel caso particolare, tra gli A. e il comune fiorentino era già cominciato il conflitto con l'espugnazione del castello di Prato, nel 1107, vivente ancora la contessa Matilde, solidale con la città in questa prima fazione guerresca. Nel sec. XII, la storia dei conti A. è un capitolo dell'espansione fiorentina nel contado, che, come era chiuso, nei confini meridionali e orientali, dai feudi dei conti Guidi, così nel fronte occidentale era tutto incastellato dagli A. I quali, per altro, si estendevano anche nel volterrano e nella maremma massetana: sicché il loro nome ricorre anche nelle donazioni alla chiesa di Volterra. Ma la storia dei conti A. è soprattutto lumeggiata dai documenti fiorentini, per quei conflitti di giurisdizione. I rapporti col comune appaiono mutevoli, nel corso del sec. XII, perché influenzati da quelli con l'Impero e con i conti Guidi. Si direbhe che Firenze, dovendo dilatarsi su due fronti, profitti delle divergenze tra i Guidi e gli A., sicché questi, a volta a volta, appaiono alleati e nemici del comune. Così, nel 1120, a Corrado, vicario dell'imperatore Enrico V, resisterono insieme i Fiorentini e gli A., i quali ebbero a sostenere un assedio nel loro castello di Pontormo, mentre i Guidi militavano nel campo avverso. Identica situazione nel 1145, quando Firenze fu in contesa con i conti Guidi. Intanto, gli A. salivano a grande potenza, forti del favore imperiale, attestato da un diploma di Federico I del 4 giugno 1185, confermato nel 1164, che riconobbe al giovane conte Alberto, figlio del Nontigiova, le giurisdizioni feudali già esercitate dal nonno e dal padre. Questo accrescimento di potenza provocò un duello serrato tra il conte Alberto iuniore e il comune fiorentino. Nel 1182, migliorate le relazioni coi Guidi, Firenze sottrasse al conte il castello di Pogna e lo assalì, nel 1184, in quello di Mangona. La prigionia costrinse il signore ad accettare duri patti, fra cui la compartecipazione del comune ai dazî delle terre tra l'Arno e l'Elsa. Tuttavia non cessò l'ostilità: il conte veniva costruendo, nelle vicinanze di Certaldo, il castello di Semifonte, donde il nuovo titolo di comes de Summofonte. Ma la depressione della parte imperiale, alla morte di Enrico VI, costrinse gli A. a giurare la lega guelfa del 1198, per quanto in quell'atto medesimo Firenze si riservasse la libertà di assalire Semifonte. La minaccia fu condotta ad effetto nel 1201; e può dirsi che questa distruzione segni il tramonto della casa albertesca, rappresentata, alla morte del conte Alberto (1203), da un minorenne e dalla vedova Tabernaria. In quel torno di tempo, si sottomise a Firenze anche un ramo secondario della famiglia: quello dei conti di Capraia. Gli ultimi residui di giurisdizione feudale, in piena maturità del comune, sopravvissero specialmente nei castelli di Mangona e di Vernio.
Nei primi decennî del Trecento ne era investita Margherita del conte Nerone di Alessandro, sposata al senese Benuccio Salimbeni, la quale, come ultima erede degli Alberti, vendette quei castelli ad Andrea di Gualterotto de' Bardi.
P. Santini, Studi sull'antica costituzione del Comune di Firenze, in Archivio storico italiano, s. 5ª, XXV-XXVI, 1900; id., Documenti dell'antica costituzione del Comune di Firenze, Firenze 1895; R. Davidsohn, Storia di Firenze, trad. it., Firenze 1907-12, I.