CONFLITTO
La pluralità degli organi, fra cui si distribuisce la competenza dello stato, genera la possibilità dei conflitti che possono essere attuali o virtuali (o potenziali). Il conflitto attuale si ha quando due o più organi affermano o negano (esplicitamente o implicitamente) la propria competenza a provvedere sul medesimo affare. Nel primo caso si ha conflitto positivo; nel secondo si ha conflitto negativo.
Il conflitto virtuale o potenziale, anch'esso positivo o negativo, si ha quando manca la contemporanea affermazione o negazione di competenza sul medesimo affare da parte di organi diversi, ma un organo invade la competenza di altro organo o disconosce i limiti della propria competenza declinandone nel caso concreto l'esercizio. In tali casi d'invasione dell'altrui competenza o di rifiuto ad esercitare la propria si ha il germe di un futuro conflitto, ma manca ancora il conflitto vero e proprio.
Vi sono rimedî per la risoluzione dei conflitti virtuali al pari che per la risoluzione dei conflitti attuali.
Conflitti tra organi costituzionali. - Ogni ordinamento costituzionale presuppone un complesso di organi fra i quali viene ripartito l'esercizio delle funzioni sovrane, e che godono di qualche autonomia. Il controllo costituzionale nasce appunto dalla contrapposizione e dall'equilibrio delle autonomie degli organi costituzionali. Ma quando la volontà di organi diversi non riesce ad armonizzarsi spontaneamente, quando sorge un conflitto costituzionale, è necessario che l'ordinamento costituzionale ponga la norma per la risoluzione del conflitto: offra cioè il modo di riassumere e di risolvere le discordi volontà degli organi in una volontà necessariamente unitaria, la volontà dello stato, uno e sovrano. La teoria dei conflitti cosiituzionali è assai complessa, per la molteplicità e diversità degli ordinamenti storici, e per la conseguente molteplicità e diversità dei criterî accolti per la risoluzione dei conflitti. Qui basti accennare a quei conflitti che sono più frequenti nel sistema del governo parlamentare, o di gabinetto, che è quello più diffuso in Europa, e si basa generalmente su un parlamento bicamerale e su un ministero, che deve godere la fiducia del parlamento, e, fra i due rami di esso, se uno solo sia elettivo, particolarmente di quello elettivo. Al parlamento e al capo dello stato collettivamente spetta la funzione legislativa; al capo dello stato e al suo ministero spetta la funzione esecutiva, o, meglio, di governo; la funzione giudiziaria è riservata a un corpo di magistrati, più o meno efficacemente garantito nella sua autonomia.
In un tale sistema possono sorgere conflitti molteplici. Accenniamo solo ai casi più notevoli. Può accadere che i due rami del parlamento non si accordino su qualche punto e allora il governo può sciogliere il ramo elettivo, se ritiene che l'altro ramo sia più vicino alla volontà degli elettori; oppure piegare la volontà del ramo vitalizio, con la nomina di un certo numero di membri nuovi che ne spostino la maggioranza. Se il conflitto invece sorge fra il parlamento e il governo che non ne goda più la fiducia, il governo deve dimettersi salvo che ritenga di mutare la maggioranza della camera alta, nel modo suindicato, e di sciogliere la camera elettiva, nella speranza che la nuova gli accordi la sua fiducia. Tale sistema si basa sul dogma politico della sovranità popolare per cui non è consentito contrastare la volontà degli eletti del popolo, se non rimettendo la questione al popolo stesso. Nei conflitti poi fra il parlamento e il potere giudiziario, si ritenne, sempre sulla base dello stesso principio politico, che giudice definitivo dovesse essere il parlamento.
Ma in Italia il sistema sopra descritto è stato profondamente modificato dalla legislazione fascista, che ha negato la responsabilità politica del ministero di fronte al parlamento, e ha istituito nel Gran Consiglio un organo supremo, che deve essere sempre sentito in materia costituzionale. Siccome però la rivoluzione fascista ha sostanzialmente negato il principio politico dell'atomica sovranità popolare, e poiché la legge proclama il Gran Consiglio organo supremo del regime, è assai probabile che la funzione del Gran Consiglio riguardo alla soluzione dei conflitti costituzionali abbia ad assumere nella pratica della vita costituzionale, e quindi nella consuetudine che andrà formandosi, efficacia non semplicemente consultiva, ma decisiva. Questo appare anche meglio se si pensa alla fondamentale influenza del Gran Consiglio sulle elezioni, con l'elaborazione della lista unica: in caso di conflitto tra parlamento e Gran Consiglio, e di conseguente scioglimento del parlamento, il nuovo parlamento, formato virtualmente dal Gran Consiglio, risolverebbe a favore di questo il conflitto. Tuttavia la risoluzione ultima di un tale conflitto è sempre rimessa al collegio elettorale, potendo questo respingere la lista proposta dal Gran Consiglio.
Bibl.: G. Arangio Ruiz, Ist. di dir. cost. it., Torino 1913; L. Palma, Corso di diritto costituzionale, IV-V, Firenze 1883; V. E. Orlando, Principi di diritto costituzionale, Firenze 1905; A. Rocco, La trasformaz. dello Stato, Roma 1927; S. Romano, Corso di dir. costituz., Padova 1928. Vedi anche G. B. Ugo, Sui conflitti dei poteri, Macerata 1889.
Conflitti fra organi amministrativi e giurisdizionali. - I conflitti fra più organi amministrativi possono chiamarsi conflitti di competenza. I conflitti fra organi giurisdizionali, siano ordinarî o speciali, possono chiamarsi conflitti di giurisdizione. Infine i conflitti fra organi amministrativi da un canto e giurisdizionali dall'altro costituiscono i conflitti di attribuzione.
Dal punto di vista giuridico, sarebbe irrilevante il rapporto fra organi della stessa persona, i quali mancando di una propria giuridica personalità, non sono capaci di avere diritti o di contrarre obbligazioni. Tali rapporti, peraltro, di cui i conflitti sono una manifestazione, diventano giuridicamente rilevanti anche per i soggetti estranei alla pubblica amministrazione, in quanto costituiscono il presupposto e direttamente o indirettamente influenzano le relazioni (che sono capaci di diventare rapporti giuridici) che si svolgono fra l'ente, cui quegli organi appartengono, e altri soggetti. Per tal guisa la competenza, che non è un diritto dell'organo, può diventare un diritto del soggetto nei cui confronti si esercita (o non si esercita) l'attività di quell'organo. E, come tali, le questioni di competenza sono capaci di avere una risoluzione nelle vie del diritto e cioè mediante l'impiego della giurisdizione e nelle forme della decisione o della sentenza.
Trascurando i conflitti di competenza, che sono risoluti nell'ambito della gerarchia, o dal capo del governo, primo ministro (articolo 3, legge 24 dicembre 1925, n. 2263), e i conflitti di giurisdizione, che si svolgono fra organi della stessa giurisdizione, secondo le norme fissate dalla procedura civile (articoli 108-115 cod. proc. civ.) o penale (articoli 51-54 cod. proc. pen. 1930), per gli altri conflitti l'Italia ha la legge speciale, quella del 31 marzo 1877, n. 3761, che costituì il corollario dell'unificazione legislativa attuata con le varie leggi del 1865 e del sistema della cosiddetta giurisdizione unica attuato del pari con la legge 20 marzo 1865, allegato E, abolitiva del contenzioso amministrativo.
La legge italiana non si lasciò attrarre dalle dottrine, che in quel tempo tenevano gli animi degli scrittori, propugnanti il sistema del tribunale misto di elementi giudiziarî e amministrativi, che era stato instaurato in Francia dalla legge del 1872. Invece, portando alle logiche conseguenze il sistema della giurisdizione unica, il legislatore italiano ritenne che il giudicare se un interesse sia o no assistito dalla legge è giudizio giuridico, quanto il giudicare se l'azione proposta abbia o no fondamento nella legge alla quale si raccomanda; ma i due giudizî si fondono in uno solo, né chi ha giurisdizione per l'uno può non averla per l'altro". Si negò, anzi, in armonia al sistema medesimo, lo stesso concetto di conflitto. Soppressa l'amministrazione giudicante, il concetto di conflitto era rimasto in vita come un'assurda ipotesi di contesa fra l'amministrazione attiva e l'autorità giudiziaria. Un giudice speciale pronunciava su di esso per mutare la causa in affare. Entrato nella logica del sistema, l'ufficio centrale del senato (cfr. relazione Astengo del 15 febbraio 1877) considerò che non più si potesse parlare di conflitti di attribuzioni quando mancava il giudice speciale e pose perciò ogni cura nell'eliminare dal testo della legge la parola "conflitto". In luogo di conflitto si parlò di mezzo straordinario, e si parlò di decisione sulla competenza invece che di risoluzione del conflitto. Ma la pertinace formula, osserva il Salandra, riapparve trionfante nella stessa intitolazione ufficiale della legge ed è rimasta nell'uso quotidiano della scuola, del foro, della magistratura.
La legge del 1877 (art. 1°) accorda alla pubblica amministrazione, oltre la facoltà ordinaria di opporre, in qualunque stadio della causa, la incompetenza dell'autorità giudiziaria, quando sia parte nel giudizio o abbia diritto d'intervenirvi, anche quella di usare del mezzo straordinario di promuovere direttamente sopra tale incompetenza la decisione della corte di cassazione. La richiesta per tale decisione diretta della corte di cassazione è fatta con decreto motivato del prefetto, che ha all'uopo una competenza esclusiva non soggetta ad avocazione, né capace di delega. Il provvedimento del prefetto è definitivo. Comunicato il decreto del prefetto all'autorità giudiziaria (art. 2) dinanzi la quale pende la lite, questa sospenderà senz'altro ogni procedura e non potrà emettere sino alla risoluzione della questione di competenza altro che procedimenti conservatori.
Il giudizio spetta alla cassazione (sezioni riunite), il cui ufficio secondo la legge (art. 3) comprende: 1. giudicare sulla competenza dell'autorità giudiziaria, ogni qualvolta la pubblica amministrazione usi del mezzo straordinario indicato nella legge (art. 2); 2. regolare la competenza fra l'autorità giudiziaria e l'autorità amministrativa, quando l'una e l'altra si siano dichiarate incompetenti; 3. giudicare dei conflitti di giurisdizione positivi e negativi tra i tribunali ordinarî e le altre giurisdizioni speciali, nonché della nullità delle sentenze di queste giurisdizioni per incompetenza o per eccesso di potere. La cassazione, cioè, giudica dei conflitti veri e proprî che sorgono fra organi giurisdizionali. L'ufficio della suprema magistratura si è esteso anche a conoscere dei conflitti fra giurisdizioni speciali. Essa, attraverso l'azione di nullità, giudica anche dei conflitti che chiamammo virtuali e che altri (Romano) chiama indiretti.
Istituiti gli organi della cosiddetta giustizia amministrativa (giunta provinciale amministrativa e IV e poi anche V sezione del consiglio di stato), a essi fu dapprima negato il potere di giudicare sulla propria competenza. Sollevata l'eccezione d'incompetenza per materia, essi dovevano sospendere di giudicare e rimettere gli atti alla corte di cassazione per il giudizio preliminare (regolamento preventivo) sulla competenza. La legge 7 marzo 1907, n. 42, trasfusa nel testo unico 17 agosto 1907 diede (art. 39) alle sezioni giurisdizionali del consiglio di stato la potestà di decidere sull'eccezione d'incompetenza. E analogo potere fu conferito alla giunta provinciale amministrativa. Si discusse anche per certo tempo e subito dopo la creazione della giustizia amministrativa, se le relative decisioni fossero soggette all'azione di nullità di cui all'indicato art. 3, n. 3, della legge 31 marzo 1877. La questione fu discussa in base al presupposto del carattere semplicemente amministrativo o giurisdizionale della funzione esercitata dagl'istituti della giustizia amministrativa. Quest'ultimo carattere essendo riuscito a prevalere, venne logicamente dalla giurisprudenza ammesso il rimedio del ricorso per nullità anche contro le decisioni del consiglio di stato e, attraverso decisioni del consiglio di stato in grado di appello, anche contro quelle della giunta provinciale amministrativa. La questione fu perciò risoluta positivamente con l'art. 40 del testo unico 17 agosto 1907, che ammette il ricorso in cassazione solo per assoluto difetto di giurisdizione del consiglio di stato.
Bibl.: G. Mantellini, I conflitti di attribuzione fra le autorità giudiziarie e amministrative in Italia, Firenze 1871 e 1873; id., I conflitti di attribuzione in Italia dopo la legge del 1867, Firenze 1878; G. De Gioannis Giaquinto, Intorno al sistema organico dei conflitti delle due autorità, in Archivio giuridico, X, p. 534 segg.; XI, p. 44 segg.; A. Salandra, La giustizia amministrativa nei governi liberi, Torino 1904; O. Luchini, La questione dei conflitti di attribuzione, in Annali della giurisprudenza italiana, V (1871), p. 40 seg.; S. Romano, I giudizi sui conflitti delle competenze amministrative, in Trattato di V. E. Orlando, Milano 1897 e segg.; III, p. 1169 segg.; L. Mortara, Commentario, 4ª ed., Milano 1911, I, n. 121 segg.; id., Per la istituz. di un trib. supremo dei conflitti di giurisdizione, in Monitore dei trib., 1899; F. Cammeo, Comm. legg giust. amministrativa, Milano 1901, p. 347 segg.; F. D'Alessio, Rapporti e conflitti fra le due sezioni giurisd. del Cons. di stato, Milano 1912, p. 365 segg.; E. Presutti, L'art. 3, n. 3, della legge 31 marzo 1877, in Foro italiano, 1927, p. 225, ecc.