La confusione è un modo di estinzione del rapporto obbligatorio (v. gli artt. 1253-1255 c.c.) che si verifica quando le qualità di creditore e di debitore si riuniscono nella medesima persona. Tale fenomeno è la conseguenza di una successione nel credito o nel debito. La confusione determina la liberazione dei terzi che hanno prestato garanzie per il debitore; la confusione non pregiudica i terzi che hanno acquistato diritti di usufrutto o di pegno sul credito. Se nella medesima persona si dovessero riunire le qualità di fideiussore e di debitore principale, la fideiussione resta in vita, purché il creditore vi abbia interesse. Nei diritti reali la confusione può anche verificarsi; l’esempio più persuasivo è quello dell’estinzione di una servitù, quando in una sola persona si riuniscono la proprietà del fondo dominante e quella del fondo servente.
Confusione dei patrimoni. - La confusione dei patrimoni è la principale conseguenza dell’accettazione pura e semplice dell’eredità e dell’acquisto del titolo di erede. Per essa il patrimonio ereditario e quello dell’erede diventano un solo patrimonio, contro il quale possono rivolgersi sia i creditori ereditari, sia quelli personali dell’erede. Cosicché, se il patrimonio ereditario fosse eccessivamente gravato di debiti, l’erede finirebbe col soddisfarli con i propri beni; se, invece, pochi fossero i creditori ereditari e molti quelli personali dell’erede, i primi potrebbero essere pregiudicati dal concorso dei secondi anche sui beni ereditari. A evitare il primo inconveniente, giova l’accettazione dell’eredità col beneficio d’inventario, che evita la confusione e limita la responsabilità dell’erede per i debiti del suo dante causa nei confini dell’attivo ereditario; mentre i creditori ereditari possono mantenere salve le loro pretese sui beni ereditari chiedendone la separazione, che assicura il loro soddisfacimento a preferenza dei creditori dell’erede (v. gli artt. 490 ss. e 512 ss. c.c.).