CONFINAMENTO
Introduzione. - Il concetto di c. è di essenziale importanza nell'ambito delle ricerche volte alla realizzazione in laboratorio di condizioni di fusione termonucleare controllata. In esperimenti di fisica del plasma (v. plasma, in App. IV, iii, p. 1) e di fusione termonucleare è necessario, per un tempo sufficientemente lungo, evitare che le particelle del plasma vadano a urtare le pareti del contenitore in cui il plasma stesso viene prodotto. Si parla allora di confinamento o di contenimento del plasma. Esso è un fondamentale requisito per ottenere energia netta da un plasma termonucleare, cioè per realizzare un reattore nucleare basato sul processo di fusione. Il motivo sta nel fatto che le collisioni di carattere elettrico tra le particelle del plasma, principalmente costituito da ioni positivi e da elettroni, regolano i processi di diffusione e hanno una probabilità di verificarsi superiore alla probabilità che avvengano reazioni di fusione. Senza c. perciò il plasma, che costituisce il combustibile dei reattori a fusione, si disperderebbe prima che possa aver luogo un sufficiente numero di reazioni di fusione. Si possono distinguere tre tipi di c. del plasma: il c. gravitazionale, presente nel Sole e nelle stelle, il c. magnetico e il c. inerziale.
La fusione nucleare e il confinamento del plasma. - Alla base del concetto di fusione sta il fatto che la massa del nucleo atomico risulta essere inferiore alla somma delle masse delle particelle che lo compongono, protoni e neutroni, presi isolatamente. La differenza di massa tra i costituenti del nucleo e il nucleo è detta difetto di massa, e può essere interpretata in base alla nota legge di Einstein sull'equivalenza tra massa ed energia: E=mc2, che afferma che a una particella avente massa a riposo m è associata un'energia di massa E pari al prodotto di m per il quadrato della velocità della luce nel vuoto c.
In una reazione tra particelle, che avvenga in un sistema isolato, deve comunque conservarsi l'energia globale del sistema, intesa come somma delle energie di massa e delle energie cinetiche delle particelle. Dall'andamento dei difetti di massa per i vari nuclei, in funzione del numero di massa A, cioè del numero complessivo di particelle componenti il nucleo, si può vedere che, se due nuclei leggeri, con A minore di 10, si fondono per dar origine a un nucleo più pesante, si libererà, sotto forma di energia cinetica delle particelle prodotte dalla reazione, una certa quantità di energia, poiché il difetto di massa del nucleo risultante è maggiore della somma dei difetti di massa dei nuclei di partenza. Le reazioni in cui avviene questo processo sono quelle tra atomi leggeri, cioè quelle che hanno come particelle reagenti l'idrogeno e i suoi isotopi (deuterio e trizio), l'elio, il litio, il boro.
Le principali reazioni di fusione riguardanti idrogeno ed elio sono le seguenti:
dove H, D, T indicano rispettivamente l'atomo di idrogeno (nucleo composto da un protone), il deuterio (nucleo composto da un protone e un neutrone), il trizio (nucleo composto da un protone e due neutroni), He l'atomo di elio, n il neutrone, ν il neutrino, e+ l'elettrone positivo, γ la radiazione gamma. Gli indici superiori indicano il numero di nucleoni, l'indice inferiore il numero atomico. Per le ultime 4 reazioni, che sono quelle più interessanti per il processo di fusione termonucleare controllata, è anche indicata tra parentesi l'energia dei prodotti di reazione, espressa in MeV. Si ricordi che 1 MeV è un milione di eV e 1 eV corrisponde a 1.6·10−19J o, se usato per esprimere la temperatura del plasma, a circa diecimila gradi Kelvin.
Un concetto fondamentale è quello di sezione d'urto, una grandezza proporzionale alla probabilità che una certa reazione nucleare si verifichi. La sezione d'urto varia con l'energia delle particelle interagenti e si può vedere che la reazione che presenta la sezione d'urto più elevata ai più bassi valori dell'energia delle particelle è la D+T (f). È allora utilizzando questa reazione che si pensa di dimostrare in laboratorio la fattibilità scientifica della fusione termonucleare controllata.
Le reazioni tra atomi di idrogeno (a), (b), (c), rivestono un ruolo essenziale nei processi energetici che determinano il comportamento della materia stellare, ma presentano sezioni d'urto molto piccole in corrispondenza delle energie raggiungibili in laboratorio.
Perché avvengano reazioni di fusione, è necessario che i nuclei interagenti abbiano energie molto elevate, in modo che essi possano vincere la repulsione elettrostatica, che agisce tra particelle cariche di egual segno, e avvicinarsi a distanze tali da permettere la fusione: in tali condizioni, caratterizzate da temperature di decine di milioni di gradi, la materia è in uno stato che viene denominato stato di plasma. Per ottenere grandi quantità di energia dai processi di fusione nucleare, è anche necessario che avvenga un numero di reazioni sufficientemente alto, cioè che, dopo un opportuno innesco, il processo continui autosostenendosi. Già dalla fine degli anni Venti si era accettata l'idea che l'energia irradiata dal sole e dalle stelle fosse dovuta a reazioni di fusione che avvengono in esse, grazie alle temperature estremamente alte che si verificano al loro interno. Le temperature che si hanno sia alla superficie sia all'interno delle stelle, se pur elevate, non sono però tali da permettere ai protoni di sfuggire, a causa dell'enorme forza di gravità esercitata dalla massa del corpo celeste. Si parla allora di c. gravitazionale: è la forza di gravità che permette ai nuclei di avvicinarsi e di fondere, dando luogo all'innesco termonucleare. Sulla terra sinora tale processo è stato ottenuto soltanto in maniera non controllata nella bomba a idrogeno, o termonucleare, in cui un'esplosione atomica, basata cioè sul processo di fissione, permette l'innesco della fusione in una miscela combustibile di deuterio e trizio. Il realizzare tale processo in laboratorio e in maniera controllata metterebbe a disposizione del genere umano una importantissima e praticamente inesauribile sorgente di energia. Occorre infatti tener presente che il combustibile della reazione di fusione più facilmente realizzabile, la (f), è costituito dal deuterio, ottenibile dalle acque degli oceani, ove è presente in quantità di 30 grammi per metro cubo d'acqua, e dal trizio, che non si trova in natura ma è ricavabile da una reazione coinvolgente il litio, che è invece molto abbondante sulla crosta terrestre.
Per produrre potenza netta in un reattore a fusione devono essere verificate diverse condizioni. Una condizione molto importante va sotto il nome di criterio di Lawson, ed è basata su un bilancio energetico tra potenza fornita dalle reazioni di fusione e potenza spesa per portare il plasma alla temperatura necessaria perché avvenga il processo e per mantenerlo per un certo tempo, compensando la potenza che il plasma stesso perde per radiazione. Il risultato ottenuto da Lawson stabilisce che, per ottenere un guadagno netto di energia, la temperatura T del plasma, per la reazione deuterio+trizio, deve essere dell'ordine di 10 keV, cioè di circa 100 milioni di gradi, mentre il prodotto nt tra la densità n di particelle, misurata in numero di particelle per centimetro cubo, e il tempo t, misurato in secondi, per cui il plasma è confinato, cioè per cui le sue particelle possono mantenere l'energia corrispondente alla temperatura T, prima di diffondersi alle pareti e di raffreddarsi, deve essere superiore a 1014 particelle per centimetro cubo per secondo. Il prodotto nt è noto come parametro di c. del plasma.
Quando si fornisce al plasma mediante sorgenti esterne la potenza necessaria per riscaldarlo e compensare le perdite per radiazione (si ricordi che un plasma perde energia a causa del cosiddetto processo di Bremsstrahlung, o radiazione di frenamento, come risultato del cambiamento di direzione e di velocità, prodotto per es. dalle collisioni, nel moto di particelle cariche) si ottiene la cosiddetta condizione di breakeven. In fig. 1 la curva continua si riferisce al minimo prodotto nt, in funzione della temperatura T, necessario perché si abbia il breakeven. Si è assunto per tale curva un valore 1/3 per l'efficienza di conversione del calore in elettricità, parametro che entra pure nell'equazione di bilancio di Lawson. Per il funzionamento di un reattore a fusione occorre però una condizione più stringente: è necessario che i prodotti stessi della reazione di fusione, cioè, per la deuterio-trizio, i nuclei di He, o particelle alfa, cedano al plasma la potenza necessaria per compensare le perdite radiative e per mantenere il livello di temperatura necessario. Si parla allora di ignizione (curva tratteggiata in fig. 1). In condizioni di ignizione il plasma termonucleare è autosostenuto, cioè non è più necessario fornire potenza dall'esterno. La condizione imposta dal criterio di Lawson può essere soddisfatta in due modi: confinando un plasma di densità bassa per tempi relativamente lunghi o confinando per tempi brevissimi plasmi di densità molto elevata. Nel primo caso si parla di c. magnetico, nel secondo caso di c. inerziale. Nella tab. 1 sono riportati, sempre per il caso deuteriotrizio, i valori di densità e di tempo di c. dell'energia per i due tipi di confinamento.
Il confinamento magnetico. - Non è possibile confinare un plasma termonucleare in un contenitore materiale: il plasma deve infatti essere tenuto per un certo tempo a temperature dell'ordine del centinaio di milioni di gradi, laddove le pareti del contenitore, normalmente metallico, devono restare a temperature inferiori a quelle consentite per mantenere lo stato di aggregazione del metallo. Se il plasma venisse a contatto con la parete, si raffredderebbe rapidamente.
È possibile, per tener lontano il plasma dalle pareti, utilizzare la proprietà che hanno i campi magnetici di modificare le orbite delle particelle cariche. Su una particella che abbia una carica elettrica q e che si muova a velocità v, un campo di induzione magnetica di intensità B esercita una forza, detta forza di Lorentz, di intensità eguale al prodotto della carica q, presa con il proprio segno, per il campo magnetico B e per la componente della velocità v perpendicolare a B e di direzione perpendicolare al piano contenente i vettori v e B. Si può dimostrare che, nel caso di campo magnetico uniforme, il moto della particella risulta essere composto da un moto rettilineo uniforme in direzione del campo magnetico e verso dipendente dalla carica della particella e da un moto circolare uniforme, che avviene su un piano perpendicolare al campo magnetico e che è caratterizzato dalla pulsazione, detta pulsazione di ciclotrone,
(dove m è la massa della particella e c la velocità della luce nel vuoto) e da un raggio dell'orbita, detto raggio di Larmor,
dove v( è la componente della velocità perpendicolare alla direzione del campo magnetico. In fig. 2 sono indicate le forze di Lorentz e le traiettorie per una particella di carica negativa e per una positiva.
Si parla di c. magnetico quando si sfrutta questa proprietà per creare una particolare configurazione di campo magnetico in cui il plasma possa essere contenuto, possa cioè ''levitare'' lontano da pareti materiali. Va tenuto presente che, per avere il c., la cosiddetta ''pressione magnetica'' che è proporzionale al quadrato dell'intensità del campo magnetico, deve essere superiore alla pressione cinetica delle particelle. È per questo motivo che, non potendo per ora disporre, per ragioni tecniche, di campi magnetici di intensità superiore a 100÷150 kGauss sui volumi interessanti le macchine per fusione, bisogna operare con plasmi a pressioni, e quindi a densità, molto basse, e quindi soddisfare il criterio di Lawson con i parametri indicati nella tab. 1. In assenza di campo magnetico, le particelle del plasma si diffondono in ogni direzione, come effetto del loro moto termico, dominato dalle collisioni di tipo elettrico. Un campo magnetico uniforme possiede la proprietà di limitare gli spostamenti delle particelle in direzione perpendicolare al campo stesso, mentre non influenza il moto in direzione del campo. Su questo principio è basata la cosiddetta configurazione a specchio magnetico. Nella sua forma più semplice tale configurazione può essere realizzata mediante due bobine circolari, percorse da corrente nello stesso verso, poste lungo lo stesso asse (v. fig. 3), oppure aggiungendo alle estremità di un solenoide alcune bobine. Si può vedere, per un teorema di conservazione, che gli ioni le cui velocità formano, con l'asse della configurazione, angoli superiori a un certo angolo limite, muovendosi dal centro del plasma verso le estremità sono riflessi, e quindi confinati. Si forma una specie di ''buca magnetica'' che intrappola una certa percentuale di ioni. Mentre in direzione perpendicolare al campo magnetico, a parte alcune perdite di particelle alle pareti, dovute alle collisioni, il plasma si può considerare confinato, in direzione assiale, lungo cioè il campo magnetico, le particelle più energetiche sfuggono facilmente, e non si ha confinamento.
Sono state sviluppate delle configurazioni atte a ovviare a questo inconveniente: la più nota è il cosiddetto Tandem, caratterizzato da uno specchio centrale, con una lunga zona a campo uniforme, e da due specchi magnetici terminali, posti alle estremità della cella centrale, come mostrato in fig. 4. Nelle due celle terminali viene mantenuto un plasma con densità più elevata di quella del plasma nella zona centrale, creando così una barriera di potenziale elettrostatico che aiuta il c. del plasma al centro della configurazione. I principali specchi tandem attualmente in funzione sono presso l'Istituto di Fisica Nucleare di Novosibirsk (URSS).
Il metodo più ovvio per eliminare le perdite assiali è apparso comunque quello di unire tra loro le estremità del solenoide, creando una configurazione magnetica a forma di ciambella, o di toro, come mostrato in fig. 5. Si parla in questo caso di configurazione magnetica toroidale e di campo magnetico toroidale.
Tra le varie configurazioni basate su questo schema, le più importanti sono lo Stellarator, il Tokamak e il Reversed Field Pinch. In un campo magnetico puramente toroidale, a causa del fatto che il campo magnetico risulta decrescente andando dall'interno all'esterno della configurazione, la teoria mostra che si ha una migrazione in direzione verticale e in verso opposto di elettroni e ioni positivi verso le pareti del contenitore, con conseguente formazione di campi elettrici e distruzione del plasma. Per ottenere una configurazione magnetica in cui il plasma resti in equilibrio è necessario fare in modo che le linee di forza del campo magnetico, cioè quelle linee immaginarie che in ogni punto sono tangenti alla direzione del campo, non abbiano forma circolare, come quelle prodotte da un sistema puramente toroidale, bensì siano delle eliche, avvolte sulle superfici toroidali, come mostrato in fig. 6. Ciò si può ottenere in due modi. Si può generare un campo magnetico elicoidale per mezzo di opportuni avvolgimenti esterni, come mostrato in fig. 7, realizzando così le configurazioni dette Stellarator o anche Torsatron. Si può generare un campo poloidale per mezzo di una appropriata corrente elettrica indotta all'interno dell'anello toroidale di plasma: il campo magnetico poloidale prodotto da questa corrente, sommato a quello toroidale generato dalle bobine, crea una configurazione elicoidale di equilibrio per il plasma. Su questo principio si basano i Tokamak e i Reversed Field Pinches. Il Tokamak (acronimo in lingua russa composto dai termini Toroid Kamera Magnit Kutushka), ideato in Unione Sovietica alla fine degli anni Cinquanta, è la macchina a c. magnetico che più di ogni altra è stata studiata. Il Tokamak sfrutta per il c. del plasma un campo magnetico toroidale, prodotto da bobine esterne, e un campo poloidale, generato da una corrente elettrica che viene indotta nell'anello di plasma tramite un trasformatore, di cui il plasma costituisce il circuito secondario. Tale corrente, oltre a generare il campo poloidale, necessario per il c., produce anche, per effetto Joule, il riscaldamento del plasma. Lo schema di base è illustrato in fig. 8. Mentre nel Tokamak il campo magnetico toroidale non cambia orientazione in funzione della coordinata radiale, cioè di quella coordinata che va dal centro della ciambella all'esterno, il Reversed Field Pinch è uno schema di c. in cui l'orientazione del campo si inverte in prossimità del bordo esterno del plasma.
Con il Tokamak, come con altri tipi di macchine, viene sì risolto il problema del c., cioè quello di creare una configurazione di campo magnetico in cui il plasma stia in equilibrio, ma non quello della stabilità dell'equilibrio stesso. Esiste infatti tutta una serie di fenomeni, che va sotto il nome di instabilità e che genera una perdita del plasma alle pareti, più rapida di quella che è prevista da una teoria classica della diffusione.
Un altro problema da superare è quello delle impurità ad alto numero atomico, che sono emesse dalle pareti del contenitore e producono un ''inquinamento'' e un raffreddamento del plasma. Un altro problema essenziale riguarda il riscaldamento del plasma, cioè i metodi adottati per portare il plasma confinato alla temperatura di ignizione. Si è già accennato, per i Tokamak, al metodo, detto ohmico, basato sull'effetto Joule. Esso però non è sufficiente, soprattutto a causa della diminuzione di resistenza che il plasma subisce alle alte temperature, a portarlo in condizione di ignizione: occorre il cosiddetto riscaldamento addizionale, in cui vengono utilizzate fonti esterne di energia, quali onde elettromagnetiche o fasci di particelle energetiche. I principali esperimenti Tokamak degli anni Ottanta sono il Tokamak JET della Comunità Europea, in funzione nei laboratori di Abingdon, nel Regno Unito, e il Tokamak TFTR, al Plasma Physics Laboratory dell'università di Princeton, negli Stati Uniti. I risultati record degli anni 1986 e 1987 sono riportati, sia per quanto riguarda la temperatura sia per il prodotto densità per tempo di c., in fig. 9.
È importante notare che dal 1960 alla fine degli anni Ottanta si è passati, per il prodotto nt, da un valore di 1010 particelle a centimetro cubo per secondo a un valore di oltre 1014, superiore cioè a quello richiesto dal criterio di Lawson, e per la temperatura del plasma, nello stesso periodo, da 106 a oltre 108 K. Il problema è che non è stato ancora possibile, in un unico esperimento, accoppiare a un alto nt un alto valore della temperatura, ma i valori record dei due parametri sono stati ottenuti separatamente, con diverse condizioni del plasma.
Il confinamento inerziale. - Gli esperimenti di c. inerziale consistono nel comprimere una microsfera (pellet, fig. 10), con raggio dell'ordine di 1 mm, contenente all'interno una miscela di deuterio e trizio, in modo tale che la sua densità aumenti di un fattore dell'ordine di 103 in tempi dell'ordine di 10−9÷10−10 secondi. La microsfera viene posta al centro di un contenitore metallico (camera di reazione) e viene irradiata con fasci laser o con fasci di particelle di altissima energia, detti in termine tecnico driver. A causa dell'interazione del fascio con la microsfera, la superficie esterna di essa, detta ablatore, viene vaporizzata e il flusso di materia verso l'esterno, per effetto razzo, comprime, tramite la formazione di un'onda d'urto, le zone più interne, dove è contenuto il combustibile. Avviene cioè la cosiddetta implosione, in cui il combustibile interno raggiunge densità migliaia di volte superiori alla densità dei liquidi e conseguentemente temperature dell'ordine di 108 K, le condizioni cioè in cui può innescarsi la fusione termonucleare. Si parla in questo caso di c. inerziale poiché le particelle rimangono all'interno del plasma per un tempo determinato solo dalla loro velocità, cioè, per una data energia, dalla loro massa (inerzia). In tale intervallo di tempo si può verificare un numero di reazioni di fusione sufficiente per l'ignizione termonucleare.
Nel caso della fusione inerziale, è molto importante la struttura della microsfera, che deve essere il più possibile simmetrica, rispetto al raggio, per evitare l'insorgere di instabilità. In fig. 10 è mostrato un possibile schema di microsfera: il combustibile deuterio-trizio può essere sotto forma di gas, di liquido o criogenico. Uno dei problemi più difficili da superare è quello riguardante la simmetria e il sincronismo del processo di irradiazione della microsfera tramite il driver. Ogni disuniformità può infatti produrre la nascita di instabilità che rendono impossibile l'innesco termonucleare. Si sono sviluppati due diversi metodi per irradiare il pellet: il metodo diretto e il metodo indiretto. Nel metodo diretto (fig. 11A) un certo numero di fasci laser o di particelle sono focalizzati sul pellet: in questo caso i requisiti di illuminazione uniforme della superficie del bersaglio sono molto stringenti. L'energia, se viene usato un laser come driver, è depositata per conduzione elettronica a opera degli elettroni del plasma che si forma negli strati superficiali del pellet e che permette la penetrazione della radiazione soltanto sino a un certo strato critico. Se si usano ioni, l'energia è depositata direttamente da essi sullo strato ablatore.
Nel metodo indiretto la microsfera è circondata da una camera esterna, detta hohlraum, con alcune aperture, attraverso le quali il fascio laser o di particelle possa penetrare, come mostrato in fig. 11 B. All'interno della cavità il fascio laser o di particelle viene intrappolato, subendo riflessioni multiple alle pareti. A ogni interazione del fascio con le pareti, viene assorbita una certa quantità di energia, che, con una certa efficienza, è riemessa sotto forma di radiazione X molle. Sono questi X che irradiano quindi la microsfera con elevato livello di simmetria e producono l'implosione.
I principali esperimenti di fusione inerziale, sia con metodo diretto sia con metodo indiretto, sono stati condotti negli USA presso il Laboratorio di Livermore con il laser Nova. Nova, alla fine degli anni Ottanta, ha raggiunto le seguenti prestazioni: un'energia di 100 kJ, una lunghezza d'onda di 0.353 μm, una durata dell'impulso di 1 ns, una potenza di 200 TW. Con metodo diretto, si è raggiunto un nt di 1013 particelle a centimetro cubo per secondo e una temperatura ionica di 8-10 keV, mentre con metodo indiretto si è ottenuto nt di 4·1014 particelle a centimetro cubo per secondo e una temperatura di circa 2 keV. Per raggiungere le cosiddette condizioni di alto guadagno, in cui cioè sia 100 il rapporto tra l'energia emessa dalle reazioni di fusione e l'energia necessaria per produrre il driver, è necessario raggiungere valori di nt dell'ordine di 2·1015 e temperature ioniche di 4 keV.
Esiste un altro programma, chiamato Centurion-Halite, sviluppato negli Stati Uniti in collaborazione tra Livermore e il Laboratorio Nazionale di Los Alamos. Le notizie che si hanno su di esso sono molto limitate, essendo il progetto di interesse militare e quindi coperto da classificazione. Si sa comunque che il progetto consiste nell'inviare su un pellet raggi X provenienti da una esplosione termonucleare sotterranea. Sembra che, in una serie di esperimenti condotti nel deserto del Nevada tra il 1986 e il 1988, si sia ottenuta con questo metodo l'ignizione del pellet.
L'interesse scientifico dell'esperimento consiste soprattutto nel poter con esso stabilire che, se pur con energia molto elevata, senz'altro superiore a quella disponibile in maniera controllata, è possibile realizzare l'ignizione e avere una serie di dati che aiuti nel lavoro di estrapolazione dei risultati che via via si ottengono in laboratorio alle condizioni necessarie per l'ignizione.
Per quanto riguarda l'utilizzo di fasci di ioni come driver, esiste l'esperimento PBFA-II (Particle Beam Fusion Accelerator) in funzione presso il Sandia National Laboratory ad Albuquerque, negli Stati Uniti, che consiste in 72 moduli capaci di fornire in forma di ioni leggeri impulsi di 35 ns a una potenza di 100 TW. Esistono anche progetti per esperimenti di fusione inerziale che utilizzino come driver fasci di ioni pesanti.
Bibl.: L. Artsimovich, Configurations de plasma fermées, in Bibliothèque des Sciences et Techniques Nucléaires, 1968; P. Caldirola, R. Pozzoli, E. Sindoni, Il fuoco della fusione termonucleare controllata, Milano 1984; Inertial confinement fusion, a cura di A. Caruso ed E. Sindoni, Bologna 1988.