concorrenza fiscale
Fenomeno che si realizza con l’integrazione economica di differenti giurisdizioni f., grazie alla mobilità dei fattori produttivi e dei flussi reddituali soggetti a tassazione. In presenza di tali condizioni, le giurisdizioni f. possono entrare in competizione tra loro, al fine di accrescere il livello di benessere dei propri residenti.
Secondo la teoria economica, le giurisdizioni che riducono il prelievo f. sui fattori di produzione (in particolare quelli caratterizzati da maggiore mobilità) possono accrescere il livello di investimento, all’interno della propria economia, a scapito delle giurisdizioni caratterizzate da maggiore pressione fiscale. Per reagire al deflusso dei fattori di produzione, le altre giurisdizioni f. sono indotte a ridurre le proprie aliquote, innescando una corsa al ribasso nei livelli impositivi. Secondo alcuni autori, l’equilibrio di lungo periodo, prodotto dalla c. f., sarebbe inefficiente (➔ giochi, teoria dei; Cournot, equilibrio di) poiché la pressione fiscale diventerebbe eccessivamente bassa (c. f. dannosa); secondo altri, al contrario, l’equilibrio potrebbe produrre risultati efficienti poiché spingerebbe il potere esecutivo a perseguire il benessere collettivo con il minimo spreco di risorse pubbliche (c. f. benefica).
Per temperare le eventuali esternalità (➔) negative, associate alla c. f., i legislatori dovrebbero armonizzare la normativa f. o devolvere la sovranità tributaria a un livello di governo superiore. Tale soluzione non è opportuna se la c. f. è benefica e non è sempre raggiungibile in caso contrario, innanzitutto perché gli Stati sono restii a limitare (o perdere) la propria sovranità tributaria e, in secondo luogo, per la presenza di Stati che non traggono vantaggio dal coordinamento f. (➔ free rider), salvo la previsione di meccanismi di compensazione. I Paesi con minor dimensione territoriale o popolazione devono sostenere una spesa pubblica più bassa e, pertanto, dispongono di una maggiore capacità di riduzione delle aliquote. In assenza di un coordinamento centrale, è estremamente difficile contrastare il fenomeno della competizione f. dannosa. Tali considerazioni, inoltre, spiegano la presenza e la natura dei cosiddetti paradisi fiscali.
La creazione della Comunità Europea ha stimolato l’interesse verso il fenomeno della c. fiscale. Nel 1992, il gruppo di esperti indipendenti, incaricato dalla Commissione europea e presieduto da O. Ruding, ha pubblicato una relazione nella quale si escludeva che la competizione f. potesse effettivamente condizionare le scelte di localizzazione degli investimenti. Si evidenziava, però, come le asimmetrie f. fra Paesi avrebbero potuto incentivare la riallocazione contabile dei profitti delle società multinazionali, generando problemi di gettito ai sistemi f. nazionali.
In linea generale, la competizione fra differenti giurisdizioni f. prende il nome di c. f. orizzontale, poiché interessa governi autonomi e sovrani. Esiste, tuttavia, un’ulteriore forma di competizione, detta verticale, che interessa differenti livelli di governo. La teoria economica, in linea di principio, ritiene la c. f. verticale efficiente, basando tale giudizio di valore sul modello di C.M. Tiebout (1954). Secondo tale modello, che assume la perfetta mobilità degli individui, i cittadini che sono insoddisfatti delle politiche attuate dai propri governi locali andranno a risiedere in altri luoghi, provocando in tal modo competizione tra i governi, attraverso il meccanismo noto come ‘voto con i piedi’ (➔ Hirschman, Albert Otto). I governi locali, pertanto, sarebbero in grado di rilevare meglio le preferenze dei cittadini e di offrire, con maggiore efficienza, i servizi pubblici richiesti dalla popolazione. Le critiche al modello di Tiebout si fondano sull’eccessiva semplificazione delle assunzioni di base, che vogliono la perfetta mobilità del cittadino elettore.
L’assetto istituzionale degli Stati federali può produrre fenomeni di c. fiscale. Si distinguono modelli di federalismo concertativo (per es., in Germania) e modelli di federalismo competitivo (per es., negli Stati Uniti e in Canada). Nel modello federale concertativo, si ha il massimo grado di cooperazione tra i governi locali e tutte le scelte politiche sono prese collegialmente, con la sostanziale unanimità delle amministrazioni federate. Tale sistema f., che affianca alla finanza pubblica locale meccanismi redistributivi gestiti a livello centrale, rivela un’eccessiva rigidità decisionale. Nel modello federale competitivo, invece, la cooperazione avviene solo su determinate materie, residuando ampia libertà di competizione sulle altre; in tale modello, il sistema f. prevede ampia autonomia tributaria (fissazione delle aliquote) e di bilancio (possibilità di chiudere il bilancio locale in attivo o in passivo), risultando assenti meccanismi perequativi a livello centrale. Nel modello competitivo la discrezionalità nel determinare la politica economica locale può produrre fenomeni di c. f. dannosa.