ESTRAZIONE, con solvente
(App. III, I, p. 573)
Principi chimico-fisici dell'estrazione liquido-liquido. − Quando la separazione per distillazione dei componenti di una soluzione è inefficiente, o molto difficile, oppure assai onerosa dal punto di vista economico, si ricorre a un'e. liquido-liquido. Miscele azeotropiche, soluzioni di componenti a punti di ebollizione molto prossimi tra loro, sostanze che si decompongono alle temperature di distillazione anche sotto vuoto sono esemplificazioni di sistemi che mal si prestano per caratteristiche chimico-fisiche a trattamenti di distillazione; soluzioni acquose diluite, correnti di portata limitata e/o con componenti di basso valore commerciale rendono la distillazione poco praticabile per gli elevati costi di esercizio e/o d'investimento in rapporto al ritorno economico.
La separazione per e. si ottiene trasferendo i componenti da separare della soluzione originaria in un adatto solvente, detto solvente estraente; l'operazione è poi completata separando i componenti trasferiti dal solvente estraente. In altri termini, l'e. consiste nel passaggio di alcuni componenti da un solvente a un altro, dal quale sono più facilmente separabili. Il principio chimico-fisico su cui si fonda l'e. è la solubilità, e cioè la capacità di un solvente di portare in soluzione una sostanza, e selettivamente rispetto ad altre. Tale proprietà non dipende dalle dimensioni, quanto piuttosto dalla costituzione molecolare. Per es., il furfurolo solubilizza gli aromatici da miscele con paraffine e naftenici, perché l'anello caratteristico degli aromatici ha elevata affinità con il furfurolo per la struttura polare del solvente. Ai fini dell'e., tutta la classe degli idrocarburi aromatici può essere riguardata come un unico composto con solubilità nel furfurolo molto diversa da quella delle classi delle paraffine e dei naftenici.
La scelta del solvente estraente è guidata dalle seguenti considerazioni: elevato potere solvente verso i componenti da trasferire, immiscibilità (o solo parziale miscibilità) con il solvente della soluzione originaria, facile separabilità dai componenti trasferiti, reperibilità a basso costo, atossicità. Le relazioni di equilibrio interessate nelle operazioni di e. liquido-liquido sono generalmente più complesse di quelle coinvolte in altre operazioni di separazione, perché sono presenti almeno tre componenti, ciascuno ripartito tra le due fasi.
I dati di equilibrio sono generalmente rappresentati su diagrammi triangolari, del tipo di quello rappresentato nella fig. 1 per il sistema acetone-acquametilisobutilchetone (MIK). I vertici del triangolo rappresentano i tre composti puri; i lati soluzioni binarie di coppie di composti, a differenti composizioni, espresse come frazioni di massa. Per es. il punto P rappresenta una soluzione binaria di MIK e acetone al 70% in peso di acetone. Le coppie MIKacetone e acqua-acetone sono solubili in tutte le proporzioni; invece MIK e acqua sono solo parzialmente miscibili: l'acqua in MIK fino alla percentuale rappresentata dal punto A, MIK in acqua fino alla percentuale rappresentata dal punto B. Un punto interno al segmento AB indica la composizione media del sistema MIK-acqua; il sistema è però formato da due fasi, di composizione pari a quelle di A e B rispettivamente. I punti interni al triangolo rappresentano composizioni del sistema ternario; per es. il punto N ha composizione in peso del 5% in acqua, 15% in MIK e 80% in acetone. I contenuti percentuali sono individuati per ciascun componente tracciando per il punto la parallela al lato opposto al vertice rappresentativo del componente e leggendone la percentuale sui lati del triangolo intersecati.
La lacuna di miscibilità si estende al campo dei sistemi ternari. La curva mistilinea AQETBA racchiude la zona d'immiscibilità. I punti esterni, come N, rappresentano la composizione del sistema ternario costituito da un'unica fase omogenea. I punti interni M rappresentano ancora la composizione media del sistema ternario, ma questo è smiscelato in due fasi (rappresentate dai punti Q e T), a prevalente contenuto del solvente MIK e del solvente acqua, rispettivamente. La composizione delle fasi di equilibrio (Q e T) è determinata sperimentalmente. I punti Q e T sono detti punti coniugati; la retta che li congiunge, e sulla quale giace M, è detta retta delle condizioni di equilibrio. Ogni sistema ternario, di composizione media rappresentata da punti della retta M1, M2, M3 ...., è sempre smiscelato nelle fasi Q e T, in proporzioni diverse a seconda della posizione dei punti M1, M2, M3 .... rispetto a Q e T.
Nella fig. 1 sono tracciate alcune rette delle condizioni di equilibrio. Il punto E nel quale le due fasi vengono a coincidere è detto punto doppio.
Calcolo delle apparecchiature di estrazione liquido-liquido. - Sui diagrammi triangolari possono anche essere rappresentati i bilanci di materia. Assegnate due correnti di composizione N ed S, la corrente risultante è rappresentata da O, che divide il segmento NS in parti NO e OS inversamente proporzionali alle portate di N e di S.
In un'operazione di e. è necessario operare nell'intervallo di composizioni della lacuna di miscibilità, in modo da assicurare la presenza di due fasi e la possibilità di trasferimento del soluto dalla soluzione originaria al solvente estraente. Nella fig. 2A è schematizzato un processo di e. a un unico stadio di contatto nel quale una corrente R0 è trattata con una corrente di solvente estraente E2, per dar luogo alle correnti in uscita R1 ed E1.
Nell'ipotesi che lo stadio di contatto si comporti come uno stadio teorico, vale a dire che le correnti in uscita raggiungano condizioni di equilibrio, le portate e le composizione di R1 ed E1 nonché il soluto trasferito sono facilmente determinabili, in particolare con metodo grafico.
Il calcolo è illustrato in fig. 1. La soluzione originaria R0 (60% in peso di acqua) è trattata con un'uguale portata ponderale di solvente estraente E2 (MIK puro). La corrente somma è rappresentata da Σ, punto di mezzo del segmento R0 E2. La corrente Σ è anche uguale alla somma di R1 ed E1, le quali devono giacere su una stessa retta passante per Σ. D'altra parte, per l'ipotesi di stadio teorico, R1 ed E1 sono in equilibrio; la retta che li contiene è la retta coniugata passante per Σ, e i punti R1 ed E1 sono le intersezioni di tale retta con la curva che delimita la lacuna di miscibilità.
Molto spesso un unico stadio di contatto non è sufficiente a estrarre tutta la quantità desiderata di soluto dalla soluzione originaria. Allora, in analogia ad altre operazioni di trasferimento di materia, si ricorre a soluzioni articolate in più stadi di contatto in serie, con schema di flusso in controcorrente.
Nella fig. 2B è rappresentata un'operazione di e. a più stadi di contatto, in particolare a quattro stadi, per esemplificare. Il solvente estraente E5 è alimentato all'ultimo estrattore, mentre la soluzione originaria R0 all'altra estremità della batteria. Nel quarto estrattore il soluto estraente incontra la soluzione R3 (proveniente dal terzo estrattore), la quale deriva dalla soluzione originaria impoverita di soluto nell'attraversamento dei tre precedenti estrattori. Il solvente estraente E5 recupera soluto da R3; esce dal quarto stadio arricchito del soluto (corrente E4) ed è alimentato al terzo estrattore. Analogamente all'altra estremità della batteria la soluzione originaria R0 viene a contatto nel primo estrattore con la soluzione E2 proveniente dallo stadio 2, la quale è costituita dal solvente estraente arricchitosi di soluto nell'attraversamento degli estrattori a valle. La soluzione originaria R0 cede soluto, esce dallo stadio impoverita (corrente R1) e viene alimentata al secondo estrattore.
Le soluzioni ricche di solvente estraente (E1, E2, E3, E4, E5) prendono il nome di estratto; quelle prevalentemente ricche del solvente della soluzione originaria (R0, R1, R2, R3, R4) il nome di raffinato. Sul diagramma di fig. 1 gli estratti sono rappresentati da punti della curva che delimita la lacuna di miscibilità a sinistra del punto doppio E; i raffinati da punti a destra di E.
In un problema di e. a più stadi di contatto sono generalmente assegnate la portata e la composizione del raffinato R0, la composizione del solvente estraente alimentata all'ultimo estrattore. Con questi dati il problema ha due gradi di libertà da scegliere tra portata di solvente estraente, numero di stadi, recupero del soluto. Scelti portata di solvente estraente e recupero, il problema consiste nel determinare il numero di stadi necessari e le correnti (in portata e composizione) a ciascuno afferenti.
Anche il calcolo di una batteria di estrattori può essere svolto per via grafica sui diagrammi ternari, utilizzando equazioni di bilancio e relazioni di equilibrio. Le equazioni di bilancio sono complicate dal fatto che i due solventi non sono completamente immiscibili, e che la loro mutua solubilità varia in qualche misura secondo la concentrazione del soluto. Tenuto però conto che detta solubilità si mantiene esigua nel campo d'interesse per l'e., si può far ricorso a un metodo di soluzione approssimata, di semplice applicazione e di sufficiente accuratezza nella maggior parte dei casi. Il metodo pone l'attenzione alle concentrazioni Y e X del soluto nelle fasi estratto e raffinato; esse sono espresse come frazioni di massa (chilogrammi di soluto per chilogrammo).
A partire dai dati di equilibrio del diagramma ternario del tipo di fig. 1, si costruisce la curva di equilibrio, in coordinate Y-X, come rappresentata nella fig. 3. Sullo stesso diagramma si costruisce per punti la curva di lavoro rappresentativa dei bilanci di materia globale e del soluto:
EN+1 + Rn = En+1 + RN
EN+1 YN+1 + Rn xn = En+1 Yn+1 + RN xN
nelle quali gli indici n ed N rappresentano lo stadio generico e l'ultimo stadio, essendo N il numero totale degli stadi.
Nella fig. 3 la curva di lavoro è quella inferiore; ogni punto fornisce le concentrazioni del soluto nelle due correnti di raffinato e di estratto che s'incrociano in una sezione della batteria fra due successivi estrattori; in particolare gli estremi della curva di lavoro forniscono le composizioni di estratto e di raffinato alle due estremità della batteria. In analogia a quanto avviene in distillazione, il calcolo del numero degli stadi teorici è determinato con una costruzione a scalino in base al numero dei triangoli (con vertice dell'angolo retto sulla curva di equilibrio) inseribili tra curve di lavoro e di equilibrio passando dall'estremità di alimentazione del raffinato R0 a quella del solvente estraente EN+1. Nell'esempio di fig. 3 il numero degli stadi teorici risulta 3, 4.
Per passare dal numero degli stadi teorici al numero di quelli effettivi, è necessario conoscere l'efficienza dello stadio, e cioè in che misura le condizioni di equilibrio ipotizzate dallo stadio ideale siano avvicinate nell'apparecchiatura reale. L'efficienza è determinata sperimentalmente e dipende dalle proprietà chimico-fisiche del sistema e dalle modalità di contatto tra le fasi realizzate nell'apparecchiatura.
Estrazione con fluidi supercritici. − Nell'ultimo decennio grande attenzione è stata rivolta a processi di e. condotti con solventi in condizioni di temperatura e di pressione al di sopra dei valori critici o, come comunemente suol dirsi, con fluidi supercritici.
Nella fig. 4 è rappresentato il diagramma di stato di una sostanza pura, sul quale sono individuati: i campi di esistenza delle fasi solida, liquida e aeriforme; le tre curve di separazione tra coppie di fasi: condizioni di coesistenza di solido e vapore (linea di sublimazione), di liquido e vapore (linea di ebollizione), di solido e liquido (linea di fusione); il punto triplo O, di coesistenza delle tre fasi.
È noto che, a temperatura maggiore di quella critica Tc, non è possibile liquefare un gas, e cioè è impossibile portare un gas allo stato liquido con un processo isotermo di compressione. Quando però la pressione è innalzata al di sopra della pressione critica pc il gas, pur non potendo liquefarsi, assume proprietà intermedie tra quelle di un liquido e di un gas. Esso si avvicina al comportamento di un liquido per quanto riguarda alcune proprietà (densità, solubilità, ecc.) e di un gas per altre proprietà (compressibilità, viscosità, ecc.). Un fluido in queste condizioni si chiama appunto supercritico. Nella fig. 4 la regione di esistenza del fluido supercritico è indicata con SCF.
Lo schema di un processo di e. con fluidi supercritici non differisce sostanzialmente da quello con un solvente liquido tradizionale; esso si sviluppa in uno stadio di solubilizzazione e in uno stadio di separazione soluto-solvente. Rispetto alle e. con solventi liquidi, l'e. con fluidi supercritici presenta alcuni vantaggi. Operando con solventi liquidi tradizionali, il processo di e. si basa essenzialmente sulla diversa solubilità del soluto nel solvente al variare della temperatura; lo stadio di solubilizzazione è condotto a bassa temperatura, mentre la separazione è ottenuta innalzando la temperatura.
Con fluidi supercritici si può utilizzare la variazione della solubilità con la pressione, oltre che con la temperatura. Poiché il potere solvente di fluidi supercritici dipende dalla densità e quest'ultima proprietà varia considerevolmente con la pressione e con la temperatura al di sopra del punto critico, piccole variazioni di pressione e/o di temperatura sono sufficienti a indurre grosse variazioni della solubilità. Cosicché la solubilizzazione può essere condotta in condizioni nelle quali il potere solvente è esaltato, e la separazione soluto-solvente realizzata modificando leggermente le condizioni di pressione e/o di temperatura. L'ampia gamma dei valori di solubilità realizzabili con fluidi supercritici consente pure di ottenere processi di separazione ad alta selettività, quando si debbano estrarre e separare più soluti dal materiale da trattare. Ulteriori vantaggi dell'e. con fluidi supercritici sono: la possibilità di trattare composti termolabili; la purezza degli estratti, per effetto della completa separazione del solvente; la disponibilità di solventi innocui dal punto di vista igienicosanitario, nel trattamento di prodotti alimentari e farmaceutici.
Nella tab. 1 sono elencati i più comuni fluidi supercritici e forniti i valori di alcuni parametri critici. L'anidride carbonica è di gran lunga il fluido più attraente perché caratterizzata da temperatura critica prossima a quella ambiente e da pressione critica non eccessivamente elevata; non è tossica, non è infiammabile, è poco reattiva, è disponibile allo stato puro e a basso costo. Il ciclo delle condizioni operative del solvente in un possibile processo di e. con fluidi supercritici è indicato nella fig. 4 dalla poligonale ABCDA. Il punto A rappresenta le condizioni di temperatura e di pressione nella regione supercritica alle quali il fluido estrae il soluto dal materiale da trattare. Successivamente il fluido, separato dal materiale residuo, è portato alle condizioni del punto B con una laminazione isoterma. In B il fluido si separa facilmente dal soluto estratto. Successivamente per raffreddamento il fluido è liquefatto e portato alle condizioni del punto C; il liquido è compresso isotermicamente fino a D, e riportato per riscaldamento alle condizioni supercritiche rappresentate dal punto A. Sebbene le attraenti potenzialità offerte dai fluidi supercritici siano note da molti anni, e numerosi processi siano stati studiati e perfezionati alla scala di laboratorio e d'impianto pilota e anche brevettati, relativamente poche sono le iniziative pervenute a maturità industriale. La tab. 2 elenca alcuni dei più significativi processi commercializzati e in via di sviluppo. Il processo ROSE (Residuum Oil Supercritical Extraction) è considerato il primo esempio di applicazione industriale della tecnologia. Esso separa il prodotto di fondo della distillazione sotto vuoto di grezzi petroliferi in oli, resine e asfalteni. Come solvente si utilizza pentano che, rispetto ad altri idrocarburi paraffinici, presenta un più ampio intervallo di temperature di operabilità che ne esalta la selettività e versatilità rispetto ai tagli petroliferi da trattare. Lo stadio di separazione si attua in più apparecchiature in ciascuna delle quali si separano le differenti classi di sostanze in dipendenza dalla pressione e dalla temperatura di lavoro.
La decaffeinizzazione del caffè è un altro processo largamente praticato su scala industriale, specialmente in Germania. L'e. è effettuata sui chicchi verdi utilizzando anidride carbonica come fluido supercritico alla temperatura di 90°C e alla pressione di 160÷220 atmosfere. Essa dev'essere altamente selettiva per evitare che con la caffeina siano estratti anche componenti essenziali a conferire nel successivo arrostimento gli aromi caratteristici del caffè. La caffeina è separata dall'anidride carbonica per assorbimento in acqua e successiva distillazione, mettendo a frutto la grande affinità tra caffeina e acqua, così evitando il più costoso schema di recupero dell'estratto con la depressurizzazione della soluzione supercritica.
Altro processo condotto su scala industriale è l'e. dal luppolo dei principi attivi (α−acidi) che conferiscono alla birra il caratteristico gusto amarognolo. Utilizzando come solvente supercritico anidride carbonica a 35÷80°C e a 80÷300 atmosfere, si ottengono facilmente recuperi degli α−acidi fino al 99%. L'estratto è separato dal solvente per depressurizzazione fino a un valore prossimo alla pressione critica. La semplicità impiantistica rende il processo economicamente competitivo con i processi di e. con solventi liquidi non polari (esano e dicloroesano), rispetto ai quali fornisce un estratto di miglior qualità: privo di tracce di solvente, di pesticidi, dei ditiocarbammati utilizzati come disinfettanti in agricoltura.
Tra i processi pervenuti a un livello operativo di scala pilota, si segnalano infine l'e. di oli da carbone e da vegetali, della nicotina dal tabacco, delle piretrine dal piretro, la separazione di isomeri aromatici, la purificazione di polimeri, la rigenerazione dei carboni attivi, la rimozione di sostanze organiche da terreni e da rifiuti. La contenuta diffusione delle applicazioni industriali a fronte dell'accertata potenzialità d'intervento della tecnologia estrattiva con fluidi supercritici in una vasta gamma di settori produttivi trova spiegazione negli alti investimenti iniziali per operazioni sotto elevate pressioni. Difficile è intravedere buone prospettive per impianti di alta capacità produttiva; più concrete possibilità applicative sembrano avere le piccole e specifiche produzioni, e in ogni caso, sempre che il prodotto estratto abbia elevato valore economico non inferiore a 1000 lire/kg (costi 1988).
Bibl.: D. F. William, Extraction with supercritical gases, in Chem. Eng. Sc., 36, 1979 (1981); J. P. Korner, Design and construction of full-scale supercritical gas extraction plants, in Chem. Eng. Prog., aprile 1985, p. 63; W. L. McCabe, J. C. Smith, P. Harriott, Unit operations of chemical engineering, New York 1985.