Condensazione di Bose-Einstein
Negli ultimi vent'anni del XX sec., un progresso straordinario nel campo della fisica delle basse temperature è stato reso possibile dallo sviluppo di metodi che usano il laser per raffreddare gas di atomi sino alle temperature più basse mai raggiunte: pochi milionesimi di kelvin. Ciò ha consentito misure sempre più precise e ha aperto la via a ulteriori progressi, culminati con la realizzazione sperimentale della condensazione di Bose-Einstein, fenomeno puramente quantistico previsto già nel 1924 e conseguenza della natura ondulatoria delle particelle. Le particelle di un gas si possono immaginare come 'pacchetti', la cui estensione è data dalla lunghezza d'onda di de Broglie λdB=h/mv, con m massa della particella la cui velocità v diminuisce con la radice quadrata della temperatura e h costante di Planck. Alla temperatura ambiente, λdB è molto piccola ed è poco probabile che due particelle vengano a trovarsi a una distanza minore di tale lunghezza; le particelle, quindi, possono essere considerate distinguibili, consentendo la descrizione del sistema attraverso la meccanica statistica classica.
Quando invece la temperatura è abbassata al livello in cui la lunghezza d'onda di de Broglie diventa confrontabile con la distanza tra le particelle, i pacchetti d'onda iniziano a sovrapporsi e il principio di indistinguibilità della meccanica quantistica assume un ruolo fondamentale, tanto da produrre una degenerazione quantistica. Si hanno comportamenti diversi a seconda che le particelle abbiano uno spin intero o semiintero: quelle con spin intero sono bosoni e il loro comportamento è descritto dalla statistica quantistica di Bose-Einstein; le particelle con spin semiintero sono invece fermioni e seguono la statistica quantistica di Fermi-Dirac. Quando la temperatura T di un gas di bosoni scende al di sotto di un valore critico Tc, la maggior parte delle particelle (la totalità, nel limite in cui T raggiunge lo zero assoluto) si accumula nello stato di energia più basso del sistema e il gas subisce quindi una transizione di fase che prende il nome di condensazione di Bose-Einstein. Rimarchiamo che tale fenomeno non dipende dalle interazioni tra le particelle, ma è conseguenza della natura ondulatoria di queste ultime e del principio di indistinguibilità, concetti alla base della meccanica quantistica. Diversamente dai bosoni, i fermioni non subiscono una simile transizione di fase, in quanto il principio di esclusione di Pauli vieta che uno stato di energia del sistema possa essere occupato da più di un fermione. Sebbene le particelle che li compongono ‒ elettroni, protoni, neutroni ‒ siano fermioni, gli atomi possono comportarsi come bosoni o fermioni a seconda del numero totale, rispettivamente pari o dispari, dei loro costituenti.
Un metodo per dimostrare la superfluidità di un sistema è quello di porlo in rotazione per generare vortici quantizzati, che corrispondono a linee di circuitazione della velocità quantizzate, al centro delle quali la densità si annulla. Questo è un effetto già noto nella fisica dell'elio liquido superfluido, mentre la sua prima osservazione sperimentale in condensati atomici di Bose-Einstein è stata ottenuta nel 1999 dal gruppo di Cornell al JILA. L'esperimento che più si avvicina a quello del contenitore che ruota per l'elio liquido è stato effettuato pochi mesi dopo all'École Normale Supérieure (ENS) di Parigi, dal gruppo di Jean Dalibard: in questo caso la rotazione del condensato era indotta da un fascio laser e all'aumentare della velocità di rotazione si osservava la formazione di un vortice. La creazione di vortici quantizzati, conseguenza della superfluidità del sistema, è un fenomeno che deriva dal fatto che in un condensato di Bose-Einstein tutti gli atomi occupano lo stesso stato quantistico. Ne consegue che il sistema può essere descritto da una funzione d'onda macroscopica, caratterizzata da una fase macroscopica. Da questo seguono proprietà di coerenza che rendono tali sistemi campioni ideali, non solamente per lo studio della dinamica di fluidi quantistici (il gradiente della fase è infatti proporzionale alla velocità del superfluido), ma anche per la realizzazione di esperimenti di ottica atomica.
La coerenza macroscopica di un condensato di Bose-Einstein fu dimostrata per la prima volta nel 1997 al MIT, facendo interferire due condensati in un esperimento che è l'analogo di quello noto in ottica come esperienza di Young, effettuata utilizzando un interferometro a doppia fenditura. Due condensati, inizialmente confinati in due trappole spazialmente separate, vengono fatti espandere e nella zona di sovrapposizione si osservano delle frange di interferenza. Questo risultato si ricava direttamente dall'esame del profilo di densità, come mostrato nella fig.7A. Sfruttando l'intrappolamento di una serie di condensati in un potenziale periodico creato con luce laser è stato anche dimostrato l'analogo della diffrazione da un reticolo, come si vede nella fig. 7B. I condensati, inizialmente intrappolati in un cristallo di luce, producono in espansione delle immagini di interferenza, che costituiscono l'analogo atomico di fenomeni già noti in ottica. L'uso di questi reticoli ottici ha permesso anche l'osservazione di fenomeni fondamentali della fisica dello stato solido, simili a quelli che governano il trasportodegli elettroni nei metalli, con il notevole vantaggio che con la luce è possibile creare cristalli artificiali privi di difetti e di vibrazioni.
Dal momento che un condensato di Bose-Einstein è un insieme di atomi che occupano tutti lo stesso stato, questo costituisce una sorgente di fasci atomici coerenti, chiamata (in analogia con l'ottica) laser atomico. Per estrarre gli atomi dal condensato di Bose-Einstein sono stati elaborati diversi metodi. Il primo laser atomico, realizzato nel 1997 al MIT, utilizzava una transizione a radiofrequenza (la stessa impiegata nel processo di raffreddamento evaporativo) in grado di accoppiare lo stato intrappolato con uno non intrappolato. Sono stati poi studiati anche altri procedimenti. Quello messo a punto al National Institute for Standards and Technology (NIST) produce il laser atomico e consente di ottenere fasci in direzioni diverse, che possono essere nuovamente sovrapposti per effettuare studi di ottica atomica non lineare (dove la non linearità deriva direttamente dalle interazioni fra gli atomi), simili a quelli che si conducono con fasci laser in cristalli non lineari.
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