CONDÉ, Luigi II, principe di
È chiamato comunemente il Gran Condé e fu uno dei più grandi capitani francesi. Figlio di Enrico II, nacque a Parigi, il 9 settembre 1621, e portò da giovane il titolo di duca d'Enghien. Dal 1629 fu affidato all'educazione dei gesuiti di Bourges e si distinse presto per una buona cultura classica filosofica e scientifica. Nel 1636 fu presentato a Luigi XIII. Nel 1638 sostituì il padre nel governo della Borgogna e sposò, poco appresso, la nipote del Richelieu, Clara-Clemenza di Maillé. Nel 1640 iniziò la sua carriera militare, partecipando, sotto il maresciallo La Meilleraye, all'assedio di Arras. Nel marzo del 1643 gli fu rimesso il comando dell'esercito di Fiandra per fronteggiare l'invasione spagnola. Il 21 aprile assunse il comando e il 18 maggio giunse a Rocroy e sbaragliò gli Spagnoli (v. sotto). La battaglia vinta diede al ventiduenne generale la fama.
Negli anni seguenti il C. respinse prima gl'imperiali in Alsazia, vincendo d'accordo col Turenne la grande battaglia di Friburgo (3-10 agosto 1644) e, dopo la presa di Philippsburg, occupò Magonza, Worms, Spira. Nel 1645 riebbe il comando dopo la sconfitta di Turenne a Marienthal: attraversato il Reno, si unì col Turenne e vinse gl'imperiali a Nordlingen. Nel 1646 assediò e prese Courtrai, poi Mardick. Quindi condusse l'esercito a Hondschoote, attraversò la linea del Loo, occupò Furnes, bloccò Dunkerque e la costrinse ad arrendersi. Nel 1647 fu inviato in Catalogna, da varî anni occupata dai Francesi. Tentò l'assedio di Lerida, ma vi dovette rinunciare, pur riuscendo a respingere un esercito spagnolo al di là dell'Ebro. Fece dimenticare lo scacco spagnolo con una campagna in Fiandra nel 1648; prese Ypres e riportò la vittoria di Lens (20 agosto) che influì sulla pace di Münster.
Ritornato a Parigi fu preso dalle questioni politiche. Dapprima, sebbene ostile al Mazarino, fu fedele al re e combatté coi ribelli parigini seguaci del parlamento. Ma presto le diffidenze lo eliminarono dal comando degli eserciti; fu accusato di cospirare, arrestato (18 gennaio 1650) e chiuso a Marcoussis e poi a Le Havre. Il Mazarino lo liberò nel 1651 sperando d'ingraziarselo, ma il C. rientrando a Parigi era deciso a combatterlo. Ribellatosi, dopo segreti accordi con Madrid, ebbe a competitore il Turenne, che lo costrinse a passare in territorio spagnolo. Il 27 marzo 1654 il C. era condannato a morte in contumacia. Nei Paesi Bassi il C. trovò appoggio nel governo spagnolo che lo nominò suo generalissimo. Ma tutti i suoi tentativi d'invadere la Francia vennero respinti dal Turenne. Nel 1659, conclusa la pace dei Pirenei, le sentenze contro di lui vennero cancellate e gli si restituirono beni e onori. Ripresasi nel 1666 la guerra contro la Spagna, Luigi XIV incaricò il principe di conquistare la Franca Contea. Nel 1672, insieme col Turenne, diresse la guerra contro l'Olanda; nel 1674 riportò ancora la vittoria di Senef (v. sotto), nell'anno 1675 difese l'Alsazia minacciata da Montecuccoli, che fu costretto a ripassare il Reno. Ammalato, si ritirò nel castello di Chantilly. Morì l'11 novembre 1686, a Fontainebleau, e gli pronunziarono le orazioni funebri Bossuet e Bourdaloue.
L'arte militare del Condé. - Il C. non è un novatore nei principî o nella pratica della guerra. La sua arte di comando è tutta d'impulso: la mancanza di calma e di osservazione meditativa costituisce il suo maggior difetto, al quale due altri se ne debbono aggiungere che riguardano la psicologia del capo: un orgoglio sconfinato e un disprezzo, che parve spesso crudeltà, della vita dei suoi uomini. Dato il temperamento di questo capo, non può sorprendere che la sua prima grande vittoria, la più completa forse delle sue gesta, egli l'ottenesse a ventidue anni. All'inizio della campagna franco-ispana del 1643, il C. muove con 23.000 uomini al soccorso della piccola fortezza di Rocroy, che gli Spagnoli hanno assediata. Comanda gli avversarî il vecchio conte di Fontaine, ed egli stesso - il C. - ha al suo fianco, col compito di consigliarlo, un altro vecchio, il maresciallo L'Hôpital. Il precettore sconsiglia l'attacco, ma il principe non l'ascolta. Si mette alla testa della cavalleria dell'ala destra e parte alla carica. Ottenuto un primo successo, e visto che il centro e la sinistra francese tentennano, si slancia arditamente dietro la linea nemica e ne scompiglia una parte, soccorrendo così, indirettamente, i suoi. Ma la fanteria spagnola del centro è ferma e disposta a dura resistenza. Il C. si mette alla testa degli attacchi, ed è tre volte respinto. Al quarto fa breccia nelle file nemiche. Da quel momento la vittoria si delinea; poco dopo è lo sbaraglio completo degli spagnoli. Non solo Rocroy è salva, ma è salva la Francia, ché gl'invasori ripassano il confine e rinunciano a una nuova avanzata. In questa sua prima battaglia, il C. rivela tutte le qualità del suo temperamento di capo: spirito ed energia d'iniziativa, quando fa prevalere le sue viste audaci sul pavido consiglio del precettore che ha a fianco; valutazione esatta degli elementi tattici del terreno; rapida e tempestiva manovra di aggiramento che sorprende e mette fuori causa una parte dell'oste nemica; attacchi frontali persistenti contro un nemico in posizione, deciso a non cedere, e che usa la tattica delle salve di fuoco a bruciapelo.
Tutta la successiva carriera del C. ha confermato queste qualità eminenti di tattico, alle quali però non corrispose pari altezza di concepimenti strategici. Molti successi del C. sul campo di battaglia (ad es. la sanguinosa vittoria di Senef, 12 agosto 1674, che fu strategicamente sterile, il suo effetto essendosi limitato al campo di battaglia) furono fine a sé stessi; il che in altri termini significa che il C. non ebbe completa la visione del fenomeno guerra, in cui la battaglia non è che un anello - e deve essere anello utile - nella successione logica delle operazioni strategiche. Il Saint Èvremont nel suo Parallèlp de M. le Prince et da Turenne sitr ce qui regarde la guerre ha giudicato che le opere del Principe avevano meno continuità e coordinamento di quelle del Turenne, e che l'uno era più atto a ben terminare un combattimento, l'altro a ben terminare una guerra. Il Condé è nondimeno un grande soldato, nel senso più eroico della parola.
Bibl.: J. Puget de la Serre, Les Sièges, les batailles, les victoires et les triomphes de Mons. le Prince de Condé, Parigi 1651; J. Desormeaux, Hist. de Louis de Bourbon prince de Condé, Parigi 1768-69, voll. 4; L. Voivreuil, Hist. du grand Condé, Tours 1846; J.J.E. Roy, Hist. du Grand C., Lilla 1844; A. Lemercier, Histoire du grand Condé, Tours 1844; H. d'Orléans, duc d'Aumale, La lutte entre Turenne et Condé, in Revue des deux mondes, 1890; E. Godley, The great Condé, a life of Louis II de Bourbon, prince de Condé, Londra 1915.