CONTABILITÀ DI STATO (fr. comptabilité publique; sp. contabilitad publica; ted. Staatsverrechnungswissenschaft; ingl. public accounting)
Considerata sotto l'aspetto teorico, la contabilità di stato è quella branca della ragioneria che studia le leggi del controllo economico dell'amministrazione aziendale dello stato; sotto l'aspetto legislativo essa è l'espressione positiva dei metodi che sono stati riconosciuti migliori per assicurare il controllo antecedente, contemporaneo e susseguente dei fatti che riguardano la riscossione e l'impiego dei mezzi finanziarî dello stato. Come legge positiva di controllo antecedente la contabilità di stato regola la formazione degl'inventarî iniziali delle attività e passività patrimoniali dell'erario; la procedura e la prova contrattuale anteriore; la preparazione, l'approvazione e l'esecuzione del bilancio statale. Come legge di controllo contemporaneo disciplina la rilevazione, la documentazione e la registrazione degli atti compiuti dagli ordinatori delle entrate e delle spese pubbliche. Infine, come legge di controllo susseguente, fissa le norme per la prova contrattuale consecutiva e i procedimenti idonei ad assicurare il riscontro pubblico sulla regolarità e legalità delle riscossioni e dei pagamenti effettuati dallo stato. In senso lato la contabilità di stato non è che l'espressione del sistema finanziario di una nazione, e poiché il sistema finanziario fa parte dell'ordinamento politico, è ovvio che tra sistema finanziario, contabilità di stato e regime politico vi sia una legge di correlazione che dà ragione delle vicende attraverso le quali sono passati gli ordinamenti contabili dei varî stati.
In Italia i principî fondamentali della contabilità pubblica sono stati dettati dalle repubbliche di Firenze e di Venezia, la quale ultima, già nel sec. XIII, formava regolarmente un piano finanziario semestrale, il cosiddetto bilanzo d'avviso, approvato con procedura solenne e gestito secondo il concetto della responsabilità dei governanti. Questi principî non hanno, però, potuto consolidarsi, a causa della particolare dottrina del diritto pubblico medievale; e, più tardi, le vicende politiche del nostro paese cancellarono le orme lasciate, anche nel campo degli ordinamenti finanziarî, dalle maggiori repubbliche, così che nessun collegamento si è potuto stabilire fra i sistemi finanziarî delle repubbliche stesse e quelli presentemente in vigore. Il sistema finanziario vigente trae, infatti, ispirazione dagli ordinamenti del vecchio Piemonte, le cui basi furono gettate da Emanuele Filiberto nel periodo dal 1554 al 1575, sviluppate poi da Vittorio Amedeo II nel 1730 e consolidate da Carlo Emanuele III. Caduto il Piemonte sotto la dominazione della Francia, questi ordinamenti furono sostituiti a poco a poco dalle forme dell'amministrazione francese e, richiamati in vigore nel 1814 da Vittorio Emanuele I, furono poi modificati, tenendo conto delle nuove necessità, dallo stesso Vittorio Emanuele nel 1816 e 1817, da Carlo Felice nel 1823, 1825, 1826 e 1827, e da Carlo Alberto nel 1831, 1835, 1841, 1845 e 1847.
Per effetto di questi successivi provvedimenti l'ordinamento vigente nel 1848 comprendeva sette ministeri, l'ispezione generale dell'erario, la direzione generale del debito pubblico, l'amministrazione centrale delle zecche, l'ispezione generale delle leve e l'uditorato generale di guerra. Dai sette ministeri dipendevano le nove aziende: dell'estero, dell'interno, della guerra, dell'artiglieria e delle fabbriche militari, della marina, delle finanze, delle gabelle, delle strade ferrate e della real casa, le quali, sostanzialmente, erano uffici esecutivi alla dipendenza dei ministri incaricati della secondaria direzione dei singoli servizî ma con funzioni prevalentemente contabili. Infatti, secondo la legge organica del 31 marzo 1819, tutte le ordinazioni di pagamento, qualunque ne fosse il titolo o la causa, dovevano essere segnate dal rispettivo capo di azienda. Le singole aziende e l'ispezione generale dell'erario preparavano i progetti di bilancio per l'entrata e per la spesa da presentare ai rispettivi ministri i quali, dopo averli riveduti, li comunicavano al ministro delle Finanze cui competeva riassumere i bilanci speciali per formare il bilancio generale e trasmettere questo e quelli al controllore generale per l'esame. Il controllore generale restituiva i documenti con le proprie eventuali osservazioni al ministro delle Finanze il quale ne curava l'invio al Consiglio di stato, che li sottoponeva a nuovo esame e compilava una relazione dettagliata di cui i ministri avevano comunicazione sedendo in consiglio di conferenza sotto la presidenza del re. Finalmente ciascun ministro sottoponeva alla sanzione sovrana i proprî bilanci in una seduta definitiva alla quale interveniva anche il controllore generale. Il bilancio era al lordo; l'anno finanziario coincideva con quello solare, ma l'esercizio durava diciotto mesi; le spese nuove o maggiori dovevano essere approvate con le stesse forme e con la medesima procedura dei bilanci dopo che le aziende avevano ottenuto un regio brevetto di autorizzazione; le somme rimaste da riscuotere o da pagare dopo decorso il sesto mese dalla chiusura della gestione, e cioè dopo il 30 giugno, erano comprese nel bilancio in corso, inscritte separatamente nei conti costituenti la contabilità dei residui, che doveva essere tenuta sempre distinta da quella della competenza dell'anno e dell'esercizio in corso. Ciascuna azienda compilava e presentava un proprio rendiconto (spoglio), riassunto dal ministro delle Finanze nel rendiconto generale, esaminato e approvato, insieme ai rendiconti parziali, con le stesse norme fissate per i bilanci preventivi. I conti dei tesorieri e dei contabili erano sottoposti all'esame e al giudizio della camera dei conti.
Promulgato lo statuto sorse la necessità di adattare gli ordinamenti finanziarî e contabili al nuovo ordinamento politico e nel 1852 Cavour presentò il primo progetto di legge di contabilità che divenne definitivo con la legge 23 marzo 1853, la quale si discostò sensibilmente dal progetto iniziale in quanto la commissione parlamentare che riferì su di esso non ritenne di poter accogliere integralmente il programma tracciato dal Cavour per la riforma dei sistemi contabili e dei metodi di controllo e rinviò quest'ultima parte della riforma medesima culminante nella soppressione della camera dei conti e del controllore generale e nella creazione della corte dei conti, che poteva avere attuazione solo col decreto legislativo del 30 ottobre 1859. La nuova legge non portò molte innovazioni negli ordinamenti preesistenti limitandosi ad abolire le aziende, ad affidare al ministro delle Finanze la preparazione dei bilanci da approvarsi con due leggi distinte, una per il bilancio attivo e l'altra per il bilancio passivo, a distinguere l'anno finanziario, che coincideva con l'anno solare, dall'esercizio finanziario che durava diciotto mesi, limitando però le facoltà esercitabili nei sei mesi successivi alla chiusura dell'anno, a riscuotere entrate e a pagare spese già accertate nell'anno stesso, con divieto di assumere nuovi impegni. Gli avvenimenti politici del 1859 indussero l'Oytana a fare approvare dal parlamento la nuova legge del 13 novembre di quell'anno, ma essa, in tutto conforme alla precedente, si limitò a creare il particolare gruppo delle spese obbligatorie e d'ordine per il quale consentì che si potessero eccedere gli stanziamenti di bilancio senza preventiva autorizzazione. Sopravvenuta l'unificazione del regno tornò a imporsi una riforma degli ordinamenti contabili e già un r. decreto 3 novembre 1861, n. 302, prese provvedimenti circa la contabilità di stato disponendo, fra l'altro, il prolungamento dell'esercizio finanziario a nove mesi successivi alla chiusura dell'anno, ossia fino al 30 settembre. Il 21 novembre 1861 il ministro Bastogi presentò poi al parlamento il primo di quella lunga serie di progetti di riforma che doveva concludersi solamente nel 1869; cadde infatti il progetto Bastogi come caddero quelli successivi del Minghetti (1863), del Sella (1865) e dello Scialoja (1866) e solo il Cambray-Digny riusci a condurre in porto il proprio progetto del 4 febbraio 1868, divenuto legge 22 aprile 1869, n. 5026, la quale si discostava tanto dal sistema inglese della classificazione delle spese in permanenti e variabili e del funzionamento dei conti del tesoro e del pagatore generale, quanto dal sistema francese e belga del prolungamento dell'esercizio. Infatti essa creò due bilanci da approvarsi in via successiva dal parlamento: un bilancio di prima previsione e un bilancio di definitiva previsione. L'attuazione pratica dimostrò presto l'insufficienza di questa legge e nel 1872 vennero già introdotte alcune modificazioni. Nel 1877 il Depretis propose una nuova riforma, che decadde per la chiusura della sessione legislativa e nel 1883 fu approvato il progetto Magliani con legge che fu poi trasfusa nel testo unico del 17 febbraio 1884. Il nuovo ordinamento fissò la decorrenza dell'anno finanziario al 1° luglio, adottò decisamente il sistema del bilancio di competenza, abolì il bilancio di definitiva previsione e lo sostituì con la legge di assestamento del bilancio, fece obbligo di presentare, separatamente, nel rendiconto, la gestione di competenza e quella dei residui, tenne ferme le disposizioni della legge del 1869, relative all'obbligo dei ministri d'impegnare le spese entro i limiti dei fondi di bilancio, al divieto di trasporto di fondi da uno ad altro capitolo, all'uso dei fondi di riserva, al controllo preventivo della corte dei conti e delle ragionerie ministeriali.
Norme tutte che sono rimaste in vigore per circa un quarantennio, essendosi limitate le disposizioni successivamente adottate a considerare parti separate del sistema contabile. Concessi i pieni poteri al governo per il generale riassetto degli ordinamenti statali con la legge 3 dicembre 1922, n. 1601, si pensò anche ad adattare alle mutate condizioni la legge sulla contabilità di stato, e a ciò provvide il r. decr. 18 novembre 1923, n. 2440, e il suo regolamento del 23 maggio 1924, n. 827. Le modificazioni di particolare rilievo portate con esso alla legge del 1883 riguardano i contratti e la forma dei pagamenti, lo spostamento dei termini per la presentazione al parlamento del rendiconto generale e dei bilanci preventivi, la semplificazione delle operazioni relative all'accertamento dei residui. la soppressione dell'obbligo della cauzione da parte degli agenti della riscossione e l'accertamento delle responsabilità dei pubblici funzionarî nei riguardi della gestione finanziaria. La legge del dicembre 1928 ha ripristinato la previsione di cassa già considerata dagli ordinamenti in vigore fino al 1913, anteriormente all'abolizione dell'assestamento del bilancio, e protratto di un mese la chiusura dei conti (pur mantenendo immutate la decorrenza e la durata dell'esercizio finanziario) per consentire le liquidazioni e la regolarizzazione degl'incassi e dei pagamenti in corso così da alleggerire la gestione dei residui.
Anche taluni stati esteri hanno riconosciuto l'opportunità di portare modificazioni ai rispettivi ordinamenti contabili dopo le vicende della grande guerra. Così, a prescindere dalle leggi di contabilità adottate dai nuovi stati creati dopo la guerra, si è avuta negli Stati Uniti d'America la legge 10 giugno 1921 sul national budget system; in Germania la Reichshaushaltsordnung del 31 dicembre 1922; in Russia la legge del 21 dicembre 1923; in Francia le leggi 30 aprile 1921 e 10 agosto 1922 che modificano il regolamento fondamentale, approvato con decreto imperiale 31 maggio 1862, n. 10.527 e nel Belgio la legge del 1923 che riforma la legge 15 maggio 1846. È invece rimasto l'exchequer and audit act 28 giugno 1866 per l'Inghilterra e il regolamento di contabilità del Giappone in data 11 febbraio 1889.