CONDOMINIO (XI, p. 101; App. I, p. 456)
Lo sviluppo assunto negli ultimi tempi dal fenomeno della comunione a cui dà luogo la proprietà dei piani e degli appartamenti di uno stesso edificio, ha fatto sì che la disciplina della complessa materia, conseguitasi in Italia attraverso provvedimenti speciali (r. decr. legge 15 gennaio 1934, n. 56, convertito nella legge 10 gennaio 1935, n. 8; r. decr. legge 4 gennaio 1934, n. 57, convertito nella legge 4 giugno 1934, n. 1033), trovasse la sua sede nel codice civile italiano del 1942. Le poche disposizioni del codice civile del 1865 (articoli 562-564), che disciplinavano i rapporti fra i varî proprietarî delle singole parti separate di un edificio non risolvevano la dibattuta questione relativa alla natura ed all'estensione del diritto spettante ai singoli proprietarî, sulle parti essenziali ai varî piani o porzioni di piani o destinate all'uso comune. Il nuovo codice, regolando la materia nel tit. VII riguardante la comunione in generale, dettando una disciplina minuziosa ed in molti punti diversa da quella del vecchio codice e qualificando quel diritto come diritto di comproprietà, ha accolto la tesi della comunione, la quale presenta alcune peculiarità, rispetto alla comunione in generale, dovute alla specialità dell'oggetto. Il nuovo codice ha, altresì, risolto importanti questioni controverse in dottrina ed in giurisprudenza: a) dichiarando comune il suolo su cui sorge l'edificio, contro la tesi che, sotto il codice del 1865, considerava il suolo come appartenente al proprietario del pianterreno; b) dichiarando comuni i muri maestri della loro interezza, contro la tesi che, sotto l'impero del vecchio codice, li considerava come appartenenti in proprietà separata ai varî proprietarî dei piani nei limiti di ciascun piano; c) dichiarando comuni i tetti, i lastrici solari e le scale, contro la tesi che le considerava in comunione soltanto ai proprietarî degli appartamenti a cui esse servono d'accesso.
Il condominio dunque risulta disciplinato negli articoli 1117-1139 del codice civile 1942. Il condominio, riguardante gli accessorî inseparabili dal principale non è alienabile da solo e non è neppure rinunziabile (articoli 1117, 1139); di più le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che quest'ultima possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino (art. 1119). Così, ad esempio, non può essere divisa la scala, che serve di accesso all'edificio in condominio. Essendo il condominio negli edifici la sintesi di un principale diviso e di un accessorio indiviso e indivisibile, ciò importa che mentre il principale è alienabile e divisibile, l'accessorio è sottratto con pari efficacia sia all'alienabilità che alla divisibilità. Di più, il principale prende anche norma dagli articoli 1110-1116, in conformità dello stesso rinvio fatto dall'art. 1139. L'amministratore, di cui agli articoli 1129 a 1131, ha ingerenza negli atti di gestione delle cose comuni e non nel potere del principale diviso. Lo stesso regolamento di condominio, di cui all'art. 1138, riflette la gestione degli accessorî comuni, ma non riguarda il principale diviso. Il 4° comma del richiamato art. 1128 è energico nell'affermare che le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118, 2° comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137. Nei rapporti interni tra condomini operano con pari efficacia tutte le azioni contrattuali, petitorie, possessorie ed assicurative, a norma dei principî generali, che nulla presentano di particolare. Se un condomino promette di alienare il suo piano o porzione di piano ad altro condomino, tale promessa ha efficacia soltanto obbligatoria, non reale, e vincola soltanto al risarcimento dei danni. L'articolo 1127 riconosce, nel concorso di determinate circostanze, al proprietario dell'ultimo piano il potere di sopraelevare o di sovraimporre nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. È controverso se il proprietario del pianterreno di un edificio in condominio possa sottomurare, sempre - si intende - che non abbia a soffrirne la statica dell'edificio stesso. Se nulla dispone in contrario il titolo costitutivo del condominio, a tale quesito si deve dare risposta affermativa. Qualora nelle parti comuni dell'edificio in condominio si venga a scoprire un tesoro, questo si ripartisce in proporzione tra tutti i partecipanti al condominio (articoli 1117-1118). A tenore dell'art. 1134, il condomino che abbia fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, non ha diritto a rimborso, salvo che si tratti di spese urgenti. Il condomino, tuttavia, non ha nessuna ingerenza riguardo alle spese fatte nel principale diviso, di fronte alle quali opera, secondo particolari circostanze, il ius tollendi. Quando i condomini sono più di quattro, l'assemblea nomina un amnnnistratore (art. 1129); ma esso è sempre e solo investito del potere di compiere atti di amministrazione e non di disposizione; non riguardo al principale, che è sottratto ai suoi poteri; non riguardo all'accessorio, che non è suscettibile di atti dispositivi.