CONESTABILE DELLA STAFFA, Carlo
Nacque a Perugia il 2 gennaio del 1854 dal conte Giovanni Carlo e da Maria Baron, irlandese. Nel 1859, per sottrarlo alle incertezze e ai pericoli della situazione politica anche locale (si pensi, per esempio, ai drammatici avvenimenti perugini del giugno di quell'anno) venne mandato, con il fratello Francesco, al collegio della Chapelle St-Mesmin presso Orléans, dove compì gli studi elementari sotto la guida spirituale di mons. F. A. Ph. Dupanloup, vescovo della città, che dal 1862 si impegnava, al fianco di Montalembert, in una vigorosa lotta "pro libera ecclesia in libera patria", e che successivamente si segnalò per le idee antinfallibiliste. I cinque anni di collegio e in particolare l'amichevole vicinanza con mons. Dupanloup furono fondamentali per la sua formazione spirituale, culturale e politica: più volte, in seguito, il C. ricorderà con commossa nostalgia la parentesi di Orléans. Nell'autunno del 1864 ritornò a Perugia, e proseguì privatamente, in famiglia, gli studi. Tra i suoi maestri: Cesare Berarducci, Raffaele Marozzi, Giulio Giani, il grecista Basilio Zinanni, il filosofo Luigi Rotelli (che gli insegnò la filosofia di s. Tommaso e lo introdusse nell'ambiente neotomista ispirato dal vescovo Gioacchino Pecci), Sebastiano Purgotti e Giovanni Boschi. Ultimato il liceo, si recò a Torino, dove nel 1876 sposò Maria dei marchesi di Bernezzo e conseguì, nella locale università, il dottorato in filosofia e belle lettere. Come già il periodo orleanese, anche gli anni universitari costituirono per il C. un momento particolarmente importante nella formazione culturale e politica. Assiduo frequentatore della casa di F. Sclopis, vi incontrò e vi strinse rapporti di amicizia con alcuni tra i più noti esponenti del mondo cattolico e liberale piemontese (dallo Sclopis stesso a T. Valperga di Masino a C. G. Trabucco di Castagnetto): con essi discusse la situazione italiana, formandosi la convinzione che l'indipendenza e la libertà della patria dovessero strettamente collegarsi con l'indipendenza e la libertà del papa. Risale probabilmente a quegli anni un inedito appunto (in Fondo Conestabile Della Staffa), Pace e concordia. Alcuni pensieri sovra il presente stato d'Italia di Carlo Conestabile, dove si legge: "Voler bene a Dio ed al suo paese parmi il migliore e il più ragionevole de' partiti, perché è il più costante, e in qualunque tempo e condizione non muta mai". Già nel periodo universitario, dunque, il C. aveva maturato un orientamento chiaramente conciliatorista.
Ciò tuttavia non gli impedì, nel 1874, di prendere apertamente le difese di un certo Berioli di Bertona, protagonista il 21 giugno, al grido di "Viva il papa re", di un movimentato episodio in piazza S. Pietro a Roma. L'episodio mise a rumore la Perugia anticlericale (in cinquecento sottoscrissero una mozione di "disprezzo" indirizzata al C.), e un giornale democratico locale, La Provincia, attaccò violentemente il C., accusandolo di "non aver esitato a insozzare il suo blasone inquartandovi l'apoteosi di un Berioli" e di aver sposato la causa del ritorno del governo pontificio in Italia. In realtà, difendendo il Berioli, il C. non aveva inteso inneggiare al papa re: aveva semplicemente voluto levare la sua voce contro i violenti attacchi antipapali che l'episodio romano aveva alimentato a Perugia e in altre parti d'Italia.
Era in lui ormai saldamente radicata la convinzione che si potesse lavorare per una società dove il Papato e l'Italia, il sentimento religioso e il sentimento nazionale fossero congiunti "in una gloriosa sintesi". In tale convinzione, partecipò attivamente al movimento conciliatorista e "conservatore nazionale" che si sviluppò in Italia durante i primi mesi del pontificato di Leone XIII.
Amico personale di papa Pecci e di alcuni tra i suoi stretti collaboratori, e in ottimi rapporti di amicizia con influenti esponenti del mondo ecclesiastico italiano ed europeo (dai cardinali Nina e Iacobini, Guibert e Bartolini, ai monsignori Dupanloup, Mermillod, Capecelatro, Vaughan, Strossmayer, Domenico Iacobini), si fece banditore delle idee conciliatoriste e partecipazioniste attraverso una intensa attività giornalistica (articoli del C. apparvero, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, in numerosi giornali italiani e stranieri: da The Tablet alla Défense di mons. Dupanloup, dal Figaro al Correpondant, dal Roma - Antologia illustrata al Paese diPerugia, dal Genio cattolico di Reggio Emilia al Corriere di Torino, dalla Gazzetta d'Italia all'Aurora, dal Fanfulla all'Osservatore romano, dalla Carità di Napoli all'Unità cattolica, al Journal de Rome da lui fondato e diretto nel 1881) e saggistica (si ricordano in particolare l'articolo Il pericolo della monarchia. Lettere di "un Conservatore" a S. M. il Re Umberto, pubblicato sulla Gazzetta d'Italia fra il 3 ott. e il 5 nov. 1878; e l'opuscoletto Il presente e l'avvenire d'Italia e l'intervento dei cattolici alle elezioni politiche, Firenze 1879), nonché attraverso una fitta corrispondenza con amici del movimento cattolico transigente, laici ed ecclesiastici (da A. Conti a Carlo Alfieri di Sostegno, dal conte Rossi Scotti all'abate Stoppani a mons. Bonomelli). Segretario delle riunioni di casa Campello (dove, com'è noto, nel febbraio-marzo del 1879 si diedero convegno i più bei nomi del conservatorismo cattolico e liberale italiano), partecipò attivamente alla elaborazione del programma dei Conservatori nazionali e alla costituzione dell'Associazione dei conservatori italiani.
Allorché, in previsione delle elezioni politiche del 1880, il movimento conciliatorista ebbe nuovo vigore, il C. si adoperò perché vescovi e laici favorissero, o almeno non ostacolassero, un lavoro preparatorio basato sulla iscrizione dei cattolici nelle liste elettorali e sulla individuazione nei vari collegi dei candidati con probabilità di successo e sufficientemente rappresentanti le idee cattoliche e conservatrici (lettera a mons. Bonomelli del 22 maggio 1880). L'ostilità manifestata, da papa Leone XIII tanto nei confronti del "programma" uscito da casa Campello quanto nei riguardi delle speranze in un superamento del non expedit alla vigilia delle elezioni del 1880, non impedì al C. di continuare a coltivare idee transigenti e conciliatoriste (tra l'altro, partecipò, nel 1881, alla progettazione e alla fondazione della romana Rassegna italiana).Accanto a interessi politico-religiosi, manifestava una spiccata sensibilità per i problemi sociali: è dell'estate del 1879 un interessante appunto-progetto, inedito, intitolato Studi intorno alla fondazione di una società di proprietari e capitalisti diretta ad impedire il soverchio aumento di prezzo del pane durante l'inverno 1879-80 (Perugia, Biblioteca Augusta, Fondo Conestabile della Staffa); ed è della fine dell'anno 1880 la sua partecipazione alla fondazione e alle attività del Circolo romano di studi sociali diretto da mons. D. Iacobini (tra l'altro, si ha notizia di un'apprezzata relazione ivi svolta sul progetto di legge per l'abolizione del corso forzoso). Ormai, personaggio di primissimo piano nel movimento cattolico transigente e partecipazionista, la sera del 30 dic. 1882, mentre ritornava a casa dal Vaticano dove aveva avuto un colloquio con mons. Boccali, morì improvvisamente.
Scritti principali: Iconografia della Madonna di Raffaello detta del libro. Terzine, Perugia 1871; I freschi di Schwind intorno alla vita di s. Elisabetta d'Ungheria duchessa di Turingia. Ricordo della Wartburg. Sestine, Torino 1873; Léon XIII et la situation de l'Eglise, Paris 1878; Le roi Victor-Emmanuel, ibid. 1878; Care memorie. Prose e versi, Bologna 1879; La Papauté et la question sociale, Bruxelles 1879; L'Eglise et l'Etat en Belgique, Paris 1880; La situation du pape et le dernier mot sur la question romaine, ibid. 1881.
Fonti e Bibl.: Perugia, Bibl. Augusta, Fondo Conestabile Della Staffa (per cui B. Barbadoro, Inventario-regesto delle carte Conestabile Della Staffa, Perugia 1966), e Carte Rossi Scotti;Firenze, Biblioteca nazionale, Carte varie; C. Bellò, Lettere a mons. Bonomelli, Roma 1961, pp. 29-35. Si vedano inoltre: U. Boncompagni, C.C., in La Rassegna italiana, II (1892), 1, pp. 79-84; G. Brunelli, Il conte C.C., Perugia 1882; Baron D'Yvoire, Le comte C.C., Genève 1882. Sulla partecipazione del C. alle riunioni di casa Campello: P. Campello della Spina, Ricordi di più che cinquanta anni…, Spoleto 1910, passim. Si vedano ancora E. Soderini, Il pontif. di Leone XIII, Milano 1933, I, p. 335; II, pp. 10, 17, 19, 75 s.; G. Candeloro, Il movim. cattol. in Italia, Roma 1953, pp. 172, 174 s., 182, 189, 200; F. Fonzi, I cattol. e la società italiana dopo l'Unità, Roma 1953, pp. 41, 43; F. Malgeri, Le riunioni del 1879 in casa Campello, in Rass. di politica e di storia, VI (1960), 65, pp. 22-32; 68, pp. 6-19 passim;G. De Rosa, I conservatori naz., Brescia 1962, pp. 33, 38, 224; O. Maiolo Molinari, La stampa periodica rom. dell'Ottocento, Roma 1963, pp. 172, 432, 938; F. Malgeri, La stampa cattol. a Roma dal 1870 al 1915, Brescia 1965, pp. 142, 145, 155 s., 158; G. De Rosa, Il movimento cattolico in Italia: Dalla Restauraz. all'età giolittiana, Bari 1966, p. 228; U. Ranieri, Perugia della bell'epoca. 1859-1915, Perugia 1969, pp. 219-223, 257; G. Ignesti, Il Partito conserv. nazion. (1878-1879), in Civitas, n.s.; XXII (1971), 7-8, pp. 3-34 passim;Id., Le riunioni dei conservatori nazionali in casa Campello, ibid., 10, pp. 3-29 passim;Id., Leone XIII e il fallim. del tentativo conservatore del 1879, ibid., 10-11, pp. 19-58; O. Pellegrino Confessore, Cattolici col papa liberali con lo Statuto, Roma 1973, passim; M.Casella, Il cardinale D. M. Iacobini (1837-1900), in Rass. stor. del Risorg., LVIII (1971) pp. 580, 587.