CONSOLO (Conxolus)
Pittore della seconda metà del sec. XIII, attivo a Subiaco nella chiesa inferiore del Sacro Speco, ha lasciato il suo nome "Magister Conxolus pinxit hoc opus", sull'affresco di una piccola abside accanto ad una immagine della Vergine con il Bambino. Della sua personalità e della sua vita non si hanno notizie. Il Salvi (1960) identifica, tuttavia, con il pittore di Subiaco il "Consulus" citato in alcuni documenti del XIII secolo (Subiaco, Archivio di S. Scolastica), datati tra il 1292 e il 1328, in cui si legge "Benedictus Consuli" di Subiaca e "Bernardus Benedicti Consub", giustificando la diversa grafia - "Consulus" e non "Conxolus" come è scritto sull'affresco - con l'ignoranza del pittore che avrebbe firmato in modo errato mentre i notai avrebbero trascritto il nome giusto. Unica indicazione comunque che si ricavi da questi documenti seguendo la lettura del Salvi (V. Federici legge invece "Console": La biblioteca e gli archivi, in I monasteri di Subiaco, Roma 1904, II, pp. 74, 81 ss.), oltre a date puramente indicative per la sua vita, è la provenienza di C. da Subiaco, dove la sua famiglia possedeva vari beni.
L'opera di C., limitata per quanto sinora si conosce all'attività nella chiesa inferiore del Sacro Speco - l'ipotesi del Cavalcaselle (1886), che gli appartenesse una tavola con S. Benedetto è stata giudicata infondata dallo Hermanin (1904, p. 485), - oltre all'absidiola citata, ricopre quasi totalmente le pareti della chiesa, sovrapponendosi ad una precedente decorazione. Tema principale delle sue pitture è la Vitadi s. Benedetto di cui C. raffigura, seguendo la narrazione di s. Gregorio Magno, vari episodi legati soprattutto alla giovinezza dei santo e alla sua permanenza a Subiaco: il Primo miracolo, la Vestizione, il Miracolo del Goto, S. Mauro che cammina sulle acque, l'episodio del Pane avvelenato, la sua Vita nella grotta, ecc. Rivelano i caratteri della sua pittura anche il busto del papa Innocenzo III, tondi con le figure di S. Benedetto, S. Scolastica e del Cristo, e alcune Sante.
Un suo intervento è ravvisabile nel S. Lorenzo della seconda volta e nella terza volta con l'Agnello e i Simbolidegli Evangelisti. Iltutto è circondato o limitato da colonne tortili, da fasce ad ornato geometrico e comici ad archetti pensili o a mensole dipinte.
Messo già in relazione comunemente con maestri quali Cavallini e Torriti, di cui sentì l'influenza, e considerato per la sua vena realistico-narrativa ora un "precursore di Giotto" (Van Marle, 1932, p. 451), pur con i limiti della sua arte, ora un conoscitore degli affreschi di Assisi e di Giotto stesso (Longhi; Toesca, 1927), C. è stato per lo più definito come non alieno dalla conoscenza dell'opera dei maggiori maestri romani, ma tuttavia un "orecchiante" (Venturi, 1907, p. 195) delle loro opere e soprattutto legato all'ambito dell'arte "popolare" e narrativa romana (cui appartengono ad esempio gli affreschi dell'atrio di S. Lorenzo fuori le Mura) e di cui C. si mostra uno dei più apprezzati esponenti della fine del XIII sec. (ma la Refice, 1968, considera C. della fine della prima metà del secolo). Nei suoi affreschi colpisce infatti la vena narrativa che porta il pittore a rappresentare con fresca ingenuità gli episodi della Vita di s. Benedetto riecheggiando il tono stesso del racconto di s. Gregorio e riassorbendo in un linguaggio pacato ogni elemento drammatico della narrazione. Tuttavia ad una osservazione più attenta, pur in questo suo linguaggio vivace e libero, si notano i limiti del pittore in certo ripetersi di atteggiamenti nei personaggi raffigurati - come ad esempio la ricorrente figura di s. Benedetto nella grotta - o in certi convenzionalismi eccessivi - come il disegno del lago nell'episodio di s. Romano e in quello del Goto - che, come giustamente sottolinea il Matthiae (1966, p. 242), conferiscono al racconto il "fascino delle cose semplici, dette con vocabolario ristretto" con lo scopo principale di rendersi estremamente comprensibile. Minori risultati rivela invece nella raffigurazione di personaggi inerti quali la figura di Innocenzo III, scarsamente caratterizzata, o la stessa immagine della Vergine che mostra anche nella traballante architettura del trono a baldacchino lo scadere dei modelli aulici del tempo.
Fonti e Bibl.: G. B. Cavalcaselle-J. A. Crowe, Storia della pittura in Italia, I, Firenze 1886, pp. 135 s., 139; F. Hermanin, Le pitture dei monasteri sublacensi, in I monasteri di Subiaco, I, Roma 1904, pp. 461 ss.; A. Venturi, Storia dell'arte ital., V, Milano 1907, pp. 192-195; E. Modigliani, Die Klöster von Subiaco, in Zeitschrift für bild Kunst, XVIII (1907), p. 282; P. Toesca, Il Medioevo, Torino 1927, II, p. 1020 s.; R. Van Marle, Le peinture romaine du Moyen Age, son développoment du VIe jusqu'à la fin du XIIIe siècle, Strasbourg 1921, pp. 200-202, 252, 245; Id., Le scuole della pittura ital., I, L'Aia-Milano 1932, pp. 449-452, 486; E. Lavagnino, Storia dell'arte medioevale ital., Torino 1936, p. 412; F. Hermanin, L'arte in Roma dal sec. VIII al XIV, Roma 1945, pp. 284 ss.; P. Longhi, Giudizio sulDuecento: note 1938-1947, in Giudiziosul Duecento..., Firenze 1974, p. 47; P. Toesca, Il Trecento, Torino 1950, pp. 454, 681, 684; G. Salvi, Documenti sul pittore C., in Bollettino d'arte, LXV (1960), pp. 366-367; M. Rotili, Origini della pittura italiana, Bergamo 1963, p. 92; G. Kaftal, Iconography of the Saints in Central and South Italian Schools of Painting, Firenze 1965, I, coll. 163-188; G. Matthiae, Pittura romana del Medio Evo, Roma 1966, II, pp. 196 s., 239-243; C. Refice, Gliaffreschi dell'atrio della basilica di S. Lorenzo fuori le Mura, in Argomenti d'arte antica, Roma 1968, pp. 33 ss.; C. D'Onofrio, Subiaco, in Abbaziedel Lazio, Roma1970, pp. 99-103; G. Matthiae, Fulcro unificante della civiltà Occidentale. Il tardo Medioevo, in Lazio, Venezia s. d. [ma 1977], p. 322; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 343.