concepire (concepere; partic. pass. concetto e conceputo; latino concipio in Pd XXVII 63)
Nel senso comune di " accogliere in sé il germe che diventerà un essere vivente ", in If XII 13, a proposito di Pasifae che concepì il Minotauro, l'infamia di Creti... / che fu concetta ne la falsa vacca; e così, per estensione, in Pg XXVIII 113, riferito alla terra che concepe e figlia / di diverse virtù diverse legna. Ancora in questo senso, ma figurato, in Cv I III 7 La fama buona... è generata da la buona operazione ne la mente de l'amico... ché la mente del nemico, avvegna che riceva lo seme, non concepe.
In Pd XXXIII 127 Quella circulazion che sì concetta / pareva in te come lume reflesso / ... mi parve pinta de la nostra effige, con riferimento al secondo cerchio di luce - quello relativo alla seconda persona della Trinità - " generato " dal primo (cfr. vv. 116-119 parvermi tre giri / ... e l'un da l'altro come iri da iri / parea reflesso): " avvertendo tuttavia che il generare è eterno, e non produce un altro-da-sé; nel verbo, perciò, è anche l'idea del concepimento primigenio, eternamente attuantesi, come notava l'attento Cesari " (Mattalia).
In senso traslato ha il valore di " c. con la mente ", con varie sfumature di significato, da " pensare ", " ideare " (Cv I V 12, X 9, nella forma del participio ‛ conceputo ') ad " avere in mente ", " capire " (If XXVI 73 Lascia parlare a me, ch'i' ho concetto / ciò che tu vuoi; Pd II 37 qui [sulla terra, fra gli uomini] non si concepe / com'una dimensione altra patio; XXXIII 75 per sonare un poco in questi versi, / più si conceperà di tua vittoria, " più s'intenderà da' lettori e dall'intelletti umani, di tua vittoria " [Buti], se ne avrà un'idea più precisa), o anche " credere ", " ritenere " (Cv I II 16 e Pd XXVII 63 l'alta provedenza... / soccorrà tosto, sì com'io concipio, dov'è da notare la forma latina del verbo - in rima con Scipio e principio, esclusiva di questo luogo - e il suo significato particolarmente intenso: " Quasi dica: ‛ sì com'io della divina mente in me ricevo e prendo ", come chiosa l'Ottimo).
Anche nel passo di Pd XVIII 86 O diva Pegaséa... / illustrami di te, si ch'io rilevi / le lor figure [le anime che si dispongono in forma di lettere, nel cielo di Giove] com'io l'ho concette, s'interpreta generalmente " concepite nella mente " (Buti, Benvenuto, ecc.), " lette ed intese " (Tommaseo); il Porena invece intende concette come " vedute ", rifacendosi ai primi concetti di III 60, che significa appunto " aspetti ", " immagini " (v. CONCETTO; e cfr. Parodi, nella recensione alle Note di lingua e di stile del Porena, in " Bull. " XVIII [1911] 302-303). Analogamente, l'atto che concepe (però che a l'atto che concepe / segue l'affetto, d'amar la dolcezza / diversamente in essa ferve e tepe, Pd XXIX 139) è quello che " riceve nel suo concetto lo splendore della divina luce " (Buti); " Si tratta di visione intellettuale; vedere con l'intelletto è concepire, avere il concetto " (Torraca).