CONCAUSA
Filosofia. - In filosofia, il termine di concausa, che traduce il gr. συναίτιον, si riferisce alla dottrina di Platone (v.), tipicamente espressa nel Timeo (46 c segg.), secondo cui la divinità si serve di "cause secondarie come di ministre per compire, quanto si può, l'idea dell'ottimo". Queste cause secondarie sono, in genere, le cause materiali (concepite nel senso dei "principî" della filosofia presocratica), mentre le vere cause sono le idee, che esprimono il motivo razionale dell'accadere delle cose. Nella distinzione delle concause dalle cause si manifesta quindi l'antitesi fra la spiegazione meramente causalistica e quella teleologica del divenire.
Medicina legale. - Il concorso di più cause nella determinazione d'un dato evento è di particolare importanza in medicina legale, poiché generalmente le leggi attribuiscono responsabilità, penali o civili, giustamente proporzionate agli effetti concausati per questa o per quella causa. Di qui la dottrina delle concause coi suoi difficili apprezzamenti sui rapporti di causalità, giacché non è neppur semplice e ben definibile la stessa unica causa la quale, in realtà, risulta sempre da un complesso di condizioni e di circostanze varie, concomitanti o susseguentisi per la determinazione d'un evento qualsiasi. Comunque, molti codici penali hanno disposizioni (ad es. per l'omicidio) che diminuiscono la responsabilità del colpevole allorché la morte non sarebbe avvenuta se non avessero contribuito a determinarla altre cause preesistenti o sopravvenute che siano indipendenti dall'azione del reo. Un colpo contundente contro il torace di una persona può cagionare la morte, se la contusione determina, supponiamo, la rottura di una sacca aneurismatica di cui era affetto la vittima. La morte, in questo caso, dipende da due cause distinte, giuridicamente distinguibili: il colpo contundente inferto dal colpevole, e l'aneurisma preesistente. Taluni codici (sia per l'omicidio volontario sia per il preterintenzionale) contengono disposizioni dirette a detrarre dalla responsabilità dell'offensore il concorso letifero riferibile al preesistente aneurisma. Altre codificazioni, pur tenendo conto di molte altre circostanze, specialmente d'indole subiettiva, non ammettono minorazioni per accidentali e obiettive condizioni di concausa col fatto lesivo del colpevole, il quale fu motivo determinante dell'evento. Perciò delle eventuali concause intrinseche non si tien conto a discarico del colpevole in tema di omicidio colposo, lesioni personali, ecc. Tanto meno se ne tien conto nella valutazione del danno in sede civile, come nel compenso per morte da infortunio sul lavoro. In questi casi si tratta di responsabilità economica di fronte ad effettiva diminuzione, o cessazione di un reddito in concreto connesso con l'attività dell'uomo esplicantesi al momento della lesione.
Le concause, di svariatissima natura, si sogliono distinguere in preesistenti e sopravvenute, ossia in quelle per cui la condizione concorrente all'esito letale preesista alla lesione, come nel caso più sopra esemplificato, e in quelle altre per cui tale condizione sussegua alla lesione. Così nel caso in cui, sopra una ferita che presumibilmente sarebbe guarita, un ignorante qualunque avesse posto delle ragnatele con le quali, senza volerlo, avesse inoculato i germi del tetano, rendendo così mortale una ferita che non lo era.
Bisogna però distinguere questi casi, in cui in realtà interviene un nuovo fatto causale, indipendente dal fatto attribuibile al colpevole pur avendo col fatto stesso rapporto di concorrenza nell'evento, dai casi in cui il nuovo fatto, per sé stesso, senza alcuna relazione di concorso, sia capace di determinare l'esito, come potrebbe essere, p. es., un nuovo disgraziato accidente che leda o uccida una persona già leggermente ferita e già avviata a guarigione. In simili casi si tratta di semplice coincidenza di fatti assolutamente indipendenti fra loro, e quindi non si tratta di concause concorrenti.
Bisogna inoltre distinguere dalle vere concause le semplici successioni morbose, ossia la naturale serie concatenata di cause e di effetti derivante primamente dal fatto del colpevole, come, ad es., nei casi di comuni infezioni che fatalmente susseguano al ferimento e che finiscano per apportare la morte dopo una lunga e ininterrotta serie di complicazioni. In simili casi tutti i successivi effetti sino alla morte sono strettamente legati alla primitiva lesione inferta dal colpevole, il quale pienamente, e senza detrazioni concausali, è chiamato a rispondere della lesione stessa divenuta letale.
In ogni caso la concausa, per essere considerata tale, deve essere relativamente indipendente per quanto concorrente nell'esito e deve essere per quantità e per qualità di concorso di una certa importanza patologica; altrimenti si rientrerebbe nel caso di circostanze inapprezzabili, casi in cui il Borri parla di concausalità spuria (v. preterintenzionalità).
Bibl.: G. Filomusi Guelfi, in Giorn. di med. leg., VII (1903); A. Cazzaniga, in Riv. di medic. leg. e di giurispr. med., 1919; A. Herzberg, in Berliner med. Wochen. (1921), n. 15, p. 352; L. Borri, A. Cevidalli, F. Leoncini, Trattato di medicina legale, Milano 1922, p. 172.