conio
. Compare due volte nel significato metonimico di " impronta su moneta ", ambedue in locuzioni figurate: in Pd XXIX 126 Di questo ingrassa il porco sant'Antonio, / e altri assai che sono ancor più porci, / pagando di moneta sanza conio, ove con la metafora moneta sanza conio D. intende riferirsi alle indulgenze sprovviste di valore dispensate dal clero ai fedeli creduli; e in Pd XXIV 87 Sì ho, sì lucida e sì tonda, / che nel suo conio nulla mi s'inforsa, dove, avendo paragonato con un'ardita metafora la fede a una moneta, D. intende per c. la verità della fede che egli ormai possiede per intero. Altro significato metonimico quello di " moneta coniata ", in lf XXX 115 S'io dissi falso, e tu falsasti il conio; e in Pd XIX 141 quel di Rascia / che male ha visto il conio di Vinegia (e qui D. intende perifrasticamente indicare una moneta precisa, il matapan).
Assai controversa è l'interpretazione dell'espressione modale di If XVIII 66 Via, / ruffian! qui non son femmine da conio.
Attribuendo a c. il significato traslato di " moneta ", l'espressione varrà: o " donne che si concedono per denaro ", e così intesero molti commentatori antichi, tra cui le Chiose Cassinesi, il Vellutello, il Serravalle, il Gelli; oppure " donne da prostituire per ricavarne denaro ", come interpretarono tra gli altri Iacopo di Dante, il Lana e Benvenuto, significato che certo meglio si adatta alla situazione di Ghisolabella (cfr. G. Rigutini, Del vero senso della maniera dantesca " femmine da conio ", Firenze 1876; Zingarelli, Dante 962; Tommaseo-Rigutini, Dizionario dei sinonimi, n. 1410; ecc.). Se invece si accetta l'interpretazione di altri autorevoli commentatori antichi, tra cui l'Ottimo (" quando uno inganna altro, quello si dice coniare... fare falso conio, falsa forma "), il Buti e l'Anonimo Fiorentino, e si collegano conio con ‛ coniello ' (" inganno "), ‛ coniellare ' (" ingannare "), ‛ coniellatore ' (" fraudolento ") - vocaboli attestati in statuti comunali del Due e Trecento, e perciò stesso evidentemente specifici di questo reato -, l'espressione andrà intesa " donne da ingannare, da sedurre con arti fraudolente " (cfr. I. Del Lungo, Della interpretazione di un verso di D..., Firenze 1875; ID., D. ne' tempi di D., I, Bologna 1888, 200 e 257; L. Spitzer, Lucca: " Sconiato " - florent. " conia ", in " Archiv. Romanicum " XI [ 1927 ] 248-250 [rec. di A. Schiaffini, in " Studi d. " XV (1931) 135-137]). Quest'ultima è l'interpretazione accettata come esclusiva da alcuni commentatori moderni (Del Lungo, Torraca, Mattalia), mentre la maggioranza mostra peraltro di accettare, con maggiore o minore convinzione, anche la prima. C'è da osservare tuttavia che sarebbe questo l'unico caso in cui D. ha usato la famiglia del vocabolo nell'accezione di " inganno " (v. If XXX 111 coniavi). Si potrebbe pensare comunque, come suggerisce il Caretti (in Lect. Scaligera I 597), a " bivalenza semantica dell'espressione " che " esaurisce contemporaneamente entrambi i vizi esibiti dal peccatore: la frode ruffianesca e l'avarizia... donne da lusingare e quindi indurre, per ricavarne denaro, alla ‛ voglia ' altrui ". Altri assumono c. nel significato proprio di " cuneo ", " punzone ", " zeppa ": collegandolo all'antico francese coign(i)er, intendono perciò " membro virile " (Mazzoni-Toselli, Voci e passi di D..., Bologna 1871, 116 ss.; P. Fanfani, effemeride in " Il Borghini " 264 ss.). Questa interpretazione non trova però alcun sostegno negli antichi commenti. Altra interpretazione, infine, è quella che collega la parola dantesca a quella, ancora in uso nel contado fiorentino agl'inizi del secolo, con la quale si designa " il nolo che pagano a colui il quale dà l'uso degli arnesi da fare il vino o l'olio ecc., o i recipienti da conservare così l'uno come l'altro "; l'espressione equivarrebbe perciò a " donne da dare a nolo " (C. Arlìa, Note filologiche..., Cortona 1894; ID., Passatempi filologici, Milano 1902, 308. Cfr. " Giorn. d. " II [1890] 158; X [1902] 355). Il vocabolo era comunque già stato collegato con ‛ congius ', " barile " (e cfr. Nuovi testi, glossario, sub v. ‛ cogno ', " misura per vino ") da B. Bianchi, Del vero senso della maniera dantesca ‛ femine da conio ', in " Arch. glott. it. " VII [1880-83] 130-139). Sintatticamente l'espressione va collegata ad altre esprimenti convenienza o destinazione, ugualmente ellittiche: per es. in Pg XXXIII 79 cera da suggello; Pd VIII 147 re... da sermone.
Bibl. - Oltre agli studi citati nel corso della voce, si veda per un panorama delle molte discussioni esegetiche W. Conner, Inferno XVIII, 66, in " Italica " XXXII (1955) 95-103.