DARDALINI (Dardolini), Consilio
Figlio di Giunta, nacque a Monteleone nel contado orvietano: risulta attivo come maestro vetraio dal 1321 al 1363 (Fumi, 1891). Fabbricava smalti per mosaici e vetri per finestre e arredi sacri presso i cantieri del duomo di Orvieto.
La Presenza del D. ad Orvieto è testimoniata a partire dal 21 giugno 1321, quando produceva vetri colorati e dorati con un altro operaio monteleonese, Ghino di Pietro, sotto la direzione di Lorenzo Maitani capomastro del duomo fin dal 1310.
Si lavorava in una fornace che lo stesso Maitani aveva voluto aprire presso la porta dell'episcopato con duplice intento: per esercitare come direttore un più costante controllo sulla fabbricazione dei vetri, soprattutto i dorati e gli argentati, soggetti ad una laboriosa tecnica; e per garantire all'Opera la produzione di materiale necessario per ornare il duomo.
Le paste vitree dorate e argentate, prodotte in lunghe liste dette "lingue", o "linguacce", erano lavorate anche a Roma, ma le migliori per qualità uscivano dalle industrie orvietane in cui operavano in prevalenza vetrai monteleonesi, noti come i più prestigiosi artigiani in questo campo.
In particolare il D. godeva di grande fama per la perfezione delle sue liste dorate e argentate. Una affermazione singolare di questo primato è in un documento del 12 febbr. 1328 (Fumi, 1891, pp. 119 s.) interessante anche per la luce che getta sulla sua vita privata. Si tratta della revoca di una condanna al bando che il D. scontava da circa un anno per aver partecipato ad un saccheggio perpetrato ai danni del borgo di San Casciano. Le ragioni che indussero la Signoria dei sette a graziarlo, proposte dal Maitani e dagli ufficiali dell'Opera, si fondavano sulla perizia tecnica del D., talmente elevata da rendere la sua presenza indispensabile nel laboratorio del vetro argentato e dorato e tale da non poter essere eguagliata da nessun altro maestro operante nella provincia. Per non arrecare danno alla grande fabbrica del duomo, il D. fu dunque riabilitato, ma con l'accordo che da allora in poi avrebbe servito l'Opera rinunciando ad un terzo del suo salario.
Pagamenti al D. per forniture di vetri sia colorati sia dorati sono documentati ancora per gli anni 1335, 1338, 1339. Si perdono le sue tracce per circa un ventennio durante il quale tuttavia il suo prestigio non dovette scemare. Nel 1358 infatti, collaborava con il pittore Ugolino di Prete Ilario, operoso ad una vetrata nella cappella del SS. Corporale, e nel 1359, il 21 febbraio, esaminava e sceglieva insieme con Andrea di Cione, detto l'Orcagna, vetri per mosaici. Andrea di Cione con il fratello Matteo attendeva in quegli anni al mosaico della facciata raffigurante la Natività della Vergine. Il 1362 registra altri pagamenti in favore del D. e una sua obbligazione a fornire vetro bianco per le finestre della medesima cappella del Corporale. L'ultimo documento noto, da assumere quale termine post quem per la morte del D., risale al 13 dic. 1363 e riguarda forniture di vetri colorati e dorati.
La stima che artisti esimi quali il Maitani e l'Orcagna sottointendono nei rapporti con il D., esalta la personalità del maestro vetraio monteleonese, conquistandogli un posto di rilievo nella storia dell'artigianato italiano.
Fonti e Bibl.: G. Milanesi, Doc. per la storia dell'arte senese..., I,Siena 1854, p. 198; L. Fumi, La facciata del duomo di Orvieto, in Arch. stor. dell'arte, II (1889), p. 187; Id., Il duomo di Orvieto...,Roma 1891, pp. 3, 103-106, 193, 209, e per i documenti pp. 118-121, 131 s., 217; P. Perali, Orvieto, Orvieto 1919, p. 86; P. Momaroni, Artisti monteleonesi lavorano ai mosaici del duomo di Orvieto, in La Nazione, 16 maggio 1961; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, p. 398.