Consigli del podestà
. L'origine dei C. del. podestà esistenti al tempo di D., comunemente conosciuti anche col termine di C. del comune, è legata alla nascita del comune sorto come associazione volontaria di elementi cittadini in gran parte legati al mondo feudale. Per un cumulo di circostanze favorevoli e sulle quali è qui impossibile intrattenersi, le competenze del comune si allargano sempre più fino a invadere il campo del diritto pubblico: naturalmente la base del potere risiede nei ‛ comunisti ', e il C. che li riunisce in assemblea prende il nome di C. del comune.
Ma la costituzione, in conseguenza dello spostamento della base sociale del potere, si evolve lentamente: la ‛ borghesia ' si fa avanti e muove, almeno a Firenze, verso la conquista integrale del comune; si passa così dal regime consolare a quello podestarile (siamo alla fine del secolo XII e ai primi del successivo), considerato dalla storiografia come un momento importante dell'evoluzione suddetta. Il C. del comune mutua allora la sua dizione dal nuovo ufficiale forestiero, mentre la prima denominazione non scompare dall'uso e convive insieme alla nuova (C. del podestà o del comune).
Scarsissime, purtroppo, son le notizie relative al C. del comune del primo periodo: di certo sappiamo solo che prima del 1229 era uno solo e che era formato di 150 membri, mentre dopo quell'anno si ha un allargamento sensibilissimo e al posto del precedente ne sorgono due, il C. speciale e quello generale, il primo di 90 membri e il secondo di 300. Le ragioni dello sdoppiamento si possono intuire: il numero esiguo di 150 consiglieri era ormai inadeguato a rappresentare la massa politicamente attiva della città (non si deve dimenticare, infatti, che questo è il periodo d'oro del dinamismo economico e dell'esplosione demografica dei nostri comuni), per cui s'impone un allargamento legato alle circoscrizioni cittadine: si arriva così alla creazione dei due Consigli.
Niente sappiamo dell'elezione dei consiglieri nei tempi più antichi, ma per analogia con quanto avverrà dopo, si può lecitamente supporre che larga parte vi abbiano avuto gli organi
e l'ambiente cittadino detentori del potere. In particolare per Firenze si può dire che dopo la vittoria dei guelfi (1266) l'elezione è del tutto in mano ai Diciassette, ai Quattordici, ai priori; la documentazione a noi pervenuta permette di affermare che in tale periodo la scelta dei membri dei C. è sempre sotto lo strettissimo controllo del gruppo di governo. Lo statuto del podestà del 1325 (I, rubr. VIII), sicuramente riferibile anche al periodo precedente, fissa chiaramente le norme dell'elezione. Questa in breve la procedura: nei mesi di dicembre e di giugno i priori in ufficio nominavano 40 ‛ boni homines ', scegliendoli dai sesti della città in rapporto alla popolazione dei medesimi, ai quali poi, unitamente ai priori stessi, era affidata la nomina. Come si vede i priori e il ristretto ambiente che li esprime sono i veri arbitri della situazione, e tutta la vita politica comunale è incentrata, senza svasature, su di loro; elettori ed eletti appartengono allo stesso ambiente, mentre gli altri, come ad esempio i magnati, ne sono esclusi quasi del tutto.
La scelta dei consiglieri è diretta, ad personam: parentele, amicizie e comunanza d'interessi vi hanno un ruolo rilevante
e questo spiega il perché della ristretta rotazione dei consiglieri. Il sistema di nomina diretta fu in vigore fino al 1329, anno in cui si procedette a un'ampia riforma e al posto di quella s'introdusse il principio dell'estrazione a sorte (" tratta ") preceduta dallo " squittinio " generale (censimento dei cittadini abili a ricoprire gli uffici) e dalla formazione delle borse.
Età minima per essere eletti i 25 anni: due fratelli o un genitore e un figlio non potevano far parte contemporaneamente dei due Consigli. La vita dei due consessi era legata a doppio filo a quella del podestà e tanto gli uni quanto l'altro duravano sei mesi, con inizio a gennaio e a luglio di ogni anno.
Circa la composizione sociale dei C. si può solo dire che vi erano ammessi i magnati e vi partecipavano le Capitudini delle arti, le quali, con la loro massa compatta, vi esercitavano un peso decisivo.
I consiglieri erano convocati o a mezzo di nunzio o col suono della campana della torre del podestà (" voce praeconia campanaeque sonitu "): le riunioni erano tenute nel palazzo intitolato allo stesso ufficiale forestiero, mentre prima si svolgevano in luoghi di fortuna: erano presiedute dal podestà o da un suo rappresentante; pene particolari erano previste pei consiglieri che al terzo suono della campana non fossero stati presenti nella sala del Consiglio. Le votazioni erano segrete (" per pissides et palloctas ") o palesi (" sedendo et surgendo "), mentre precise disposizioni di legge stabilivano il ‛ quorum ' delle presenze e il numero dei voti necessari all'approvazione delle proposte.
I C. trattano le materie più disparate: pace e guerra, economia e finanze, relazioni con l'estero, questioni minute della vita di tutti i giorni; particolari competenze, sulle quali non ci possiamo intrattenere in questa sede, spettavano ai due C. presi singolarmente. Norme rigorose regolavano l'andamento delle sedute: nessuno doveva disturbare o dire parole ingiuriose, né era permesso avvicinarsi al banco del podestà o del suo rappresentante, mentre i discorsi dei consiglieri dovevano vertere unicamente sugli argomenti oggetto di discussione e le proposte su altra materia eran senz'altro considerate nulle.
Bibl. - Le Consulte della Repubblica fiorentina dall'anno MCCLXXX al MCCXCVIII, a c. di A. Gherardi, I, Firenze 1896, X, XII, XIV-XV; G. Salvemini, Le Consulte della Repubblica fiorentina del secolo XIII, in " Arch. Stor. It. " s. 5, XV (1899) 61-113; Statuti della Repubblica fiorentina, Statuto del Podestà, a c. di R. Caggese, Firenze 1931, I rubr. VIII; IV rubr. XVIII-XIX, XXIII, XXV-XXIX; G. Salvemini, Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1295, Torino 19602, 129; Davidsohn, Storia IV I 109, 110-111, 116, 120.