conflitto ambientale
locuz. sost. m. – Controversia tra due o più parti, portatrici di interessi e visioni divergenti, relativa alle decisioni da assumere riguardo all’ambiente e, dunque, all’uso del territorio e delle risorse. Un c. a. si determina quando le parti percepiscono le intenzioni o le azioni della parte avversa come limiti, impedimenti o minacce al conseguimento dei propri obiettivi e adottano comportamenti che si ostacolano a vicenda. Data la complessità assunta dalla questione ambientale, spesso si traduce in un confronto aspro tra le parti in causa, che talvolta sfocia anche in manifestazioni violente. Tali tensioni rendono palese la difficoltà d'includere nei processi decisionali complessi relativi a temi ambientali strategici la molteplicità di attori presenti sul territorio. Questi ultimi esprimono differenti visioni sul suo uso, rivendicando una partecipazione attiva alla decisione. Si tratta, in molti casi, di conflitti generati da interventi pubblici o privati, che vengono contestati dalle popolazioni locali perché considerati come potenziali fattori di rischio ambientale: dall’installazione di un impianto industriale che adotta procedimenti pericolosi alla costruzione di un’infrastruttura stradale o ferroviaria e ancora alla localizzazione di un impianto per il trattamento dei rifiuti. È il caso del conflitto nato intorno al progetto del collegamento ferroviario di alta velocità Torino-Lione, che vede contrapporsi due opposte visioni della Valle di Susa e del suo utilizzo (v. alta velocità); o ancora della questione dei rifiuti in Campania, iniziata nel 1994 e non ancora risolta per effetto di una complessa sovrapposizione di responsabilità e un’intricata maglia di procedure decisionali, anche a causa dell’infiltrazione della criminalità organizzata. In ogni caso, a scala locale la contrapposizione matura intorno alle differenti valutazioni del rischio ambientale e, per le popolazioni che vivono nell’area oggetto dell’intervento, la possibilità di evitare il rischio spesso rientra in una più ampia rivendicazione di giustizia ambientale (v. ). In molti casi oggi la società locale non si limita a manifestare, come in passato, una mera opposizione, ma sempre più spesso esprime la volontà di partecipare al processo decisionale, elaborando dal basso progetti alternativi di uso del territorio. Un ulteriore cambiamento è il crescente coinvolgimento che un c. a. determina a scala globale: frequentemente si assiste a mobilitazioni che si propongono di intervenire attivamente in questioni ambientali di portata planetaria. È accaduto, per es., nel caso delle estrazioni minerarie in Cile o della deforestazione in Amazzonia. I gruppi sociali che si muovono in difesa dell’ambiente operano, grazie alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, trasversalmente tra locale e globale sia per diffondere le ragioni delle proprie rivendicazioni, sia per entrare attivamente a far parte della rete globale. Il fine ultimo è quello di adottare un approccio cautelativo rispetto al danno ambientale, agendo prima che questo si verifichi e non chiedendo semplicemente una qualche forma di riparazione. In tal senso si è registrato un cambiamento di significato nel c. a., che gli approcci geografici più recenti hanno intercettato, inquadrandolo in prospettiva multiscalare, mentre precedentemente, per interpretarne la genesi e lo sviluppo, si adottava una sola scala d’analisi oppure la prospettiva Stato-centrica. Numerosi sono stati i tentativi di classificazione dei c. a.: a partire dal tipo di intervento o dalle risorse oggetto della controversia, dagli attori coinvolti, dalla prevalenza di istanze ambientali o economiche. Tuttavia oggi l’attenzione è dedicata non tanto alle diverse tassonomie, quanto piuttosto alle interpretazioni delle ragioni alla base del c. a., delle logiche a esso sottese e delle diverse progettualità espresse dagli attori coinvolti.