Con Ruzzle rifioriscono le parole antiche
Un’epidemia globale che ha portato in poco più di un anno oltre 40 milioni di utenti in tutto il mondo a confrontarsi con un nuovo gioco di parole. Tradizionale nell’impianto, ma al passo con i tempi per rapidità, immediatezza, interazione con i social network. Per vivere con passione tutti i dizionari europei.
Come in una storia di Rodari anche in questo caso gli inizi sono due. Il primo: nel 2012 un’azienda svedese (la Mag Interactive) crea una versione per iPhone del Paroliere (Boggle, in inglese): 16 lettere disposte su 4 colonne di 4 righe in cui scovare tutte le parole nascoste. Non è la prima ad aver pensato di investire sui giochi di parole: proprio in quel periodo in Scandinavia sta avendo successo una versione digitale dello Scarabeo (Wordfeud). Ma per quelli della Mag è troppo lento, complicato. Non si adatta bene ai ritmi cittadini. Per questo puntano su qualcosa di più rapido e virale: turni di gioco di 2 minuti; un sistema di suoni da slot machine combinato con un ticchettio adrenalinico negli ultimi secondi; l’interazione attraverso i social network. Lo chiamano Rumble ossia ‘rombo, rimbombo’, poi cambiato in Ruzzle – parola inesistente nel dizionario inglese – per evitare appropriazioni indebite.
Viene immesso sul mercato il 9 marzo 2012: il successo in Svezia è rapidissimo, ma non tale da diventare una notizia internazionale.
Poi c’è il secondo inizio, quello da leggenda. In una cittadina della Louisiana, vicino a New Orleans, chiamata Collins (sì, come l’editore inglese dei dizionari), nel dicembre 2012 un gruppo di studenti comincia ad appassionarsi al gioco. È qui che, a quanto pare, si sviluppa il focolaio del contagio vero e proprio, quello epidemico. In poche settimane la curva dei download s’impenna. Ruzzle si diffonde negli Stati Uniti e in molti altri paesi in modo rapidissimo sino ad arrivare a circa 40 milioni di giocatori nel mondo: così afferma Daniel Hasselberg, tra gli ideatori del gioco, in un’intervista pubblicata su Capital Network Magazine (23 maggio 2013). Si gioca in 10 lingue: allo svedese e all’inglese si sono via via aggiunte versioni in danese, norvegese, neerlandese, tedesco, spagnolo, italiano, francese e portoghese.
I dizionari delle lingue europee non sono stati mai così vissuti. Parole tecniche, rare, nascoste tra le pieghe della letteratura o dei testi scientifici hanno cominciato a vivere una nuova vita artificiale. Per l’italiano è stata usata la banca dati dello Zingarelli, composta di oltre 100.000 voci. È da lì che i tecnici della Mag hanno costruito il lemmario nascosto nel quadrato di 16 lettere con cui giocano gli italiani. Nella griglia verbale di Ruzzle sono rifioriti arcaismi come aire ‘aria’ oppure lai ‘suoni lamentosi’ (ricordate i gru che van cantando lor lai del canto di Paolo e Francesca?). Ma anche termini come dima ‘sagoma, campione’, usato per esempio per valutare la grammatura della carta, oppure droma, tecnicismo marinaresco per indicare le parti di ricambio dell’alberatura di un veliero. Zone del nostro vocabolario quasi mai toccate dalla lingua quotidiana. Per questo ogni partita si svolge sul confine tra il poco che dominiamo e le distese di parole che non sapevamo di poter usare. Tra cui, ovviamente, non manca qualche fantasma. Non le parole contestate di cui, in rete, esistono liste su liste e che invece – tra coniugazioni, suffissazioni ecc. – ci sono davvero.
Ma i fantasmi che albergano in ogni tradizione lessicografica: parole usate magari in un singolo testo, in modo del tutto episodico e mai entrate nel vero circuito della lingua. Ne hanno fornito un elenco di oltre 60 casi Valeria Della Valle e Giuseppe Patota in un recente intervento al convegno dell’Associazione degli storici della lingua italiani (ASLI). Parole passate da un dizionario all’altro, scampando a tutte le revisioni: come immezzire ‘diventare fradicio’, smanziere ‘amante’ oppure vendevole ‘vendibile’, presenti fin dal Vocabolario della Crusca del 1691 e ancora lemmatizzate nello Zingarelli del 2012. Parole difficili, lunghe, da decine di punti. Con le quali, insomma, si viene stracciati a una partita. Ma per cui si avrebbe invece diritto, per una volta, di invocare la vittoria a tavolino.
Angry Birds
Il successo di Ruzzle ha un precedente tra le applicazioni ludiche per smartphone nell’altrettanto stupefacente exploit della serie (anch’essa di origine scandinava) Angry Birds, creata nel 2009 dagli sviluppatori finlandesi di Rovio Entertainment e forte di oltre 1,7 miliardi di download nelle varie iterazioni del franchise. Sebbene si tratti di prodotti diversi – più videogioco tradizionale e votato al single player Angry Birds, trasposizione di un gioco da tavola e basato sull’interazione con un avversario Ruzzle – le applicazioni rappresentano entrambe il definitivo sdoganamento dell’intrattenimento videoludico presso un pubblico vastissimo e assai differenziato per genere, età e livello socioculturale, nonché la netta affermazione di una proposta ludica marcatamente casual e del gioco su smartphone rispetto ai prodotti ‘classici’ dell’industria e alle piattaforme dedicate.
di Francesco Ursini
Le parole
Tra gli arcaismi e i tecnicismi del vocabolario della lingua italiana che possono essere utilizzati in Ruzzle, si segnalano a titolo esemplificativo:
arme
arra
atro
desio
desto
domane
egente
ermo
imo
notaro
Ruzzle-mania in Italia
Un ventenne palermitano, Antonio Cacopardi, ha vinto il primo Campionato nazionale di Ruzzle, riuscendo a battere ben 70.000 concorrenti. La competizione, lanciata da Media Company WebHub nel marzo 2013 e durata 5 settimane, ha visto disputate ogni giorno circa 15.000 partite, per un totale di oltre 500.000 match. A sorpresa, gli italiani si sono rivelati non solo appassionati di tecnologia, ma anche abili conoscitori della lingua italiana. Il campionato è stato organizzato attraverso il sito www.ruzzoliamo.it.
I numeri di Ruzzle
anno di lancio 2012
numero di giocatori 40 mln
lingue utilizzabili 10
voci della lingua italiana 100.000
Da Paroliamo a Ruzzle
Antenato di Ruzzle è senza dubbio il gioco televisivo Paroliamo: nato nel 1965 sulla rete francese Antenne2 col titolo Des chiffres et des lettres (il programma è tuttora in onda su France3), sbarcò in Italia nel 1979 grazie all’emittente Telemontecarlo, che ne affidò la conduzione alla ex tennista Lea Pericoli.
Nel 1982 il format venne acquistato dalla RAI, che lo mandò in onda fino al 1989 con la conduzione prima di Fabrizio Frizzi e poi di Marco Dané. Di Paroliamo esistono versioni on-line, per Android e iPhone, che però non hanno mai raggiunto la notorietà del ‘pronipote’ Ruzzle.