SWEYNHEYM, Conrad.
– Nacque forse a Magonza; non si conoscono né la data di nascita, né i nomi dei genitori. Il luogo d’origine viene indicato di solito nell’eponimo Schwanheim sul Meno, presso Francoforte, ma sembra invece che si tratti di un altro centro con lo stesso nome e non meglio identificato (Esch, 2007, p. 405 nota 13).
È probabile che Sweynheym abbia lavorato a Magonza presso la bottega di Johannes Gutenberg insieme con Arnold Pannartz, o che abbia appreso la tecnica della stampa nell’officina di Johann Fust e Peter Schöffer. Insieme con il socio Pannartz, si spostò in Italia già nei primi anni Sessanta del Quattrocento, quando era ancora laico. A proposito di questo trasferimento, si è ipotizzato un interesse da parte di due cardinali, il tedesco Niccolò da Cusa e Giovanni Torquemada, allora abate commendatario del monastero di Subiaco.
Arrivati in Italia, i due prototipografi si dedicarono inizialmente alla vendita dei libri stampati in Germania da Fust e Schöffer (Davies, 2016); intorno al 1464 per loro iniziativa sorse a Subiaco, presso il monastero benedettino di S. Scolastica, quella che viene considerata come la prima tipografia del nostro Paese (ma per alcuni dubbi su questo primato, v. Scapecchi, 2011 e Bertolini, 2010). Dai manoscritti della ricca biblioteca del monastero si potevano trarre i testi da dare alle stampe, mentre la vicina città di Roma era il mercato ideale per vendere i libri usciti dai torchi. La tipografia di Sweynheym e Pannartz doveva contare su diversi collaboratori, che a poco a poco si misero in proprio; tra questi è possibile che vi fossero pure Sixtus Riessinger, Georg Sachsel e Adam Rot.
Sono quattro gli incunaboli che di sicuro Sweynheym e il socio stamparono a Subiaco: il Donatus pro puerulis, o Donato minore, forse di una dozzina di carte (non se ne è conservata alcuna copia; se ne ha notizia dalla supplica del 1472 rivolta a Sisto IV per ottenere benefici ecclesiastici), prodotto prima del 1465, forse usando inizialmente – si suppone – la xilografia; il De oratore di Cicerone, uscito dai torchi prima del 30 settembre 1465 o già prima del 3 dicembre 1464, se è questo il testo a stampa cui Leon Battista Alberti allude nel proemio del suo De componendis cyfris; un libro con opere di Lattanzio (De opificio hominis, De ira Dei, De divinis institutionibus adversus gentes), pronto il 29 ottobre 1465, ma arrivato in tipografia il 3 dicembre dell’anno precedente; il De civitate Dei di s. Agostino, finito di stampare il 12 giugno 1467. Se il Lattanzio fosse uscito dai torchi già il 30 ottobre 1464, diversamente da quanto risulta dal colophon, il libro sarebbe il primo databile per congettura tra quelli stampati in Italia (vedi Branciani, 2010 e Galimberti, 2010, pp. 195 nota 81, 203 nota 108).
Nel 1467 i due prototipografi tedeschi si trasferirono da Subiaco a Roma, portarono con sé una parte delle copie del De civitate Dei e impiantarono una nuova tipografia presso Campo de’ Fiori, nel rione Parione, in un locale affittato dai fratelli Pietro e Francesco Massimo, ai quali forse andava una parte del ricavato della vendita dei libri stampati. Alla partenza dei due prototipografi da Subiaco, i libri già prodotti vennero spartiti con i monaci della cittadina laziale, che poi promossero anche la nascita di una propria stamperia. I fratelli Massimo erano esponenti della principale famiglia di banchieri e mercanti presenti a Roma; i loro traffici interessavano anche la carta, il piombo, lo stagno e l’antimonio, tutti materiali indispensabili per la tipografia. Nei colophon dei libri, Pietro venne spesso citato nell’indicazione del luogo di stampa, in alcuni casi con il fratello Francesco.
Quando Sweynheym e Pannartz si stabilirono a Roma, in città esisteva già la tipografia di Ulrich Han da Ingolstadt (familiaris di Paolo II sin dal 1466) e forse anche le officine di altri stampatori. Due contratti notarili dimostrano che una società tipografica, formata dallo scrittore apostolico Domenico da Lucca (poi sostituito da Simone Cardella), da Enrico, figlio di Ulrich Han, e da Clemente Donati di Urbino, era nata già prima dell’autunno del 1466 (Modigliani, 1997, p. 41). Pertanto la nuova arte si diffuse a Roma prima che in altre città della penisola. L’Urbe esercitava in effetti un forte potere di attrazione sui tipografi, offrendo loro non solo un mercato con molti possibili acquirenti, ma anche finanziatori, operai per le officine tipografiche, editori e curatori di testi, nonché biblioteche da cui attingere le opere da riprodurre «con le forme». Stretti furono i rapporti dei tipografi con la Curia, dove essi erano tenuti in grande considerazione per il loro utile mestiere.
La prima edizione stampata a Roma da Sweynheym e Pannartz furono le Epistolae ad familiares di Cicerone (1467); seguirono poi le opere già impresse a Subiaco e altri testi già noti e apprezzati dai lettori, quindi ritenuti più facili da vendere, come le opere di alcuni scrittori contemporanei, ma anche e soprattutto dei Padri della Chiesa e dei classici antichi. A partire dalla nuova edizione delle Epistolae di s. Girolamo (13 dicembre 1468) e fino al 1472, fu così pubblicata tutta una serie di testi fondamentali della letteratura antica e di quella medievale. Tra gli umanisti e gli eruditi della Curia romana che corressero e curarono i testi da pubblicare ha una posizione eminente Giovanni Andrea Bussi (vescovo di Aleria e bibliotecario papale dal 1471 per volere di Sisto IV), che curò gran parte delle edizioni romane di Sweynheym e Pannartz, spesso precedute da prefazioni formalmente dedicate ai papi (soprattutto Paolo II).
Presto il mercato di libri conobbe un periodo di crisi per sovrapproduzione e molte copie rimasero invendute. Sweynheym e il socio reagirono ristampando le edizioni già curate da Bussi, prive però delle sue lettere di dedica (e dal settembre del 1472 anche il nome dei Massimo scomparve dai colophon). Anche a causa delle difficoltà economiche dovute alla crisi, il 1° gennaio 1472 i due prototipografi fecero richiesta di benefici ecclesistici e nello stesso anno rivolsero una supplica a Sisto IV. Bussi riportò una loro petizione nella dedica al pontefice nell’ultimo volume di Niccolò da Lira (stampato il 26 maggio 1472), poi presentò la supplica direttamente al papa in quanto referendario. Sweynheym, citato come clerico della diocesi di Magonza sia nella prefazione a Niccolò da Lira, sia nella supplica a Sisto IV (Archivio segreto Vaticano, Reg. Suppl., 670, c. 77v), ottenne dal 29 gennaio 1474 una prebenda.
Tra la fine del 1472 e la primavera dell’anno successivo, i due soci tedeschi si avvalsero dell’aiuto di un altro umanista, Niccolò Perotti, fortemente critico verso le edizioni e le prefazioni di Bussi. Fra i nuovi testi, vi furono Polibio tradotto in latino da Perotti, i Rudimenta grammatices da lui scritti, Marziale e Plinio il Vecchio da lui curati. L’ultima stampa che Sweynheym e Pannartz firmarono insieme è proprio quella di Plinio il Vecchio, datata 7 maggio 1473.
La collaborazione tra i due tedeschi ebbe termine nella prima metà del 1473. Mentre Pannartz continuò da solo l’attività tipografica presso Pietro Massimo, Sweynheym fu impegnato fino alla morte nel progetto di stampare la Cosmographia di Tolomeo nell’edizione curata da Domizio Calderini, ma non riuscì mai a vedere l’opera finita. Morì infatti prima del 24 luglio 1476 (Esch, 2007, p. 410) e l’edizione fu stampata solo il 10 ottobre 1478 da Arnold Buckinck; nella prefazione anonima dedicata a Sisto IV sono ricordati Calderini e lo stesso Sweynheym,.
Fonti e Bibl.: V. Schölderer, The Petitio of S. and Pannartz, in Fifty essays in XV and XVI century bibliography, Amsterdam 1969, pp. 72 s. (edizione della supplica a Sisto IV); B. Frank, Tipografia monastica sublacense per una confederazione benedettina, in Il Sacro speco, LXXIV (1971), pp. 69-73; G.P. Carosi, La stampa da Magonza a Subiaco, Subiaco 1976, ad ind.; G.A. Bussi, Prefazioni alle edizioni di S. e Pannartz prototipografi romani, a cura di M. Miglio, Milano 1978; A. Modigliani, Tipografi a Roma prima della stampa. Due società per fare libri con le forme (1466-1470), Roma 1989, ad ind.; A. Esch, Deutsche Frühdrucker in Rom in den Registern Papst Pauls II, in Gutenberg Jahrbuch, LXVIII (1993), pp. 44-52; M. Miglio, Il nero sulla carta bianca ovvero l’anello di Angelica, in Gutenberg e Roma. Le origini della stampa nella città dei papi (1467-1477). Catalogo della mostra, a cura di M. Miglio - O. Rossini, Napoli 1997, pp. 22-28; A. Modigliani, Tipografi a Roma (1467-1477), ibid., pp. 41-48; M. Miglio, Saggi di stampa. Tipografi e cultura a Roma nel Quattrocento, a cura di A. Modigliani, Roma 2002, ad ind.; P. Scapecchi, Foligno e l’introduzione della tipografia in Italia, in La prima edizione a stampa della Divina Commedia. Studi, III, a cura di G. Alessandri - R. Landi, Foligno 2004, pp. 45-51; Editori ed edizioni a Roma nel Rinascimento, a cura di P. Farenga, Roma 2005, ad ind.; A. Esch, Deutsche Frühdrucker in Rom in den Registern Papst Sixtus IV, in Manoscritti, editoria e biblioteche dal medioevo all’età contemporanea. Studi offerti a Domenico Maffei per il suo ottantesimo compleanno, a cura di M. Ascheri et al., I, Roma 2006, pp. 286, 298; U. Israel, Romnähe und Klosterreform. Oder: Warum die erste Druckerpresse Italiens in der Benediktinerabtei Subiaco stand, in Archiv für Kulturgeschichte, LXXXVIII (2006), pp. 279-296; A. Esch, La prima generazione dei tipografi tedeschi a Roma (1465-1480). Nuovi dati dai registri di Paolo II e Sisto IV, Roma 2007, ad ind.; L. Bertolini, Mattia Palmieri e la stampa, in Subiaco, la culla della stampa. Atti dei Convegni (Abbazia di Santa Scolastica, 2006-2007), Roma 2010, pp. 278-284, 288; L. Branciani, Il secolo di Gutenberg nei protocenobi sublacensi tra produzione manoscritta ed i più antichi testi a stampa: strumenti per una sintesi dell’ambiente culturale, ibid., pp. 247 s., 252 nota 58; A. Esch, I prototipografi tedeschi a Roma e a Subiaco. Nuovi dati dai registri vaticani su durata del soggiorno, status e condizioni di vita, ibid., pp. 53-62; P. Farenga, Le vie della stampa: da Subiaco a Roma, ibid., pp. 39-51; N. Galimberti, Il “De componendis cyfris” di Leon Battista Alberti tra crittologia e tipografia, ibid., pp. 194-206; P. Veneziani, S. e Pannartz rivendicati, ibid., pp. 19-37; P. Scapecchi, Scheda 52, in Roma nel Rinascimento, 2011, pp. 235-239; M. Davies, From Mainz to Subiaco. Illumination of the first italian printed books, in La stampa romana nella città dei papi e in Europa, a cura di C. Dondi et al., Città del Vaticano 2016, pp. 9-42.