CONTARINI
. Famiglia veneziana, una delle più remote del patriziato veneziano, di cui si hanno notizie sicure fino dal sec. XI: essa appartiene a quel nucleo del patriziato mercantile che contribuì all'espansione verso Oriente e infatti un ramo si trapiantò in Siria, e dal centro dei suoi maggiori affari (Giaffa) e dei suoi possessi orientali fu denominato dal Zaffo. Il ramo indigeno, invece, si arricchì tra il sec. XIV e XV di ricchi possessi fondiarî, specialmente per il matrimonio di Maria, figlia di Giacomo da Carrara, con Nicolò Contarini, figlio di Luca, politico, giureconsulto, filosofo e lettore nello Studio padovano al principio del sec. XV. È forse una delle poche famiglie veneziane che registri un largo numero di onori principeschi: otto dogi, a cominciare da Iacopo nell'ultimo scorcio del sec. XIII, e una folla di politici, diplomatici e letterati; un cardinale, Gaspare (v.), lasciò traccia profonda del suo sapere e della sua azione nella vita della chiesa cattolica.
Iacopo, di Domenico, era stato chiamato al soglio ducale (5 settembre 1275-6 marzo 1280) in uno dei momenti più delicati della politica estera veneziana, impegnata a riguadagnare le posizioni orientali, compromesse con la caduta dell'impero latino, senza provocare la reazione armata di Genova. Perciò, mentre Venezia combatteva vigorosamente i nemici che insidiavano la sua libera attività nell'Adriatico, dal Patriarca di Aquileia (1275) agli Anconitani, mantenne in vita le tregue con Genova anche a prezzo di sacrificare l'alleanza con Pisa, e abbandonò l'alleata al suo destino per evitare un urto con l'antagonista.
Un secolo dopo doveva invece toccare proprio ad un C., Andrea, figlio di Marino, l'onore di assistere alla tragica conclusione della secolare gara e sostenere il peso di una delle crisi politiche più difficili. Iniziato il governo (20 gennaio 1368) in un'atmosfera di serena tranquillità, l'orizzonte si oscurò con un rapido crescendo dalla guerra contro Trieste (1368) a quella contro il Carrarese (1372-74), all'urto tremendo, infine, contro Genova (1377-1381), nobilmente conchiuso con prove di eroismo civico e militare sotto le mura di Chioggia. Egli moriva il 5 giugno 1382, dopo superata la crisi tremenda le cui ferite non troppo presto poterono essere rimarginate.
Cinque dogi di questa famiglia si succedono nel corso del sec. XVII a breve distanza in momenti epici per la storia di Venezia. Brevissimo il dogado di Francesco, figlio di Bertucci (8 settembre 1623-6 dicembre 1624) e poco attivo, dopo la crisi dell'interdetto, nella quale era stato influente attore, come ambasciatore presso Paolo V (1609) e dopo la congiura del Bedmar. Altrettanto breve e più sfortunato quello di Nicolò, figlio di Giovanni Gabriele (18 gennaio 1630-2 aprile 1631), sorpreso all'esterno dalla caduta di Mantova, e all'interno dalla famosa peste. I loro omonimi successori in un quarto di secolo furono chiamati ad assistere alle azioni gloriose della lotta contro il Turco: Carlo di Andrea (27 marzo 1655-i maggio 1656), che vide le gesta audaci di Francesco Morosini ad Egina e a Volo; Domenico, di Giulio (16 ottobre 1659-26 gennaio 1675), che assistette al logorante e infelice duello col Turco intorno a Candia; infine, Alvise, di Nicolò (26 agosto 1676-15 gennaio 1684), chiamato a rimarginare le ferite della guerra di Candia, che aveva dissanguato l'erario ed estenuato l'economia pubblica e privata.
Bibl.: Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1858; Soranzo, Bibliografia veneziana, Venezia 1879; Cicogna, Iscrizioni veneziane, Venezia 1824-43; Kretschmayr, Geschichte von Venedig, Gotha 1904-22, I-II; Romanin, Storia documentata di Venezia, Venezia 1853-61, passim.