ALFONSO, conte di Poitiers e di Tolosa
Quarto figlio di Luigi VIII re di Francia, nacque l'11 novembre 1220. Fidanzato prima con Elisabetta, figlia del conte de la Marche, poi con Giovanna, figlia unica di Raimondo VII, conte di Tolosa, aveva per appannaggio il Poitou e l'Alvernia. Quando suo fratello Luigi IX partì per la settima crociata (1249), A. s'imbarcò con lui ad Aigues-Mortes, e fu fatto prigioniero al suo fianco alla battaglia di Fāriskūr. Appena liberato, s'affrettò a rientrare in Francia, fin dal settembre 1250, per raccogliere l'eredità del suocero. Da allora, cominciò la sua diretta azione di governo negli stati su cui dominava; la quale si continuò fino al 1270, quando egli partì con Luigi IX per la crociata in Africa. Trascorso l'inverno in Sicilia, dopo essere sfuggito alla peste, A. si recò in primavera in Italia, con la moglie Giovanna: ma poco dopo morivano entrambi per malattia (forse a Savona), senza lasciar eredi diretti.
L'importanza del governo di A. è dovuta all'amministrazione interna de' suoi dominî, che ci è possibile studiare con grande precisione grazie ai numerosissimi atti di cancelleria conservatici: preziosa specialmente, al riguardo, la Correspondance administrative, tra il 1267 e il 1270, pubblicata da A. Molinier. Gli stati su cui A. dominava non formavano un tutto unico, ma si trovavano disseminati in tre zone diverse: all'ovest, il Poitou e la Saintonge, con terre minori; al centro parte della contea d'Alvernia (meno Clermont), le cosiddette terres d'Auvergne; a mezzodì, i dominî ereditati dal suocero Raimondo, cioè l'Agenese e la parte meridionale del Quercy, la contea di Tolosa, la parte occidentale dell'Albigese, la Rouergue e il Venassino. Eppure A., quasi senza muoversi da Parigi, dove abitualmente risiedeva (si recò nel mezzodì due sole volte), riuscì a dare a questo spezzettato dominio una forte unuà amministrativa, rara veramente per quei tempi, e organizzò tutta una burocrazia gerarchicamente ordinata. Alla testa, sette siniscalchi posti a capo di ognuna delle circoscrizioni in cui erano suddivisi i dominî, con poteri militari, amministrativi-fiscali, giudiziarî. Alle loro dirette dipendenze, agenti di rango inferiore, detti prevosti nei paesi dell'ovest, baili nel mezzodì; poi, altri ufficiali secondarî, alla cui nomina provvedeva invece direttamente A., i castellani con funzioni soprattuto militari, e, nella Linguadoca, i viguiers, di carattere amministrativo-giudiziario. Tutti dipendevano da un organismo centrale, non fisso ma mobile, che operava sotto la sorveglianza diretta di A.: il parlamentum o consilium, che s'occupava nello stesso tempo di affari giudiziarî ed amministrativi, e sulla composizione del quale siamo assai scarsamente informati. Per sorvegliare i singoli funzionarî e per ovviare ai possibili abusi, v'erano agenti temporanei, incaricati d'inchieste di carattere amministrativo-giudiziario, talora generali, per tutto un complesso di questioni, talora invece limitate ad un solo e specifico affare: ci rimangono gli atti di talune ispezioni, p. es., di quelle fatte nel Poitou e nella Saintonge nel 1258-1259 e nel 1261 (Correspondance administrative, nn. 1909-1924 e 1925-1945). In progresso di tempo, e certo sull'esempio degl'inquisitores istituiti da Luigi IX, a questi clerici o inquisitores, per lo più uomini di chiesa, si diedero più ampî poteri, cioè la facoltà di concludere le questioni, sentite le lagnanze delle parti lese: sebbene però A. si riserbasse personalmente la decisione nei casi più gravi. A volte, il lavoro degl'inquisitores si risolse in preparazione di materiale per le ordinanze del principe. Ugual cura ebbe A. dell'amministrazione finanziaria: e come puniva severamente gli abusi dei suoi funzionarî, e curava l'esazione dei proprî crediti, così teneva costantemente riassunti di bilancio che gli permettessero di rendersi immediatamente conto delle entrate e delle spese.
Gelosissimo della propria autorità, assai più autocrate che non il fratello re Luigi IX, A. tutelò sempre vigorosamente i suoi diritti, contrastando a chierici e giudici ecclesiastici, e, in genere, alla giurisdizione ecclesiastica, e anche alle mene della feudalità irrequieta del mezzogiorno e dell'ovest, che egli si sforzò di mantenere nella più stretta obbedienza, reprimendo duramente le rivolte feudali. Quanto al terzo stato, se egli dimostrò qualche benevolenza per le città del Poitou, di cui rinnovò i privilegi (Niort, Poitiers, La Rochelle), fu invece poco favorevole ai consolati del mezzogiorno; le "carte di costumi", abbastanza numerose, ch'egli concesse ai suoi soggetti, non sono che regolamenti amministrativi e giudiziarî e non conferiscono alcuna libertà politica. Nel complesso, il governo di A. arrecò notevoli benefizî ai paesi da lui dominati, che conobbero un lungo periodo di calma e di prosperità. La sua organizzazione dello stato, già così accentrata e burocratizzata, lo pone per tal riguardo in prima linea fra i principi del suo secolo, e assai vicino al più moderno dei sovrani di quel tempo, cioè a Federico II. Dopo la sua morte, però, l'unità dei dominî fu rotta: di pieno diritto, tutti gli stati di Alfonso, il Poitou, la Saintonge, la contea di Tolosa, l'Alvernia, furono riuniti al dominio reale; l'Agenese fu restituito al re d'Inghilterra; il Contado Venassino fu abbandonato alla Santa Sede.
Bibl.: B. Ledain, Histoire d'Alphonse de Poitiers, ecc., Poitiers 1869; E. Boutaric, St. Louis et A. de P., Parigi 1870; A. Molinier, Étude sur l'administration de St. Louis et d'A. de P. dans le Languedoc, in Vaissète, Histoire du Languedoc, nuova ed., Tolosa 1879, VII; Correspondance administrative d'A. del P., pubbl. da A. Molinier, in Coll. de docum. inédits sur l'Hist. de France, III, 5, Parigi 1894 e 1900, voll. 2.