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conservatorismo

di Stefano De Luca - Enciclopedia dei ragazzi (2005)
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conservatorismo

Stefano De Luca

In polemica con le utopie e in difesa della tradizione

Nato dopo la Rivoluzione francese ‒ e in polemica con essa ‒ il conservatorismo ha raggiunto le sue formulazioni più mature in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove ha anche esercitato un decisivo ruolo politico. I conservatori avversano i progetti utopistici di società perfette, credono nella libertà individuale e nel mercato, sono severi in tema di ordine e legalità e nutrono un particolare rispetto per la tradizione,

la famiglia e la religione

Contro l'abuso della ragione

Il primo bersaglio dei conservatori ‒ sin dalle Riflessioni sulla Rivoluzione francese pubblicate dall'irlandese Edmund Burke nel 1790 ‒ è quella concezione tipicamente moderna secondo cui le istituzioni sociali e politiche possono essere progettate 'a tavolino' (utopia), servendosi della ragione e senza tenere conto di fattori come costumi, tradizioni, convinzioni religiose e morali, pregiudizi. Per i conservatori, invece, tali fattori ‒ lungi dall'essere residui irrazionali ‒ sono il distillato di una saggezza storica e collettiva ben più ampia e profonda del sapere astratto di qualche ideologo.

La politica non è una scienza esatta, ma un sapere sperimentale, che ha bisogno di un laboratorio per provare le sue ipotesi: e questo laboratorio è la storia. Se si distruggono i legami sociali sorti grazie all'azione del tempo e li si sostituisce con astratti principi razionali, l'unico modo di garantire la coesione sociale ‒ secondo i conservatori ‒ sarà l'uso della coercizione, come è infatti avvenuto dopo ogni grande rivoluzione.

Imperfezione e libertà

Un altro bersaglio del pensiero conservatore è l'idea secondo cui i mali della condizione umana dipendono esclusivamente da ragioni politiche e sociali. È Jean-Jacques Rousseau il pensatore che ha espresso nel modo più chiaro tale concetto: l'uomo è naturalmente buono e diviene cattivo soltanto se mal governato. Si tratta di un'idea carica di conseguenze: se il male dipende esclusivamente da cause politiche, esso è in linea di principio eliminabile del tutto e tale compito non può che spettare alla politica stessa. La politica viene investita in tal modo di una missione quasi religiosa, che giustifica qualsiasi estensione dei suoi poteri: inseguendo l'ideale 'progressista' di una società perfetta si pongono così le basi di un nuovo e temibile dispotismo.

In realtà, secondo i conservatori, i mali del mondo dipendono dalla natura umana e quindi non si può mai giungere alla loro completa eliminazione. Tale eliminazione, oltretutto, è anche indesiderabile, perché le imperfezioni e i conflitti sono l'altra faccia della libertà, dal momento che nascono dalla varietà delle opinioni e degli interessi. Non a caso, uno dei punti fermi del pensiero conservatore è la convinzione che la politica ‒ e quindi i poteri dello Stato ‒ debbano rimanere entro limiti ben precisi, lasciando ampio spazio all'iniziativa e alla responsabilità degli individui, delle famiglie e delle associazioni.

I partiti conservatori

Il primo a usare il termine 'conservatore' nel suo significato moderno fu François-Auguste-René de Chateaubriand, che chiamò così una rivista fondata nel 1818. Nel 1830 i repubblicani americani si definivano già 'conservatori' e nel 1832 anche i tories britannici assunsero questo nome. Da allora nel mondo politico angloamericano, caratterizzato dalla presenza di due partiti principali, i conservatori si oppongono ai partiti progressisti o di sinistra, che negli Stati Uniti sono i democratici, detti anche liberals (liberali), e in Gran Bretagna sono i laburisti (o socialisti). Rispetto a essi, i conservatori sono più liberisti in economia (cioè favorevoli al mercato e contrari all'intervento dello Stato), più severi in materia di ordine e legalità, più rispettosi dei costumi tradizionali e della religione.

Nell'Europa continentale, invece, la situazione è più complessa, anche perché vi sono più tradizioni politiche e più partiti. I partiti che si oppongono alla sinistra progressista ‒ rappresentata da socialisti, socialdemocratici, verdi, comunisti ‒ non si definiscono conservatori, ma popolari (sono i partiti di ispirazione cristiana) o liberali. In Francia si chiamano gaullisti, dal nome del generale De Gaulle. Rispetto ai conservatori anglo-americani, questi partiti sono in genere più sfumati nelle loro posizioni, meno liberisti in economia e più sensibili alle esigenze sociali.

Vedi anche
Edmund Burke Burke ‹bë´ëk›, Edmund. - Scrittore politico inglese (Dublino 1729 circa - Beaconsfield 1797); dal 1758 direttore di The Annual Register, rivista di politica e lettere, fu dal 1765 al 1791 la mente direttiva del partito whig (Thoughts on present discontents, 1770, contro il partito tory). Con American ... economia Complesso delle risorse (terre, materie prime, energie naturali, impianti, denaro, capacità produttiva) e delle attività rivolte alla loro utilizzazione, di una regione, uno Stato, un continente, il mondo intero. Anche uso razionale del denaro e di qualsiasi mezzo limitato, che mira a ottenere il massimo ... Stati Uniti d’America Stati Uniti d’America Stato federale dell’America Settentrionale, il cui territorio è suddiviso tra 50 Stati membri e il Distretto di Colombia, nel quale sorge la capitale Washington. La continuità territoriale degli Stati Uniti d'America fu alterata nel gennaio 1959, quando venne accordata dignità di ... Paul Ryan Uomo politico statunitense (n. Janesville, Wisconsin, 1970). Durante gli studi in Scienze politiche ed economiche (Miami University, Ohio) si è avvicinato alla politica collaborando con alcuni senatori del Partito Repubblicano. Noto per le sue nette posizioni di stampo conservatore (soprattutto in materia ...
Categorie
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