CONSILIA
. Questa parola ha nella storia della giurisprudenza un duplice significato. Indica infatti i consilia domandati dal giudice al sapiente sul modo di decidere la causa, e i consilia che le parti in causa chiedono al giureconsulto (v. consulenti).
Dal sec. XII in poi troviamo, anche in Italia, l'obbligo del giudice di chiedere, prima di pronunziare la sentenza, un consiglio a uno o più sapienti di diritto. Coloro che dànno questo consilium sapientis hanno il nome di consiliarii o assessores. È controverso se sia istituto di origine romana, ovvero residuo d'istituzioni processuali germaniche; in ogni modo l'istituto dei consiliarii, invocati dapprima caso per caso, divenne permanente, e ci appare in ogni tribunale; quindi anche nei tribunali delle città italiane e in quello del podestà, il quale ha il proprio assessor. Questi è fornito di cognizioni giuridiche attinte ai nostri Studî: spesso è anche uno dei legisti, i cui nomi sono rimasti famosi nella storia della nostra giurisprudenza: es., Cino da Pistoia, Alberto da Gandino, ecc. I consilia sapientium potevano anche essere dati a voce; ma spesso erano scritti e sigillati e aperti poi dal giudice, presenti i testimonî. Si può fondatamente ritenere che se, dopo la metà del sec. XII, i nomi di legum docti, iurisperiti, causidici, ecc., dati alle persone che appaiono intorno al giudice, si fanno più rari nei documenti, il loro ufficio si è meglio determinato e continua rigoglioso nei consiliarii. Alcuni consilia loro si trovano anche nel Cartularium Studii bononiensis (3ª ed., Bologna 1909-1927). È ufficio importantissimo per chi studia l'affermarsi del diritto romano in Italia su tutti gli altri diritti particolari. Il consiliarius, educato dai maestri delle università, suggerisce al giudice le dottrine apprese a scuola; insegna come si possano supplire le molte lacune dello statuto civico; coopera quotidianamente a far sì che uno sia il diritto applicato nei tribunali.
Si noti anche che il giudice doveva seguire il consiglio del sapiente: era questa una consuetudine dei tribunali italiani. Il giudice, ottenuto il consilium, lo comunicava alle parti come se fosse la sentenza di lui. Perciò il consiliarius doveva poter conoscere tutti gli atti della causa e udire anche gli avvocati. Si comprende che taluni legisti, fra cui Guglielmo Durante e Bartolo, combattessero questa cieca adesione del giudice al sapiente; ma dove furono e finché vi furono giudici indotti e il giudice unico, questa era una necessità.
Bibl.: P. Pertile, Storia del diritto ital., Torino 1896-1903; II, i, pp. 139, 247; VI, ii, p. 210 seg.; L. Chiappelli, Un cons. inedito di Angelo da Perugia, in Arch. giur., XXXVI (1886), fasc. 1-2; A. Checchini, I consiliarii nella storia della proced., in Atti R. Ist. ven. di scienze, lett. ed arti, 1908-09, pp. 625-719; G. Salvioli, Storia del dir. ital., pubbl. sotto la direzione di P. Del Giudice, III, i, p. 53; III, ii, pp. 498-503; id., Storia del dir. ital., 9ª ediz., Torino 1930, § 792; B. Brugi, Per la storia della giurispr. Nuovi saggi, Torino 1921, p. 78.