conservatorismo
In polemica con le utopie e in difesa della tradizione
Nato dopo la Rivoluzione francese ‒ e in polemica con essa ‒ il conservatorismo ha raggiunto le sue formulazioni più mature in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove ha anche esercitato un decisivo ruolo politico. I conservatori avversano i progetti utopistici di società perfette, credono nella libertà individuale e nel mercato, sono severi in tema di ordine e legalità e nutrono un particolare rispetto per la tradizione,
la famiglia e la religione
Il primo bersaglio dei conservatori ‒ sin dalle Riflessioni sulla Rivoluzione francese pubblicate dall'irlandese Edmund Burke nel 1790 ‒ è quella concezione tipicamente moderna secondo cui le istituzioni sociali e politiche possono essere progettate 'a tavolino' (utopia), servendosi della ragione e senza tenere conto di fattori come costumi, tradizioni, convinzioni religiose e morali, pregiudizi. Per i conservatori, invece, tali fattori ‒ lungi dall'essere residui irrazionali ‒ sono il distillato di una saggezza storica e collettiva ben più ampia e profonda del sapere astratto di qualche ideologo.
La politica non è una scienza esatta, ma un sapere sperimentale, che ha bisogno di un laboratorio per provare le sue ipotesi: e questo laboratorio è la storia. Se si distruggono i legami sociali sorti grazie all'azione del tempo e li si sostituisce con astratti principi razionali, l'unico modo di garantire la coesione sociale ‒ secondo i conservatori ‒ sarà l'uso della coercizione, come è infatti avvenuto dopo ogni grande rivoluzione.
Un altro bersaglio del pensiero conservatore è l'idea secondo cui i mali della condizione umana dipendono esclusivamente da ragioni politiche e sociali. È Jean-Jacques Rousseau il pensatore che ha espresso nel modo più chiaro tale concetto: l'uomo è naturalmente buono e diviene cattivo soltanto se mal governato. Si tratta di un'idea carica di conseguenze: se il male dipende esclusivamente da cause politiche, esso è in linea di principio eliminabile del tutto e tale compito non può che spettare alla politica stessa. La politica viene investita in tal modo di una missione quasi religiosa, che giustifica qualsiasi estensione dei suoi poteri: inseguendo l'ideale 'progressista' di una società perfetta si pongono così le basi di un nuovo e temibile dispotismo.
In realtà, secondo i conservatori, i mali del mondo dipendono dalla natura umana e quindi non si può mai giungere alla loro completa eliminazione. Tale eliminazione, oltretutto, è anche indesiderabile, perché le imperfezioni e i conflitti sono l'altra faccia della libertà, dal momento che nascono dalla varietà delle opinioni e degli interessi. Non a caso, uno dei punti fermi del pensiero conservatore è la convinzione che la politica ‒ e quindi i poteri dello Stato ‒ debbano rimanere entro limiti ben precisi, lasciando ampio spazio all'iniziativa e alla responsabilità degli individui, delle famiglie e delle associazioni.
Il primo a usare il termine 'conservatore' nel suo significato moderno fu François-Auguste-René de Chateaubriand, che chiamò così una rivista fondata nel 1818. Nel 1830 i repubblicani americani si definivano già 'conservatori' e nel 1832 anche i tories britannici assunsero questo nome. Da allora nel mondo politico angloamericano, caratterizzato dalla presenza di due partiti principali, i conservatori si oppongono ai partiti progressisti o di sinistra, che negli Stati Uniti sono i democratici, detti anche liberals (liberali), e in Gran Bretagna sono i laburisti (o socialisti). Rispetto a essi, i conservatori sono più liberisti in economia (cioè favorevoli al mercato e contrari all'intervento dello Stato), più severi in materia di ordine e legalità, più rispettosi dei costumi tradizionali e della religione.
Nell'Europa continentale, invece, la situazione è più complessa, anche perché vi sono più tradizioni politiche e più partiti. I partiti che si oppongono alla sinistra progressista ‒ rappresentata da socialisti, socialdemocratici, verdi, comunisti ‒ non si definiscono conservatori, ma popolari (sono i partiti di ispirazione cristiana) o liberali. In Francia si chiamano gaullisti, dal nome del generale De Gaulle. Rispetto ai conservatori anglo-americani, questi partiti sono in genere più sfumati nelle loro posizioni, meno liberisti in economia e più sensibili alle esigenze sociali.